C’è sempre un po’ di timore latente quando ci si avvia a scrivere di e su Marek Hamsik. Che qualcuno non possa capirlo o che magari possa idolatrarlo oltre i propri meriti, che il giudizio sulle sue prestazioni in campo possa essere in qualche modo inficiato dalla soggettività del detrattore storico o del tifoso pazzamente innamorato. Ci sono i sentimenti a fare un po’ di distorsione, e questa di per sé è una cosa bella. Perché il calcio è un gioco, e i giochi servono a muovere emozioni. Ce ne sono state un’infinità intorno ad Hamsik, e tantissime sono state quelle relative a questa sua, ultima stagione.
Dovessero farne un film, i detrattori di Rafa Benitez lo intitolerebbero “Il riscatto (nostro e di Marek)”. Sì, perché (lo ammettiamo anche noi che siamo di parte, rafaeliti) è indubbio che il calciatore sia tra quelli che più hanno beneficiato del cambio in panchina. Se però volessimo in qualche modo fare i pignoli, noteremmo che comunque è più una cosa psicologica che tecnica. Perché il rendimento finale, in realtà, è comunque similare. Anzi, identico: 7 gol e 10 assist vincenti lo scorso campionato, 6 gol e 11 assist vincenti in quest’ultimo. In più, l’anno scorso, 4 gol in Europa League (quest’anno solo 2). Come dire: Hamsik ha cambiato posizione, è entrato molto di più nel vivo del gioco (lo vedremo dopo, attraverso altri dati) ed ha reso sicuramente meglio. Però, ripetiamo: il suo è un miglioramento soprattutto psicologico. Questo non toglie niente al lavoro eccezionale di Sarri capace sicuramente di valorizzare Hamsik molto più di Benitez. Però, sottolinea quello che è l’aspetto fondamentale di questo calciatore, se non altro quello che certe volte lo rende vulnerabile: l’eccessivo legame tra il rendimento e la condizione psicologica. Hamsik è volubile, e lo è ancor di più da quando è diventato capitano di questa squadra. Lo abbiamo (già) scritto qui, lo ripetiamo ora. Nessuno tocchi Hamsik, per carità. Ma proprio per questa sua intoccabilità, perché è un giocatore troppo importante, addirittura decisivo per questo Napoli, serve sempre la miglior versione possibile di Hamsik. Un calciatore troppo influenzato dalle sue lune non può garantire sempre una grande partita, e questo è un problema. Soprattutto se succede quando la partita è già grande di suo.
I dati
L’abbiamo accennato prima, vi dovevamo alcuni dati. Intanto, iniziamo dal primo posto assoluto nella classifica di Serie A per key passes e numero di occasioni create, ovvero la somma (93) tra i primi (82) e gli assist vincenti (11). Nessun calciatore del campionato ha fornito lo stesso contributo di Hamsik nella creazione di gioco offensivo. Questo, ovvamente, si deve alla diversa posizione cucitagli addosso da Sarri: mezzala classica, a sinistra, nella zona più viva del gioco del Napoli. Il famoso triangolo con Ghoulam e Insigne, due calciatori di buona tecnica, che parlano il suo stesso linguaggio, e gli permettono anche di inserirsi negli spazi lasciati dai loro stessi marcatori. In questo modo, Hamsik si è sentito nuovamente protagonista nel gioco che gli piace di più, ovvero quello del cucitore di gioco offensivo. Anche perché, diciamolo con tutto l’affetto di questo mondo, Hamsik ha una posizione difficilmente inquadrabile nei ruoli classici. Allegri, suo estimatore da sempre, voleva farne il trequartista prima al Milan e poi alla Juventus. Mazzarri lo interpretò prima come trequartista esterno in un tridente, poi come riferimento alto di un triangolo di centrocampo con due mediani. Lo stesso Benitez volle farlo centro di gravità assoluta come trequartista centrale, ma il modulo lo costringeva a giocare spesso spalle alla porta in balia del mediano o del centrale avversario.
