Quattro partite da titolare in campionato, cinque in Europa League. Facessimo gli sceneggiatori e volessimo trovare un titolo all’ultimo episodio dell’avventura azzurra di Christian Maggio, forse sceglieremmo un iperbolico “Il giusto addio”. Sì, perché la stagione 2015/2016 del terzino azzurro rappresenta in qualche modo una chiusura definitiva di una storia lunga e bella iniziata nell’estate nel 2008 e proseguita con profitto vicendevole fino a tutta la scorsa stagione.
In realtà il declino di Christian Maggio inizia nell’estate del 2013: l’addio di Mazzarri e il passaggio di Benitez a uno schema difensivo a quattro tolgono al calciatore il terreno tattico sotto i piedi. Da quel momento in poi, l’ex di Sampdoria e Fiorentina si ricicla in un ruolo che non può appartenergli, che alle necessità di corsa e resistenza (le sue doti principali) abbina una richiesta di letture difensive e preventive che Maggio non possiede. E che non può neanche possedere, data l’intera carriera sviluppatasi nel ruolo decisamente raro e anomalo di esterno a tutto campo o volgarmente detto “quinto di centrocampo”. Una dimensione ambigua, particolare, a metà tra terzino, esterno ed ala. Una posizione che Maggio ha interpretato in maniera perfetta, con Reja e Mazzarri, ma che non è riuscito ad evolvere nel momento in cui la guida tecnica si è orientata verso uno schema più convenzionale.
Le stesse statistiche, di cui parleremo dopo, evidenziano in qualche modo questo cambiamento negativo. Sublimato, durante questa stagione, in un ruolo da riserva assoluta del primo terzino destro “vero” che il Napoli ha acquistato dal giorno del suo arrivo dalla Sampdoria: Elseid Hysaj. L’albanese, in realtà, ha iniziato a sinistra proprio per permettere a Maggio di continuare a tenere la maglia da titolare come terzino destro. Una scelta sconfessata quasi subito da Sarri che dopo Empoli-Napoli 2-2 gioca contro il Bruges in casa e lancia la nuova coppia di esterni difensivi. Lì comincia “Il giusto addio” di Maggio, che scenderà di nuovo in campo in campionato, da titolare, solo per Lazio-Napoli 0-2 del 2 febbraio. Un girone e una partita dopo il match contro l’Empoli. A 34 anni ormai compiuti, Maggio ha fatto il suo tempo. Con un milione di ringraziamenti e due milioni di auguri per il futuro. Ma è giusto così.
I dati
Più che concentrarci sulle statistiche di quest’anno, come detto, mostreremo e dimostreremo come il cambio di modulo del 2013, il passaggio dalla difesa a tre di Mazzarri (e dei predecessori Donadoni e Reja) a quella a quattro di Benitez e Sarri abbia in qualche modo cancellato Maggio nelle sue caratteristiche principali. Facciamo questa scelta anche perché i dati di quest’anno, diluiti su un totale di 959 minuti giocati in tutte le competizioni stagionali, sono effettivamente troppo miseri per un’analisi reale. In ogni caso, Maggio ha avuto un rendimento difensivo pure accettabile, con una media di 3 interventi difensivi a partita in campionato tra palle intercettate (9 in tutto), rilanciate dalla difesa (10) e tiri bloccati (3). Positivo anche il numero medio dei tackle a partita (2,1) e dei duelli aerei vinti (7 su 10).
Quello che però è mancato, quest’anno come nei due precedenti con Benitez, è una sicurezza reale nella fase difensiva. Nell’attenzione a mantenere la linea, nella lettura delle coperture preventive. Roba che non è possibile misurare con le statistiche ma che va ripescata nella memoria o su Youtube. Certo, quest’anno le occasioni di giocare e quindi di sbagliare sono state comunque pochissime. Eppure, basta riannodare i fili delle prime due partite per accorgersi che almeno tre dei sei gol subiti dal Napoli nelle prime tre giornate rientrano tutti nelle responsabilità dirette di Maggio: un fuorigioco non letto sul primo gol del Sassuolo, una marcatura mancata sul raddoppio degli emiliani; e poi a Empoli, un altra linea tenuta male sul vantaggio immediato di Saponara. Questione di adattabilità e abitudine a nuovi schemi difensivi, certo. Però, pure difficoltà che Maggio si porta dietro ormai da due anni, “aiutate” da un modulo che non ne esalta le qualità e pure da una brillantezza fisica che l’età, pure giustamente, sta in qualche modo scolorendo.
