Il Napolista, oggi, ha pubblicato un articolo che parte dal probabile acquisto di Vrsaljko e analizza poi il concetto di riserva, alternativa, titolare aggiunto. Si fa riferimento a Dries Mertens, al fatto che solo lui sia stato, in tutta la rosa dei non titolarissimi, un vero valore aggiunto ai titolari. Un dodicesimo uomo vero e proprio, da alternare con Insigne o da far subentrare a partita in corso.
Dries Mertens è uno che ci manda al manicomio. Ben prima della splendida serata di Napoli-Bologna 6-0, con tanto di tripletta personale del belga, pubblicammo un altro pezzo dal titolo emblematico: «Salvate il soldato Mertens (ovvero, perché gioca così poco?)». Era il giorno dopo Fiorentina-Napoli, ma in realtà questo è un dilemma che ci portiamo dietro ormai da tre stagioni. Ovvero, il tempo trascorso da Mertens all’ombra del Vesuvio, in quella che ormai è diventata la sua amata città. Mertens non riesce a essere titolare, perché il Napoli è una grande squadra con tantissimi calciatori eccellenti (in attacco sì, senza dubbio) e pure lui stesso sembra dare di più subentrando a partita in corso. Quest’anno lo diciamo senza timore di essere smentiti perché l’ex Psv ha giocato soprattutto (se non solo) così, con appena sei partite da titolare in campionato. Però, la sensazione era diffusa anche nei due anni precedenti con Benitez. Mertens sembra essere più deciso e decisivo quando gli avversari iniziano a sentire, stretta, la morsa dell’acido lattico. Ed è un peccato, perché nelle serate sì (Napoli-Bologna, per l’appunto) il vero Mertens riesce a essere determinante. Come il migliore Insigne, forse ancora più funambolico del miglior Insigne (anche senza il senso tattico che ormai contraddistingue il ragazzo di Frattamaggiore). Il concetto di alternativa, di titolare aggiunto. Il turnover possibile con Insigne, la grande squadra. Dries Mertens. Sono cose che vanno d’accordo.
I dati
Si deve partire per forza dai minuti giocati: 1086 in campionato, pochini. Comunque il dodicesimo minutaggio della rosa, quindi una fiducia importante pur secondo i metodi di Sarri. Anche perché, a questi, si aggiungono i 417 in Europa League con lo stesso numero di gol del campionato (5). Le statistiche, rapportate al tempo in campo, sono eccellenti. Quelle europee dicono che Mertens è il calciatore che ha tirato più di tutti, in media, in Europa League: 5,4 tiri a partita. Più un assist, 1,6 passaggi chiave e 2 dribbling a partita.
Quelle del campionato non sono così impressionanti, ma vanno in qualche modo proporzionate ancora meglio al numero di minuti in campo: 5 gol e 5 assist decisivi. Ovvero, un contributo determinante per una rete segnata ogni 108 minuti. Poco più di una partita, per uno che ne ha iniziate appena 6 dal primo minuto e ne ha giocate 27 partendo dalla panchina. Più un dribbling e un altro passaggio chiave ogni 90 minuti.
Mertens, quando gioca, sa essere decisivo. Lo leggi in questi numeri, te lo ricordi pure utilizzando solo la memoria. La stessa che ti dice, invece, che quando Mertens gioca titolare non riesce ad avere lo stesso impatto. Non ti inganna, e anche questo lo dicono i numeri. Perché se Napoli-Bologna è la miglior prestazione della stagione (e forse di sempre, nel suo periodo napoletano) e Mertens ha iniziato quella partita da titolare, gli altri match giocati fin dal primo minuto rappresentano i picchi oggettivamente negativi di rendimento. Lo dicono anche le statistiche, che vi proponiamo di leggere attraverso il grafico che segue. E che utilizza algoritmi oggettivi, a cui ognuno può dare il valore che vuole. Napoli-Bologna è il punto più alto della linea; quelli che scendono sotto lo zero, il primo e l’ultimo in particolare, rappresentano Sassuolo-Napoli e Roma-Napoli. Due dei sei match in cui Mertens è stato titolare.
No, non può essere un caso. Per una volta, forse, dovremmo fidarci delle nostre sensazioni. Mertens è effettivamente più bravo a subentrare a gara in corso. Sfrutta meglio le sue qualità: accelerazione, imprevedibilità, controllo. E il tiro, caspita. Quanto tira bene, Mertens. Per chi scrive, il gol da lontano ha poco fascino perché ha sempre il retrogusto un po’ acre della fortuna che ti sorride: il pallone, il vento, le luci, la traiettoria, il portiere che dorme, una deviazione. Poi, però, ci sono gol che ti riconciliano col concetto di tiro da fuori. Come questo, forse il più bello mai segnato da Mertens in maglia azzurra.
Le prospettive
La particolare condizione di Mertens nell’organico del Napoli dà sempre adito, a ogni sessione di calciomercato, di parlare di un’eventuale cessione. Se ne sente il profumo anche in questi giorni, soprattutto perché sarebbe l’unica alternativa in caso di una fumata nera nelle trattative per il rinnovo, che il suo procuratore Lerby sta gestendo parallelamente all’acquisto dell’altro suo assistito Klaassen. La sensazione, un po’ per amore nostro e un po’ per amore dello stesso Mertens, è che alla fine il belga rimarrà ancora in una città che non perde occasione di abbracciare, idealmente, attraverso dichiarazioni e post al miele sui social network. Quindi, niente addio. E niente Inter, soprattutto.
Sì, perché la cosa bella e brutta, insieme, di Mertens, è che farebbe il titolare inamovibile ovunque nella nostra Serie A. Forse non alla Juventus, anche per inadeguatezza tattica. Al massimo neanche alla Roma, ma solo perché ora ci sono El Shaarawy e Perotti e quindi la situazione è un po’ migliorata rispetto ai tempi di Iturbe e Gervinho. Le prime tre della classe, poi altre 17 in cui il belga dovrebbero tirarlo a braccia dal campo per farlo uscire. Questione di qualità, di pedigree internazionale (leggetevi i convocati del Belgio per Euro 2016, poi ne riparliamo), di riconosciuto ed effettivo valore. Che quasi fa specie tenere seduto in panchina uno così, ma è una testimonianza. Di come il Napoli sia cresciuto e sia diventato una squadra in grado di non far giocare titolare Mertens, di alternarlo con un altro campione in divenire come Insigne.
Fa specie tenerlo in panchina, si diceva. Ma è anche un po’ colpa sua, e lo scriviamo con tutto l’affetto possibile. Mertens, quando entra, è devastante. È perfetto per comparire all’improvviso e spaccare letteralmente le partite. Forse sarà pure un po’ il suo cruccio, l’unica cosa che forse deve migliorare insieme all’attenzione quando si tratta di diventare quinto di centrocampo e contenere il gioco sulle fasce degli avversari. Riflettendoci ora, a fine pezzo, forse sono questi i due parametri che in qualche modo hanno fatto in modo che Sarri preferisse Insigne per i suoi undici titolarissimi. Un concetto che non potrà più esistere nell’anno della Champions, e di cui Mertens è portatore sano già da un po’. Partirà avvantaggiato, e se lo merita pure.
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