Quello che poteva essre e non è stato. Quello che doveva essere e non è stato. La stagione di Mirko Valdifiori è declinabile con una di queste due frasi fatte, a discrezione di chi deve scegliere. Anche se la sua storia triangolare con Sarri e Napoli è un po’ come quella dell’uovo e della gallina (prima Valdifiori di Sarri o il primo a Napoli su indicazione del secondo?), il racconto dell’annata dell’ex regista dell’Empoli è comunque un mezzo giallo noir. Con Valdifiori nella parte della vittima, Sarri in quella di sospettato numero uno e Jorginho nei panni del maggiordomo.
Al di là di scherzi e metafore, la verità su Valdifiori è di una semplicità estrema: ha giocato poco perché questo Napoli è perfetto per Jorginho e viceversa. Lo abbiamo scritto diverse volte sul Napolista, durante la stagione (tipo qui): Valdifiori è un buonissimo giocatore, un gran regista. Ha iniziato maluccio tra Sassuolo, Napoli-Sampdoria ed il giorno del ritorno ad Empoli. Emozione, condizione fisica, adattamento. Quello che volete, è tutto comprensibile. Poi, però, in questo trailer è comparso Jorginho. Che ha cambiato la scenografia, ha riscritto il Napoli. E Valdifiori, da attore principale designato, si è ritrovato controfigura. Anche perché poi la nuova squadra di Sarri si è automodellata su sé stessa, sulla regia orizzontale e paziente di Jorginho. A quel punto, Valdifiori e il suo gioco verticale sono dovuti finire fuori inquadratura. Un peccato, per lui. Che ha perso un anno, probabilmente il più importante della sua carriera, quando l’età inizia a essere non più freschissima (30 anni compiuti lo scorso aprile). Per il Napoli, cinicamente, non è stato un peccato. Perché uno dei segreti della splendida annata targata Sarri sta nel suo regista tascabile. Il fatto che abbia costretto Valdifiori in panchina è solo una conseguenza inevitabile.
I dati
Sei apparizioni in campionato, sette in Europa League. Un campione non proprio elevatissimo per capire come sia andata la stagione di Valdifiori, ma qualcosa si può tirare fuori. Per esempio, la prima grande differenza con Jorginho. Che leggi in due dati fondamentali per un regista: la lunghezza dei passaggi e la loro accuratezza. Le differenze sembrano minime, in realtà sono enormi: il servizio di Valdifiori è “lungo”, in media, 19 metri; quello di Jorginho arriva a stento ai 16 metri. Su 35 presenze in campionato, Jorginho ha concluso con successo il 91% dei passaggi; Valdifiori, in sei match, è arrivato all’86%.
Trecento centimetri, un cinque percento. C’è tutta la distanza del mondo in quelli che sembrano due differenziali minimi. Perché con Valdifiori, il Napoli rimaneva una squadra intensa ma gestiva diversamente il possesso. Un tocco, due al massimo, poi la palla in verticale. Per l’attaccante, per l’esterno. La velocità di pensiero a compenare quella, non altissima delle gambe. Valdifiori giocava e gioca così, in un modo che può servire quando magari hai gli uomini adatti per essere serviti in questo modo. Gente che ama la palla sul movimento, sul suo attacco dello spazio. Gente alla Callejon, tanto per gradire e per capire. Solo che Callejon rappresenta solo il 33% del tridente del Napoli. Gli altri due calciatori (Higuain e indifferentemente Insigne o Mertens) amano il pallone tra i piedi, desiderano toccarlo diverse volte prima della giocata risolutiva. Non che Higuain sia un attaccante che non si inserisce, diremmo una bestemmia. È che su dieci azioni, in sette vuole il pallone e in tre si inserisce. E questo, per Valdifiori, è un dramma.
Il resto dei dati riguarda l’altra faccia della medaglia del ruolo di regista. Ovvero, la fase difensiva. Che Jorginho, non essendo dotato di grande fisico, interpreta in maniera posizionale. Copertura delle linee di passaggio, chiusure preventive e al massimo il fallo tattico. In media, per l’italobrasiliano, 4,2 azioni difensive a partita. Valdifiori, invece, ha una struttura fisica diversa. La sua corsa è più pesante, meno fluida, e gli impedisce di intervenire con velocità sull’avversario e sul pallone. L’ex Empoli ha statistiche indicative in questo senso: 2,5 gli eventi difensivi a partita. Certo, l’abbiamo già detto: il campione non permette una valutazione completa. Può dare un’indicazione, fornire una sensazione. Entrambe dicono che Jorinho era perfetto per questo Napoli e viceversa. Anche questo l’avevamo già detto, ma adesso l’abbiamo certificato.
Le prospettive
Giusto ieri sera, il suo (zelante) procuratore Mario Giuffredi ha rilasciato un’intervista di fuoco a Canale 21. Un attacco in piena regola a Sarri, roba così: «Lo scarso utilizzo di Mirko? Su questo preferisco non parlare, farei solo polemica. Bisogna chiederlo a Sarri, chi capisce il calcio può comprenderlo da solo il motivo. Al Napoli vogliono bene a Mirko e si sono comportati sempre benissimo. Ma il Napoli è una cosa, l’allenatore è un’altra. Ho i miei motivi per avere il dente avvelenato. Sarri ha il limite di non saper gestire bene il turnover, alla lunga questo si rivelerà un difetto fondamentale».
Al di là dell’uovo e della gallina, è chiaro che il rapporto tra i due sia ormai compromesso. Anche perché, come detto, Valdifiori ha ancora poche occasioni per imporsi davvero in Serie A, e poi magari in Nazionale. Ha trent’anni, e non può permettersi di restare un altro anno nell’ombra di un regista che, suo malgrado, rappresenta il perfetto metronomo per questo Napoli.
Nelle analisi tattiche scritte nel corso della stagione, abbiamo sottolineato quanto il Napoli cambiasse volto quando, soprattutto in Europa League o per emergenze irrinunciabili, il tecnico toscano ripiegasse su Valdifiori. Il Napoli 2016/2017, con la Champions e il campionato e la necessità imprescindibile di fare turnover, non può permettersi un cambio di identità a seconda del regista da schierare. L’idea dell’alternativa tattica può anche essere positiva, ma prima di tutto c’è bisogno di sicurezza. Tralasciando i presunti problemi nel rapporto umano con l’allenatore (ha parlato Giuffredi, non Valdifiori), è proprio il contesto tecnico e tattico a non essere più adatto a Valdifiori. Quindi, lo scenario più prevedibile è a questo punto quello della cessione. Dispiace per il ragazzo, ma non si può pensare o fare altrimenti. È per il suo bene, ma anche per quello della squadra.
Le biografie già pubblicate
– Koulibaly, da pacco a mostro
– David Lopez, il calciatore elementare stimato più dagli allenatori che dai tifosi
– L’evoluzione di Ghoulam, oggi terzino non più solo d’assalto