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Klopp-Emery, c’è un po’ di Napoli nella finale Liverpool-Siviglia

Klopp-Emery, c’è un po’ di Napoli nella finale Liverpool-Siviglia

È una notte strana questa che sta per arrivare. Forse, sarà la prima volta dal febbraio scorso in cui un tifoso o un appassionato medio del Napoli non detesterà un confronto a eliminazione diretta di Europa League. Dopo aver accarezzato l’anno scorso il sogno della finale, dopo esserci fatti eliminare quest’anno come dei veri polli, il giovedì era diventato il giorno migliore per uscire di casa e andarsi a divertire. Forse stasera supereremo e dimenticheremo finalmente questo trauma. Forse perché è mercoledì. Forse perché il Napoli si è nel frattempo qualificato alla Champions, e stasera si gioca una partita (anzi, una finale) dai mille significati. Soprattutto storico-calcistici. Finalmente un bel match (altro che il Dnipro o il Villarreal) da seguire con il sorriso.

Siviglia-Liverpool è uno scontro generazionale. Un fantastico duello tra la nobiltà classica del pallone e un’aspirazione recente e verificata di grandezza. Da una parte, le quattro (!) vittorie in Coppa Uefa/Europa League negli ultimi dieci anni degli andalusi. Dall’altra, le cinque Coppe dei Campioni e le tre vittorie in Coppa Uefa del club di Anfield. Più il suo fascino, il suo tremendismo. E pure quell’allenatore bello e al tempo stesso maledetto dalla sorte, Jurgen Klopp. Un altro che a Napoli abbiamo in qualche modo odiato, per lo stesso motivo dell’Europa League: l’avremmo e forse l’abbiamo voluto tantissimo, non siamo riusciti ad averlo. Ci piaceva tanto, in realtà ci piace ancora.

È una sfida tra filosofie diverse, e qui facciamo riferimento al discorso del blasone appena sopra. Perché da una parte c’è un club che studia da grande, e che quindi può permettersi di essere luogo di movimenti e baratti di calciatori. Il Siviglia, nelle ultime sessioni di calciomercato, ha smerciato e acquistato giocatori in quantità industriale: basti pensare ai soli “italiani” Medel, Kondogbia e Bacca in uscita, Llorente, Immobile e Rami in entrata. Più quel fenomeno assoluto di Diego Perotti (un altro che Napoli odia, sempre per le stesse motivazioni), passato dal Ramon Sachez Pizjuan e poi rivenduto al Genoa per un piatto di lenticchie. Il tecnico Emery quasi sguazza in questo stagno di papere che vanno e che vengono. Si diverte a smontare e rimodellare la sua creatura, e a verificare tutto il suo potenziale nella casa calda dell’Europa League: due trionfi di fila, mentre in Liga (settimo posto) il cammino resta ancora interlocutorio. Però vince, e a Siviglia tutti lo amano. A Napoli un po’ meno, soprattutto De Laurentiis. Che l’aveva contattato per il dopo-Benitez, salvo poi ripiegare su Sarri. Forse, ora, sia noi che il presidente lo odiamo un po’ di meno.

Il Liverpool, da par suo, non può concedersi questo lusso. Il Liverpool è il Liverpool, e quindi deve acquistare più che vendere i grandi calciatori. Ci sta, e basta leggere la formazione titolare per capirlo. Anche se, forse, il colpo di mercato più importante è il signore biondo e arrabbiato della panchina. Che ha dato il senso del progetto a una squadra che non vince il titolo dallo stesso anno del Napoli (1990), e che non conquista un trofeo importante dall’era Benitez (la Champions del 2005). In mezzo, solo un’altra finale. Sempre in Champions, nel 2007. Sempre contro il Milan, e sempre con l’allenatore spagnolo in panchina. Dopo il tentativo fallito con Rodgers, che ha perso la Premier nel 2014 per uno scivolone di Gerrard e si è poi smarrito nell’addio a Suarez, l’arrivo di Klopp rappresenta la svolta. Non ancora dal punto di vista del risultato puro (i Reds sarebbero fuori dall’Europa se dovessero perdere questa sera), quanto da quello relativo al famoso progetto. Anfield ha concesso tempo al tedesco ex Dortmund, gli sta dando la possibilità di costruire qualcosa di importante. Quest’anno in campo, forse quest’estate al mercato. I primi frutti sono arrivati nelle coppe, con una finale di League Cup (persa ai rigori contro il City) e le imprese europee. L’indimenticabile vittoria da ex, ad esempio, nella notte di Anfield contro il Borussia. Il gol di Lovren è ancora oggi uno dei più cliccati in rete. Per il significato, per la forza d’urto emozionale dopo una partita così bella e tirata. 

Stasera ci si gioca un trofeo ma insieme anche l’accesso alla prossima Champions. Se lo meriterebbero entrambi i tecnici, ma in realtà c’è un solo posto. Un peccato per chi perderà: Emery dovrà di nuovo ripartire dall’Europa League, fallendo per l’ennesima volta il salto di qualità da allenatore vincente (solo in Europa League) a top manager assoluto; Klopp, invece, avrà il difficile compito di mettere insieme il suo primo (grande) Liverpool senza l’appeal delle coppe europee. Anfield e i soldi delle tv che pioveranno sulla Premier potrebbero anche bastare, sì. Ma vuoi mettere la Champions? 

Appuntamento a Basilea, quindi. Il Napoli, seconda fascia certa, è spettatore di gusto ma non interessato. Probabilmente, il tifoso medio azzurro farà il tifo per Klopp. Per principio (non possono vincere sempre gli stessi, anche se ti chiami Siviglia), per affinità tra tifoserie (il recente quasi gemellaggio Liverpool-Borussia Dortmund chiama in causa, in qualche modo, anche il buon rapporto tra i supporter azzurri e quelli gialloneri). Ma forse, soprattutto, per quella sorta di primo amore che non si scorda mai. Verso quel diavolo di Klopp che abbiamo imparato a conoscere in una splendida notte di Champions al San Paolo. Era Napoli-Borussia Dortmund, tre anni fa. Che bello sarebbe ritrovarci di nuovo contro, magari pure ad Anfield. Stavolta, però siamo noi ad aspettare loro. E a fare gli onori di casa. Così è più bello guardare l’Europa League, che è un rimpianto lungo due anni. Che vinca il migliore. Noi vi aspettiamo, in Champions.

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