Tutto questo lo leggi nel confronto statistico tra il Maggio mazzarriano e quello successivo: i 16 gol dal 2009 al 2013 e l’unico nei tre anni sucessivi, quest’anno in Europa League. Certo, roba che dipende dalla posizione in campo più avanzata. A supporto di questa tesi, però, ci sono anche i 3 assist nelle ultime tre stagioni contro i 18 del quadriennio precedente, la media degli interventi difensivi in picchiata (dai 6 della prima stagione di Benitez ai 4 della seconda fino ai 3 di quest’anno) e una percentuale in calo pure nei duelli vinti (dal 52% dell’ultima stagione di Mazzarri fino al 47% del biennio Benitez).
Insomma, per Maggio non è più cosa. Ora, soprattutto, ma già da un po’. Ed è un peccato, perché di ragazzi così umili e professionali ce ne sono pochi in Serie A. E tutto è riconducibile a un equivoco tattico preciso, a un’inadattabilità a un ruolo che nel Napoli di Mazzarri non esisteva perché esisteva quello di Maggio. Oggi, anzi da tre stagioni esiste, e va ricoperto bene, con dinamismo e soprattutto attenzione sempre costante. Certo, viene da dire: non c’è solo Maggio a non essere adattabile alla posizione di terzino destro, non è detto che tutti debbano essere così versatili. Giusto. Ma non è nemmeno detto che si debba essere per forza titolari nel Napoli, però. Soprattutto se hai superato i 33 anni.
Le prospettive
Dispiace, soprattutto dal punto di vista umano. Ma il Napoli e Maggio hanno reciproco bisogno che venga ceduto. Il ragazzo sente la necessità e ha pure il diritto di chiudere la carriera con un paio di stagioni da titolare o quasi, magari in una squadra più vicina, per idea di gioco, alle sue caratteristiche. Il Napoli, invece, deve in qualche modo affrancarsi da un calciatore che ha scritto la storia recente del club (con 277 presenze totali, Maggio ha superato Maradona e Panzanato ed è il settimo calciatore all-time per numero di match in maglia azzurra) ma che rappresenta oggi un vero lusso tattico e “psicologico” per questa squadra.
Psicologico perché comunque parliamo di un giocatore leader storico dello spogliatoio; tattico perché, semplicemente, c’è bisogno di una riserva di Hysaj che sia una riserva di Hysaj. E cioè, un esterno di ruolo in una difesa a quattro. Non a caso, molti dei profili avvicinati al Napoli in questi primi giorni di mercato occupano giusto questo slot: Vrsaljko, Widmer, la novità del giorno De Sciglio. Tutti terzini veri e propri, non adattati (pur con grande e ammirevole abnegazione e lodevole spirito di sacrificio) come Maggio.
Christian sarà ricordato comunque come uno dei simboli della rinascita: era presente (con gol) in Napoli-Benfica del settembre 2008 come nella semifinale di Europa League del maggio di un anno fa. È cresciuto e si è rivelato col Napoli, fino ad approdare alla Nazionale (Mondiali 2010, Europei 2012 e successiva Confederations Cup: anche questa avventura, toh, si conclude nel 2013) e nella ristretta shortlist dei grandi della storia azzurra. Un altro anno come quello appena trascorso sarebbe avvilente e ingiusto, per lui e per chi come noi ricorda il Maggio vero, quello in grado di divorare letteralmente la fascia destra con la sua proprompente fisicità con Campagnaro in copertura. Gli vorremo bene comunque, gliene vogliamo ancora. Proprio per questo “il giusto addio”. Sarebbe proprio la cosa migliore da fare.
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