Il report dell’allenamento mattutino del Napoli. L’attenzione alla difesa per tutta la lunghezza del campo, lo sparapalloni. E la serenità che può esistere, persino oggi.

Dimaro è la terra di mezzo, in cui ci sono cose che altrove non esistono e altre che esistono solo qui. Tipo il sole estivo e una temperatura invernale, tipo le maglie a giro maniche nello stesso ambiente delle giacche a vento. Il Napoli è al settimo giorno di ritiro, ormai è perfettamente calato in questo luogo tutto particolare. Che riempie a modo suo, innanzitutto col lavoro sul campo.
Arrivano i calciatori, ovviamente non tutti: Reina, Albiol, Tonelli e De Guzman sono assenti, lavoro a parte per Chiriches. Il portiere spagnolo entrerà dopo in campo, lavorerà un po’ a regime ridotto. Il suo inizio lento è una costante di Dimaro, forse nasce da una fisicità particolare e difficile da mettere a punto. Gli altri iniziano il riscaldamento a centrocampo, in cerchio. Ci si passa il pallone e ci si scambia la posizione. Poi, dopo, diventa torello vero e proprio. Si ride, si scherza, si urla. Ci si passa il pallone di prima, che è la cosa fondamentale per Sarri.
Dopo, ci si sposta dietro la porta alla sinistra della tribuna. Si corre un po’, il lavoro senza palla stavolta dura più del solito. Il ritmo sale, forse siamo alla prima vera spinta sull’acceleratore “fisico” del precampionato. Poi, però, alle 10.23, il drone è in cielo e inizia il primo lavoro tattico. Due squadre da dieci, i soliti colori. Mute nere, pettorine giallo evidenziatore. Si lavora sul lancio lungo della difesa avversaria, sulla compattezza delle linee poco dietro il centrocampo. Il modulo di riferimento è il 4-5-1, e l’idea è sempre la stessa: l’uscita in possesso e in bello stile, di prima, con scambi stretti e ravvicinati. Una volta recuperata la sfera, quasi sempre dalla linea difensiva, i tocchi che fanno salire la squadra coinvolgono mezzali e regista, fino ad arrivare ala prima punta. L’unico dei dieci escluso dal lavoro di pressing, ma che in realtà ha iniziato la fase di non possesso alzandosi alto sul primo portatore. Tutti difendono, poi tutti attaccano. Il calcio totale di Sarri l’hanno inventato qualche anno fa, ma è sempre bello da vedere. Soprattutto in allenamento.
La fase offensiva cui porre un argine si sposta qualche metro più indietro, si curano rimesse laterali e poi calci piazzati. Nel primo caso, l’obiettivo è mettere in fuorigioco il calciatore dopo un lancio con le mani ravvicinato e uno scambio volante. Nel secondo caso, invece, il lavoro non è dissimile da quello che abbiamo visto ieri: la linea resta al limite dell’area, e inizialmente ci si concentra soprattutto sulle palle tagliate provenienti da sinistra, quindi dalla fascia destra difensiva.
Dall’altra parte del campo, Nista si diverte come un bambino a giocare con lo sparapalloni. Forse è un neologismo, di cui il Napolista vorrà in caso il copyright e che abbiamo mutuato dal più famoso sparapalline del tennis. La macchina è una macchina, anche nel senso dell’aggettivazione. Tira fortissimo, teso, basso. Una gran conclusione. Difficilissima da contenere per i portieri. A prima vista, il lavoro di questo attrezzo ci ricorda il tiro di Gonzalo Higuain contro il Palermo. Un po’ di nostalgia per esorcizzare il calciomercato. Che a Dimaro, la terra di mezzo, semplicemente, non esiste.
Non perché non esista davvero, ma perché Sarri, mentre fuori e in tribuna stampa c’è il delirio di Higuain, venti minuti dopo il primo giochino sulla fase difensiva, è ancora lì a far battere calci d’angolo. Si è spostato ancora più giù, allena la linea difensiva ad ogni tipo di situazione avversa. Del resto, quella che si sta facendo in Trentino si chiama “preparazione”. E il tecnico sta cercando di seguire questo ideale: il suo Napoli dovrà essere pronto, in ogni momento, contro qualunque cosa. Sarà “preparato”, appunto.
Dopo, il capannello umano si sposta appena fuori area. Si provano le conclusioni, in porta c’è Sepe. Ma il protagonista è Maurizio Sarri che lascia i suoi uomini da soli e si viene a prendere l’applauso delle tribunette. Gli spettatori, benché infreddoliti, gli gridano “Sei il migliore!”. Il calciomercato non esiste. Qualcuno che ha sposato Napoli, anche se solo per interessi, esiste. Il pubblico sa riconoscerlo. E apprezzarlo. È un primo passo di maturità e civiltà in attesa di sapere se qualcun altro avrà deciso di non imitare il tecnico. All’uscita dal campo, José Callejon indossa la solita muta personalizzata, nera, a maniche lunghe. Rispetto a chi indossa le giro maniche, forse ha ragione. Tocca a lui prendersi un altro applauso. Ha rinnovato il contratto fino al 2020, appena qualche giorno fa. Che il pubblico non lo faccia mai uscire dal campo senza battere le mani, non è un caso. Non può esserlo.
Qualche minuto dopo il termine dell’allenamento, Raul Albiol corre in campo con tre bambini. Forse sono i suoi, forse no. Sorride, ci sembra felice. Il calciomercato non esiste.