Da napoletano, ieri sera, ho esultato ai gol del Torino. E ci sono rimasto male, malissimo per i due della Roma a tempo quasi sacduto. Anche perché la partita ha detto che la Roma non meritava di vincere, ma alla fine l’ha fatto. Restarci male quando succedono cose così, è più semplice.
Il discorso di Totti subentra subito dopo, ma si prende l’intera scena. Anche per me si è trattata di una vera e propria valanga di emozioni. Non solo positive, però. Perché pensavo subito al dopo, a quello che sarebbe successo stamattina. Perché è stato bello, indubbiamente, vedere quanto anche in questo caso il calcio sia giusto e ingiusto insieme. Perché Luciano Spalletti, che fino a prova contraria è l’allenatore della Roma, ieri sera ha dimostrato ancora una volta quanto sia giusta la sua gestione del problema-Totti. E quanto, alla fine, questa assoluta perfezione situazionale gli si rivolti contro in maniera tanto crudele.
In questo momento, tutta Roma o quasi odia Spalletti perché ha vinto una partita grazie a Totti. Che è un suo giocatore. Una situazione ai limiti dell’assurdo, anzi ben oltre. Perché Spalletti ha ragione a trattare il calciatore Totti in questo modo, e lo dicono i numeri: un Totti à la Altafini, a mezzo servizio quando serve nei secondi tempi o nei minuti finali, gli ha portato cinque punti in tre partite. Per chi scrive, anche la gestione mediale dell’uomo Totti in funzione della piazza giallorossa è perfetta: Spalletti sta sacrificando sé stesso, la sua immagine romana, la stima dei tifosi della Roma facendosi voce contro nei cori di osanna per Totti. Ma lo sta facendo, solo ed esclusivamente, per il bene della Roma. Perché forse le sue dichiarazioni “vere” (non quelle di facciata del «di Totti ce n’è uno solo»), quelle del post-Bergamo in cui «è la squadra, non Totti, ad aver pareggiato la partita», saranno un po’ sgradevoli e un tantino irriconoscenti. Ma sono state fatte e scelte per dire che, guardate, ok l’idolo il Pupone intoccabile ma qui adesso occorre altro. E io, Spalletti, sono qui per difendere e sviluppare e migliorare questo altro. Totti resterà anche Totti, ma a settembre compie 40 anni.
Il senso di ingiustizia è aumentato questa mattina, quando sul Messaggero ho letto di un retroscena quantomeno grottesco. Ovvero, Spalletti ct della nazionale se non rientra il caso-Totti. Il tecnico toscano sarebbe pronto a dire addio nel caso in cui la società spingesse per il rinnovo del Capitano. Con Tavecchio pronto, come un bagnino di Baywatch, a soccorrere subito l’allenatore che va a fondo. Una follia assoluta, e sono i numeri a dirlo. In tre mesi e mezzo alla guida della Roma, Spalletti ha messo insieme 34 punti in 15 partite, riportandosi in scia al Napoli nella lotta per la seconda piazza. Una media punti spaventosa (2,26), soprattutto se paragonata a quella del predecessore Garcia nelle prime 19 giornate di campionato (1,78), che ha permesso ai giallorossi di recuperare due punti su Sarri. E poi, tutta la roba non misurabile coi numeri: la qualità del gioco, l’inserimento di un giocatore fantastico come Perotti e il recupero al calcio vero di Stephan El Sharaawy, talento che sembrava perduto. Certo, anche la giubilazione progressiva di Totti e De Rossi, ma parlano i risultati. È stata la scelta giusta. È la scelta giusta.
Che non potrebbe, non dovrebbe, portare a un addio surreale. Un peccato buttare via una rincorsa così per un debito di riconoscenza che il campo, solo il campo, ha dimostrato essere ingiusto per la Roma stessa. La sconfitta non sarebbe solo di Spalletti, ma di tutto ciò che è calcio. Lo ha scritto Massimiliano Gallo parlando di un confronto impossibile tra l’addio di Del Piero e lo stanco trascinarsi di quello di Totti, lo ripetiamo oggi guardando anche a che fine abbia fatto la panchina della Nazionale. Un ripiego momentaneo per chi viene tradito dal proprio club, con Conte che abbraccia Tavecchio dopo che la Juventus gli ha negato i rinforzi richiesti e Spalletti che “rischia” (!) di dover lasciare Roma perché sconfitto dalle sue stesse vittorie. Quelle senza Totti, poi quelle con Totti. Un nonsense generale, assoluto. La bella storia di calcio di ieri sera, forse, influenzerà il futuro di tutti. E di Totti. Però, nel modo sbagliato.