Gian Maria Volonté, nel film Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, incarna perfettamente il concetto. Inutili le prove inconfutabili, o i testimoni: il Potere non vuole o comunque non può essere condannato dal Potere stesso. E questa è la massima fonte di godimento per i potenti.
Il grande Gian Maria non me ne voglia, ma i vari Agnelli, Marotta, Nedved, mi ricordano tanto il suo personaggio. Non si accontentano di vincere, no. Troppo facile. La dimostrazione di onnipotenza non passa solo per le vittorie, è molto più complessa e sofisticata.
Domenica è andato in onda l’ultimo atto di una commedia già vista: in una partita inutile (almeno per i bianconeri), l’arbitro ha ammonito sei giocatori juventini. Lo stesso arbitro, Irrati, che come giudice di porta non segnalò a Rizzoli il (secondo) giallo per Alex Sandro sul fallo da rigore nel derby della Mole. E allora, come mai tanta severità? Perché è sempre il potere a decidere e i sudditi ad eseguire. Diciamocelo, un tocco finale davvero degno del miglior Petri: io impongo all’arbitro di colpire i miei giocatori, dando un segno inequivocabile di onnipotenza, ma in una maniera tale da uscire quasi più puliti (meno sporchi) di prima. Un capolavoro, davvero!
Comandare è meglio che fottere…
Stefano Gherghi