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Col Comune sull’orlo del dissesto, de Magistris come aiuterà le periferie?

Col Comune sull’orlo del dissesto, de Magistris come aiuterà le periferie?

Quale che sia il prossimo sindaco di Napoli, c’è una questione che non potrà evitare di affrontare, e riguarda il bilancio comunale. La città, per la seconda volta, è in dissesto finanziario, c’è poco da girarci intorno; l’amministrazione uscente, in piena continuità con tutte le altre che l’hanno preceduta – dalla giunta presieduta da quel galantuomo di Francesco Tagliamonte in poi – ha approvato in questi anni un bilancio che vanta crediti che mai, se non in minima parte, potranno essere riscossi.

In bella sostanza manca completamente la benzina per far funzionare il motore della macchina amministrativa. E qui c’entra poco la politica con le sue alchimie: qui parliamo della capacità di dare risposte ai bisogni della gente; parliamo della possibilità di poter tradurre in azioni concrete ed immediatamente tangibili tutti i proclami – zapatisti e non – ascoltati in campagna elettorale. C’è da migliorare la qualità della vita di una buona parte di napoletani, di coloro che abitano le periferie di questa città: dalla zona est – e quindi Barra, Ponticelli, San Giovanni (che non è solo l’area delle ex raffinerie, non dimentichiamolo) – a Pianura, Soccavo, Rione Traiano; senza tralasciare quelli del cuore antico della città: Forcella, la Sanità. Quartieri distanti, ma non troppo, ma legati da un unico filo rosso, rosso sangue di camorra. Ed è a loro, a questi napoletani, che bisogna dare risposte.

Ed è appunto partendo da questa considerazione, che l’analisi del voto disaggregato fatta dall’amico Massimiliano Gallo non lascia scampo ad altre interpretazioni: il sindaco uscente che, a meno di clamorosi rovesci al ballottaggio, sarà riconfermato alla guida della città, è stato votato al primo turno dalla borghesia napoletana. La messe di voti necessaria a tenere a distanza di sicurezza il suo rivale, gli è stata portata in dote proprio da quel ceto sociale che, storicamente, ha sempre fatto a meno della Cosa Pubblica. Che vive un’esistenza quotidiana che non prevede il “fastidio” di doversi necessariamente interfacciare con l’Amministrazione comunale, in tutte le sue declinazioni.

Luigi De Magistris, che il 19 giugno prossimo tornerà ad indossare la fascia tricolore, ha perseverato – soprattutto in campagna elettorale – nel perseguire una politica di volontario allontanamento, e conseguente isolamento, dal Governo del Paese. Ma a questo punto, la domanda è una sola: senza soldi e senza un aiuto concreto da parte del governo, come farà a dare quelle risposte che la gente attende?

Potrà continuare a sostenere che sia la camorra a volere Napoli al buio, quando invece più semplicemente non avevano pagato la bolletta della luce? Potrà continuare a non presentarsi in un’aula di Tribunale (lui, ex magistrato che tanto ci tiene a far sapere che la toga gli è stata strappata dalle spalle) per spiegare perché una sua cittadina, giovane moglie e madre, è morta schiacciata dal peso di un albero che, già pericolante da giorni, è stato lasciato incustodito?

E allora, sarebbe utile che per un attimo si abbandonassero i ragionamenti politici che stanno a mezza via tra le convergenze parallele di Aldo Moro e la supercazzola del Conte Mascetti, e si affrontassero i temi della gestione del territorio.

Non crediamo che la città sia in grado di reggere altri cinque anni così; sta avviandosi verso un crinale pericoloso, come mai prima d’ora. Compito di un sindaco è riportarla in salvo, non aiutarla a sprofondare.

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