Allenamento del Napoli. Ancora a parte Reina, Albiol e Tonelli. Gabbiadini esulta, Grassi segna. E a Dimaro il tempo è incerto.
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Dimaro. Dimaro è il luogo dell’incertezza, oggi. A inizio allenamento c’è il sole, al termine della seduta le nuvole avvolgeranno le montagne e copriranno le cime degli alberi. C’è ancora la solita non-notizia: no, non è il vertice in corso tra Giuntoli e Valcareggi, procuratore di Giaccherini (immaginate si svolgesse qui, a centrocampo, con un tavolino e due flûte di Chardonnay), ma il lavoro a parte di Tonelli e Albiol. Reina, invece, fa il solito passaggio prêt-à–porter sotto la tribunetta e poi scompare nella palestra. Uscirà poco dopo, accompagnato da Albiol. Che probabilmente ha una branda nel tendone che ospita gli attrezzi.
Se stamattina il riscaldamento era stato solo fisico, oggi si torna a fare sul serio. Ricompare il pallone che viene passato con le mani e con i piedi da tutti i calciatori che intanto corricchiano. Compaiono quattro miniporte, saranno usate subito dopo. Nel frattempo, insieme ai cinesini (nome gergale dei conetti colorati d’allenamento), delimitano lo spazio entro cui i calciatori sciolgono i muscoli.
Il primo esercizio “vara” proprio le quattro porticine. Quattro squadre da cinque calciatori si alternano nel minicampo, si fa gol nelle due porte più sotto il lato della tribuna. La palla, quando esce, viene rimessa in campo dai preparatori. Tutto rapidissimo, tutto in spazi strettissimi. Vietato o quasi il secondo tocco. Ci si allena a giocare veloce, a pensare veloce, ad altissimo ritmo. Le squadre cambiano velocemente ad ogni chiamata di Sarri, che segue ed urla. È in rosso, come al solito. Ed è uno spettacolo di prossemica applicata all’ingegneria calcistica da campo.
Dopo, è ancora tattica. Cioè, nessuno dovrebbe sorprendersi. Non è una cosa normale. Dovremmo, dovreste saperlo ormai. Due squadre da 10 calciatori, schierati 4-3-3, occupano le due metà campo. La prima parte di ogni mini-sessione è caratterizzata dal possesso palla continuato, veloce, di prima. Ma non verticale, o almeno non offensivo. Non si punta la porta, si mira solo a far girare la sfera. Al fischio di Sarri, due preparatori scambiano un altro pallone sul limite dell’area difensiva. Scatta il dispositivo del pressing, si comincia ad attaccare la porta. Il primo ad andare a braccare il portatore è il centravanti (Dumitru e Gabbiadini, uno per squadra), che anche dopo rivestirà un ruolo fondamentale. La palla, fatta arrivare apposta a una delle due linee più arretrate (difesa o centrocampo), viene poi giocata come al solito: velocemente, mentre l’attaccante sceglie se fare perno o attaccare la profondità. Salgono i terzini, i mediani appoggiano e si inseriscono. I portieri, alternativamente tutti e tre quelli presenti a Dimaro, provano a bloccare i tiri che arrivano verso la porta. Si segna parecchio, ci sono applausi per i gol. Sopratutto di Roberto Insigne che ricorda il fratello Lorenzo in tutto e per tutto. Lui, però, è mancino. Ripetiamo quanto scritto oggi perché è quello che si è visto in campo: il Napoli sembra attaccare l’area avversaria con maggiore garra perché maggiore è il numero di calciatori che lo fanno. Tre, almeno. È una cosa che in qualche partita, lo scorso anno, era effettivamente mancata. Sarri ci lavora dal primo giorno.
In ultimo, un esercizio visto e rivisto qui a Dimaro. Partitella a un quarto di campo, dalla linea di centrocampo a quella dell’area di rigore. La particolarità, che già conosciamo, è quella dei due calciatori accanto la porta, fuori campo ma comunque parte del gioco. Un diversivo, che serve soprattutto a tenere il portiere concentrato su due se non tre situazioni insieme: lo sviluppo normale del gioco, le possibilità alla sua destra e alla sua sinistra. Per questo, Sepe, Rafael e Contini vivono praticamente tutto il tempo attaccati al palo, lontani dalla linea, vicini al centro di un’area che è grande, in orizzontale, come quella regolare. L’ex portiere di Empoli e Fiorentina, originario di Torre del Greco, para anche un rigore a Jorginho. Ovviamente, anche la difesa è particolarmente sotto pressione. C’è da giocare a calcio, ma anche da guardarsi le spalle. Non è facile.
I ritmi sono alti, la partitella dura un bel po’. Ci sarebbe tanto da segnalare, noi abbiamo fatto una selezione riassuntiva perché estrema: un gol di Grassi in bella coordinazione volante, una bella rete di Gabbiadini. Che esulta. Ci sembravano le notizie più clamorose di giornata. In attesa di sapere come è andata a finire, qualche chilometro più in là, tra Giuntoli e Valcareggi. Quanti flûte di Chardonnay saranno riusciti a buttar giù?