Insomma, Hamsik è stato sempre difficilmente collocabile. E forse, proprio Sarri ha saputo individuare (per primo) quello che per lui è il miglior luogo d’azione. Lo vedi e lo leggi nei dati di sopra, che sono acqua fresca d’estate per quanto riguarda un’analisi della fase offensiva, magari insieme pure ai 2,5 tiri a partita in campionato, all’86% di pass accuracy, ai 4,4 lanci lunghi tentati a partita per saltare la difesa avversaria (quanti ne ricordate, a memoria d’uomo, a premiare l’inserimento di Callejon?). Il resto del buon lavoro di Sarri lo scopri leggendo i numeri della fase difensiva: 53% dei duelli individuali vinti, con il 67% di uno contro uno portati a casa e pure un buon 53% di contrasti aerei conclusi con successo. Più i 104 tackle tentati (43 con successo) e una media di 0,6 palle recuperate a partita. Forse poche, ma l’anno scorso erano ancora meno (0,4).
Il vero bello dell’Hamsik di quest’anno è stata però la partecipazione continua al gioco offensivo, sublimata nell’intesa eccellente con Gonzalo Higuain. Il fattore H2 del Napoli è stata la miglior coppia del campionato per quanto concerne la speciale graduatoria assist to gol. Ovvero, assist di Hamsik e gol di Higuain. È successo 7 volte, come per Suarez to Neymar. Gli amici del basket americano ricorderanno ancora le tre paroline magiche Stockton-to-Malone. Non siamo ancora a quei livelli, ma ci stiamo lavorando. Sotto, un esempio.
Le prospettive
Ora è da capire come e dove può migliorare un calciatore ormai maturo, vicino ai 29 anni e che nella prossima stagione taglierà il traguardo della decima annata in azzurro. Può migliorare nella testa, in quella testa benedetta e maledetta insieme di cui abbiamo già parlato più su. Hamsik è un po’ lo specchio di questo Napoli. Bello a vedersi, anzi bellissimo. Però evanescente, almeno a volte. Queste volte, di solito, sono le partite più importanti. Quelle in cui il ruolo di cucitore servirebbe più che in altre occasioni. Ci viene in mente Torino, Juventus-Napoli, in cui Marek non comparì nemmeno nei radar della partita. Lo scrivemmo anche qui, nella nostra analisi tattica: i bianconeri riuscirono a prendere il sopravvento a centrocampo, anche se non attraverso chissà quale meraviglia. Eppure, fu il dettaglio che fece perdere al Napoli la partita.
Sappiamo cosa sia Hamsik, cosa sia stato e diventato. Non sappiamo cosa potrà essere, però. Certo, c’è già stato un primo passo in avanti rispetto al recente passato. l’Hamsik fino al 2014 era uno svolazzante movimentatore offensivo, capace di presentarsi all’improvviso in campo e cambiare la partita dopo 83 minuti di anonimato. Oggi, invece, è l’anima del gioco di questa squadra. Il calciatore di cui c’è più bisogno affinché il Napoli giochi bene, in un sistema aperto che premia Hamsik quando la squadra gioca bene e premia la squadra quando Hamsik è in giornata. Per questo, ora, non può più prendersi pause. Con la testa, soprattutto. È lo step per diventare fuoriclasse, se non a livello europeo riconosciuto (difficilmente il Napoli potrà vincere la Champions League), almeno a Napoli e nel Napoli. Finora è stato un grande giocatore, uno dei più belli che siamo riusciti ad ammirare in questi anni di rinascita. Però ora c’è bisogno di diventare un vincente. Lui, per primo. E poi gli altri, tutti insieme, trainati da Hamsik. Il capitano. Appunto.
Biografie già pubblicate
– Koulibaly, da pacco a mostro
– David Lopez, il calciatore elementare stimato più dagli allenatori che dai tifosi – La stagione a due facce del miglior Insigne di sempre
– L’evoluzione di Ghoulam, oggi terzino non più solo d’assalto
– L’equivoco tattico di Valdifiori, il protagonista annunciato divenuto comparsa
– Mertens, il dodicesimo uomo decisivo quando subentra. E che sarebbe titolare ovunque
– Sul mistero di Strinic, il terzino che all’improvviso scompare dai radar (e sul turnover di Sarri)