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Il primo scudetto del Napoli è anche di chi non c’era. Non viviamo con la testa all’indietro

Il primo scudetto del Napoli è anche di chi non c’era. Non viviamo con la testa all’indietro

Del primo scudetto ricordo tutto. Avevo 17 anni. Abitavo di fronte allo stadio. Sono nato e cresciuto di fronte allo stadio. Ogni tanto andavo a guardarmelo. Da piccolo, riconoscevo i boati: quello del gol, del quasi gol, il silenzio che non lasciava presagire nulla di buono. Poi arrivò Maradona. Fu un crescendo. Per me lo scudetto fu una conseguenza logica. Mi apparve un fenomeno logico e naturale. Eravamo i più forti, avevamo il più forte, avremmo vinto.

Ho letto l’articolo di Alfonso Fasano e un po’ mi addolora. È il motivo per cui penso che Maradona vada metaforicamente ucciso, come ha scritto Marco Ciriello. Ma il mio è certamente un pensiero ipocrita e soprattutto da egoista. Perché io tutto quello l’ho vissuto. Ricordo ogni momento. Le attese, le gioie, le sconfitte, i patemi d’animo. Tutto. Un paio d’anni fa, prima della maledetta finale di Coppa Italia contro la Fiorentina, decisi di rivedere quella cassetta con i servizi della Domenica Sportiva relativi al primo scudetto. Volevo caricarmi. Lo feci con una ragazzina di 12 anni che ovviamente non aveva mai visto Maradona. Rimase estasiata. A bocca aperta. Ovviamente rise quando scoprì che all’epoca non c’era la lavagnetta elettronica per le sostituzioni ma numeri che venivano girati alla buona; si sorprese quando il portiere raccolse con le mani un retropassaggio. E tante altre cose. Ma soprattutto rimase due ore a guardare quei servizi. Chiedeva. Faceva domande. E io non sapevo che cosa pensare. Da un lato ero dispiaciuto: perché io lo avevo vissuto e altri no; dall’altro ero incazzato: perché quasi trent’anni dopo per vivere emozioni del genere bisognava ancora guardare al passato. Però ero soprattutto piacevolmente sbalordito.

Mi accorsi peraltro anche di dettagli che poi via via si perdono per strada. Quanti pali e traverse colsero i nostri avversari. E soprattutto le parole di Maradona dopo il 2-1 al Milan, la partita successiva al crollo di Verona. Parole dure di Maradona contro l’opinione pubblica napoletana che evidentemente in quei giorni, senza facebook, aveva massacrato la squadra e il suo eroe. In quel momenti ebbi un’illuminazione: se ci fossero stati i social e la stessa invasiva informazione di oggi, il Napoli quegli scudetti non li avrebbe mai vinti.

Lo stato d’animo nei confronti di quel passato è duale. Mi emoziono, perché mi emoziono. Ancora ricordo il grido di Enrico Ameri che annuncia il gol di Giordano a Torino. Ricordo che mio nonno entrò in sala operatoria quell’anno e chiese una sola cosa: “fatemi vedere lo scudetto”. Di quegli anni non potrò mai dimenticare gli adulti in lacrime in ginocchio sui gradoni bagnati al termine di quel Napoli-Juventus con la magia di Maradona su punizione. Così come non dimenticherò mai la terribile delusione del primo maggio e quell’applauso interminabile sempre con gli occhi bagnati. Al termine di quel campionato, ne sono certo, avvenne una mutazione del pubblico del San Paolo: gli adulti abbandonarono gli spalti e cominciò un fenomeno che mi ha portato spesso a sentirmi estraneo in quello stadio. Io ricordo la damigiana di vino rosso in curva B, le partite a carte in attesa dell’inizio, gli aerei per la pubblicità che sorvolavano il San Paolo, le solite grida di disapprovazione agli slogan pubblicitari “Sei sordo? Sei sordo? Sei sordo?”. Era strano, era come uscire con una immensa comitiva. Poi, per carità, degli anni precedenti ricordo anche lo stadio distrutto eh (ad esempio in un Napoli-Roma 1-3). 

Era tutto diverso e anche il Napoli lo era. L’ho vissuto, è vero. Però sono passati trent’anni. Non potrà mai essere uguale. Maradona non tornerà più. A ciascuno la sua epoca. Maradona è la storia, non c’è dubbio. Ma tante volte ho avuto l’impressione che fosse una storia troppo ingombrante. E che soprattutto ogni volta torna a fare capolino. Lo so, mi dispiace per Alfonso e i suoi coetanei, ma quell’epoca è irripetibile. Tante epoche sono state irripetibili. È un passato che per forza di cose a volte è schiacciante. E non ci consente di godere appieno del nostro presente. Higuain non è Maradona ma 33 gol in Italia non li ha segnati quasi nessuno. Anch’io avrei voluto vedere Italia-Germania 4-3, ma non c’ero (anche se mi sono rifatto con Italia-Brasile). Eppure mi emoziono ancora a guardarla, proprio come quella ragazzina con lo scudetto del Napoli. La storia è di tutti, di chi c’era e di chi non c’era. Ma oggi c’è un presente da vivere e godere. 

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