Il risultato, solo il risultato. L’Italia di Conte, nell’amichevole contro la Scozia, può sorridere solo così. Perché il resto, l’ha ammesso lo stesso commissario tecnico affetto da una strana sindrome di sdoppiamento di personalità, non è stato assolutamente da incorniciare. Anzi. Colpa della Scozia, certo, e di un atteggiamento a dir poco speculativo e difensivo. Colpa, forse, anche dei carichi di lavoro imposti dal ct salentino nel ritiro di Coverciano, probabilmente capaci di imballare le gambe di tutti i calciatori. Colpa, soprattutto, della scarsa qualità di base di una Nazionale troppo a digiuno di piedi buoni, soprattutto nel settore avanzato. Quindi, dominio territoriale sterile e poche reali occasioni da gol.
Lo leggi nei numeri, che in realtà non c’è stata partita: 14 tiri a 1 per la squadra di Conte, con un possesso palla del 54% e una accuratezza nei passaggi dell’84%. Ma anche il dato-contraltare, ovvero quello di soli 3 tiri in grado di centrare la porta difesa dallo scozzese Marshall. Come dire: Italia pure positiva finché non è arrivato il momento di piazzare lo sprint decisivo, di concludere. Quindi mancanza di qualità in primis, di condizione fisica in secundis.
Il resto è rappresentato dalle scelte indicative di Antonio Conte che conferma in blocco la difesa della Juventus e sorprende tutti con l’inserimento di De Rossi al centro con accanto, in pratica, due mezzale e due esterni che potrebbero interscambiarsi i ruoli tra loro. Perché Giaccherini e Florenzi, nominalmente interni, hanno passato e passano gran parte delle loro stagioni come esterni finanche difensivi. Un modo, questo, per permettere lo scalo immediato alla difesa a quattro: scivolamento a destra con Florenzi terzino e Chiellini largo a sinistra, Darmian esterno alto di centrocampo e Candreva largo a destra. Stessa possibilità dall’altra parte, con Darmian terzino sinistro e Giaccherini largo a sinistra. In realtà, parliamo di ipotesi e possibilità. Anche perché, la posizione in campo della Scozia (almeno nove giocatori al di qua della metà campo) permetteva all’Italia di salire in maniera compatta con la difesa a tre e la palla nei piedi di Bonucci, vero regista della squadra. Sotto, nei campetti, le posizioni medie delle due squadre. A sinistra, ovviamente, la più avanzata Italia.
Bonucci vero regista, si diceva. È lui il calciatore italiano che ha toccato maggiormente il pallone (83 passaggi), ma non è quello che li ha giocati meglio: Barzagli, più elementare, mantene una pass accuracy del 91% su 82 palloni giocati; per Bonucci, invece, la percentuale scende fino all’84%. Ovviamente, è diverso il contesto. Da una parte parliamo di tocchi prevalentemente orizzontali, destinati tutti o quasi a scambi ravvicinati e provenienti soprattutto dalla zona di competenza, l’intera zona di centrodestra (più ampia, grazie allo spazio concesso dagli scozzesi). Dall’altra, invece, parliamo di verticalizzazioni e tentativi di lanci in dverse posizioni di campo. Sotto, i due campetti: nel primo, i passaggi di Bonucci; nel secondo, quelli di Barzagli.
Perché focalizzarci su questa analisi dei passaggi dei due difensori centrali? Per spiegare come Jorginho, entrato bene in campo durante la ripresa, rischi però di essere comunque fuori dal contesto tattico di questa nazionale. A differenza di Pirlo, che conviveva tranquillamente con l’impostazione bassa di Bonucci nella Juventus di Conte, il regista tascabile del Napoli è uno da passaggio corto, ravvicinato, che detta i tempi in maniera orizzontale e paziente. L’esatto contrario di Bonucci, che svaria palla al piede in tutte le zone del campo (il campetto sopra ne è la testimonianza) e predilige invece il gioco verticale e immediato alla ricerca della punta che viene incontro o dell’esterno. Jorginho è differente anche da Pirlo, calciatore perfetto per integrare, con i suoi lanci a tagliare il campo soprattutto in direzione delle fasce, la regia del difensore centrale ex Inter e Bari.
Come dire: Jorginho potrebbe far parte di questa Nazionale, ma modificherebbe forse troppo il modo di giocare di una squadra ormai abituata a un certo tipo di situazioni. Visti i guai degli altri centrocampisti, Montolivo su tutti, l’oriundo brasiliano dovrebbe comunque andare in Francia. Ma il suo apporto è troppo diverso rispetto a quello richiestogli dall’Italia di Conte. Tanto che, durante la sua scarsa mezzora in campo, si è visto spesso quanto potesse pestarsi i piedi con Bonucci. E quanto sia stato costretto (campetto sotto, tutte le giocate del regista partenopeo) a cercare di farsi consegnare la palla in zone del campo lontane dal suo raggio d’azione. Dalla giurisdizione di Bonucci, giustappunto.
L’Italia ha trovato il gol con Pellé in uno delle poche situazioni in cui è stata in grado di velocizzare l’azione palla a terra in verticale. Problema di condizione, l’abbiamo già detto. Così come di intasamento degli spazi, lo ripetiamo. Tutta roba che, a occhio, dovrebbe fare gioco a un calciatore come Insigne, perfetto per giocare bene e velocemente il pallone sul breve. Invece, l’ingresso di Lorenzo è stato impalpabile. Forse per colpa sua, forse anche a causa di una posizione eccessivamente lontana dalla sua zona di competenza, in un ruolo che poi non gli si addice. Il trequartista/punta d’appoggio secondo Conte lavora il pallone in zona centrale e in qualche modo asseconda il taglio degli esterni (Bernardeschi, come a Udine con la Spagna) dal lato forte (in questo caso a sinistra). In qualche modo, l’esatto contrario di quello che Insigne fa con il Napoli.
Insigne ha particolarmente sofferto questa situazione che non gli appartiene, finendo per giocare appena 9 palloni (sotto, nel campetto) nella sua mezzora in campo. Tutti, poi, in una terra di mezzo che in qualche modo finisce per bruciarne le qualità sul breve e nell’uno contro uno.
Le conclusioni ci dicono poco. Anzi, che non si può concludere. Perché questa Nazionale è ancora in fase sperimentale, fisicamente e tatticamente. Solo che, in qualche modo, c’è un background che fa fatica ad essere superato, cancellato. Ed è anche giusto, se vogliamo, che il ct prosegua per la sua strada già tracciata e secondo un preciso progetto di gioco, anche se questo non contempla o contempla poco i due calciatori del Napoli. Quelli che però, a occhio, sono tra gli uomini più di qualità dell’intera lista dei convocati. Certo, parliamo di caratteristiche e non di qualità assoluta, anche perché altrimenti non avrebbe senso discutere di e su un loro eventuale inserimento. Per caratteristiche, quindi, questa non è la loro squadra. O non lo è stata ancora, ma difficilmente la situazione potrà cambiare. La vera domanda da porsi, al di là di tutto, è la seguente: è giusto rinunciare a prescindere a questo tipo di qualità per una competizione che si decide in poche partite? E poi, aggiungiamo, quando il livello medio della squadra non è poi così eccelso? Conte, nel postpartita, ha risposto stizzito sui dubbi e sulle convocazioni: «Martedì saprete tutto, io cercherò di farvi dormire bene». Non lo faranno, forse, Insigne e Jorginho. Non sarà tutta colpa loro. E forse, hanno anche un po’ ragione.