Sono i giorni della Brexit, in cui tutto il mondo occidentale si interroga sul futuro dell’Europa dopo l’addio del Regno Unito. Abbiamo già parlato di quello che potrebbe essere l’effetto Brexit sul calcio, in particolare sulla Premier League. Eppure, bisogna aprire il campo d’osservazione e andare addirittura al nucleo più profondo della cellula-calcio: con l’uscita della Gran Bretagna dall’Ue, cambierà (finalmente) qualcosa con l’International Board e quindi con il regolamento del calcio? Finirà l’egemonia britannica sulla codifica del gioco?
La stessa domanda che si è posto Stefan Szymanski, analista della società Soccernomics e editorialista del Financial Times, insieme al giornalita Simon Kuper e al sito specializzato Calcio&Finanza. Basti pensare che le federazioni dello UK (Inghilterra, Scozia, Galles e Nord Irlanda) detengono il 50% dei voti all’interno dell’International Board della FIFA, organo internazionale (un’associazione di diritto svizzero), istituito a Londra nel 1886, che è composto di soli 8 membri, indipendente dalla Fifa (dal Gennaio 2014) e dalle quattro Federazioni britanniche che la compongono (inglese, scozzese, gallese e irlandese). Compito principale dell’organo è stabilire e avallare modifiche regolamentari, con parere vincolante per tutte le federazioni affiliate alla Fifa. Il fatto che il Board sia composto da 8 membri e che ogni decisione deve essere approvata con i 3/4 dei consensi spiega benissimo l’egemonia assoluta del calcio britannico, anche quello meno evoluto (tipo la federcalcio gallese, al netto degli Europei da favola, e quella nordirlandese), su tutto il carrozzone mondiale.
L’Ifab è (giustamente) tacciata di conservatorismo britannico, e la principale accusa rivolta è la mancanza di coraggio nell’approvazione di nuove regole e (soprattutto) nuove tecnologie per il calcio. Brexit potrebbe avere aperto la strada a un cambio quantomeno “generazionale” ai vertici dell’organo che, in pratica, gestisce in maniera monocratica l’evoluzione dello sport più seguito al mondo.