Il quinto giorno di lavoro: solito lavoro sulla linea a quattro, ma anche schemi d’attacco. Mentre il cielo alterna sole e pioggia.

C’è il sole a Dimaro. È un’illusione, presto tutto cambierà. I calciatori entrano in campo, Sarri è al solito applaudito un po’ da tutti. Così come Reina che passa e spassa come al solito e alza la mano per salutare. Poi, la sorpresa: lui e Albiol corricchiano a bordocampo, almeno sono usciti dal tendone palestra.
Il riscaldamento è blando, si corre un po’. Dopo, riunione presumibilmente tecnico-tattica a metà campo, mentre i portieri iniziano il lavoro con i preparatori specifici e allenano il gioco di piede. Un tocco di destro, uno di sinistro mentre si scambiano la posizione.
Un nuovo esercizio tattico, la seduta comincia per davvero. La vera notizia è che oggi, 13 luglio, si comincia con l’attacco. Ma non ci si discosta dalle prime indicazioni di questi giorni a Dimaro. Sagome posizionate a simulare una difesa a quattro, un calciatore viene dalla zona-corner verso il centrocampo, larghissimo sulla fascia. Cammina e slalomeggia, deve dribblare una serie di cinesini e deve girare intorno un paletto. Sempre palla al piede. Passaggio indietro, la linea di centrocampo schierata oltre la metà campo organizza la ripartenza veloce. Si gioca come al solito, qui in Trentino: palla scambiata veloce, inserimenti da dietro, interni ed esterni. E tre uomini ad attaccare l’area. Passaggi sempre bassi. Una sola volta che un mediano alza la palla, il gioco si ferma. Sarri guarda da lontano, e forse per questo urla più forte. L’esterno va sempre in sovrapposizione veloce, il centravanti lavora sempre da perno ma con grande tecnica nel passaggio. Il lavoro vuole palesemente migliorare le transizioni e gli automatismi offensivi. Manolo Gabbiadini viene incitato quando segna. Succede spesso.
Intanto, Sepe e Rafael si allenano sulle uscite. Prima basse, poi alte. È il trionfo dell’aggettivo possessivo: “Mia!, Mia!, Mia!”. Vicino a loro, Albiol tenta addirittura una corsa a ritmo sostenuto. Poi c’è il cambio, Contini passa sotto la cura di Nista e Rafael va a fare da sparring ai compagni che continuano a essere catechizzati dallo staff vestito di rosso. Cambia il centravanti, Dumitru prende il posto di Gabbiadini. E Rafael compie un intervento da favola, che strappa l’applauso alla tribunetta di Dimaro. E le domande su chi sia davvero il portiere brasiliano: quello pre-Swansea o quello post? Un dibattito che non risolveremo mai, un interrogativo che resterà inevaso.
Tutto torna alla normalità: ecco la fase difensiva, il lavoro sulla linea a quattro. Possesso palla avversario, il terzino esce sull’esterno e i calciatori restano altissimi a seguire il movimento orizzontale del pallone. Lo scivolamento deve essere veloce, le distanze devono essere mantenute. Sarri martella sulla velocità, vuole che il cambio di lato venga fatto velocemente in modo da evitare il più possibile che il lato debole resti scoperto. Un dazio che il Napoli, l’anno scorso, ha pagato spesso (do you remember Udine? E Widmer?) e che in qualche modo deve essere evitato in questa nuova stagione. Si comincia da qui, anche se i difensori coinvolti non sono i futuri titolari, Koulibaly e Ghoulam a parte. Almeno si spera, per il francosenegalese.
L’esercizio successivo cambia pochissimo, non la sostanza. E riguarda proprio il cambio di gioco: i difensori provano ad accorciare subito, ma ogni lancio viene ripetuto una, due, dieci volte. Sarri urla, si sgola, chiede rapidità in quello che, probabilmente, è stato l’unico punto debole difensivo del Napoli edizione 2015/2016. Il terzino si stacca dalla cerniera a quattro, poi torna subito ad avvicinarsi al centrale del suo lato. La linea, mantenere la linea, è l’assoluta ossessione di Sarri. Come se fosse stato attratto magneticamente dagli esercizi difensivi, ecco comparire il biondo Tonelli. Che accenna anche una corsetta leggera, mentre l’esercizio sul cambio di gioco si arricchisce della discesa dell’esterno offensivo che arriva sul fondo e mette pure palla al centro. La difesa, a quel punto schiacciata bassa, prova il rinvio. Senza attaccanti che cercano la deviazione sottoporta è decisamente più facile. Il portiere è Sepe, ed esce molto spesso a cercare di bloccare il cross. Non urla più “Mia!”, Nista dall’altra parte probabilmente non se ne accorge. Altrimenti si arrabbierebbe, ne siamo certi. Ma Sepe si sta allenando bene, qui a Dimaro. Così come Grassi, cui dedicheremo un pezzo tra poco.
Dopo, la situazione cambia ancora: si simula un’uscita del centrale su inserimento interno di un avversario che entra in area e costringe il terzino a un rientro veloce a sostituzione del compagno venuto fuori. La linea a tre a copertura della linea di porta viene comunque rispettata, numericamente e anche per quanto riguarda le distanze. C’è un cambio di posizionamento, in pratica, ma nessuno se ne accorge. Così come, nel frattempo, nessuno si è reso conto che il cielo è grigio, e che la pioggia ora bagna Dimaro e i calciatori. A fine allenamento, torello e lavoro uno contro uno tra quattro preparatori, Koulibaly e Ghoulam. Il tempo non è propriamente tipico africano, il loro, ma i due non sembrano accorgersi nemmeno di questo. Sono tutti un po’ distratti, siamo tutti un po’ distratti.