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Il Napoli sgobba due ore sotto il sole, Sarri pretende sempre di più

Sarri a Dimaro insiste sulla fase difensiva del Napoli, con un insolito movimento di attaccanti. Chiriches palleggia

Il Napoli sgobba due ore sotto il sole, Sarri pretende sempre di più

Due notizie, subito, in apertura. Breaking news, anzi. A Dimaro, questa mattina, c’è un bel sole. È già qualcosa, con il freddo che fa. E poi, alle 9.53, inizia un secondo esercizio di riscaldamento. E il pallone non c’è. Non c’è ancora. Si è già corso, poi si è passati a camminare su cuscini da allenamento prima di brevi scatti. Insomma, roba fisica. Che non c’entra proprio tantissimo con quanto fatto e fatto vedere finora da Sarri qui in Trentino.

I palloni sono tutti raggruppati a centrocampo, a insiemi di circa dieci, sistemati accanto alle sagome rosse piazzate a ridosso della metà campo. Accanto al rosso degli omini, altri omini in rosso: i preparatori in gruppo come i palloni. Parlano, confabulano, riuniti in un capannello umano. Mentre i calciatori, alle 10.01, continuano a fare riscaldamento per come questa parola è solita intendersi nel mondo al di fuori di Sarri.

Altra notizia, ancora. Anzi, una conferma. Reina ha ripreso a lavorare in campo. Cioè, nella pista d’atletica insieme a un preparatore. Ma comunque fuori dal tendone palestra. Di Albiol e Tonelli, altri “ragazzi fisicamente difficili” di questi primi giorni di ritiro, nessuna notizia. Compariranno a fine allenamento. In questo caso, utilizzare la locuzione “lavoro a parte” è cosa buona e giusta. Non si vede Chiriches, probabilmente è insieme a loro. Il gruppo carbonaro e sovversivo dei difensori centrali che si allenano lontano dai compagni. Si paleserà anche il rumeno che addirittura palleggia.

10.10. Abbiamo scherzato. Tutto torna come al solito. Difesa, ovviamente. La terza linea, inutile dire a quattro, sfida un tridente vestito con i fratini gialli aiutati dai preparatori. Si lavora su una situazione di pressione avversaria, con un centrale difensivo costretto a uscire per seguire uno degli attaccanti. Insieme, dallo stesso lato del centrale costretto ad abbandonare la posizione, un inserimento esterno. Inoltre, il difensore sollecitato viene richiamato ancora più verso l’alto dalla presenza di un “mediano” che viene ad appoggiare la punta. Il lavoro, dopo l’uscita del centrale, è quello “classico” di recupero e mantenimento della linea, di rispetto delle distanze. Classico è anche tutto il contorno: il rumore del drone in volo, le urla di Sarri che non è mai del tutto contento. E allora il centrale aumenta il pressing, sale sul nuovo portatore di palla. Il tecnico lo telecomanda su, vuole che l’avversario non abbia il tempo di pensare. Difendere vuol dire recuperare il pallone. Prima si fa, meglio è.

Dopo, gli stessi movimenti difensivi vengono provati anche sulla “palla sopra” avversaria, ovvero sul lancetto a scavalcare la linea. Ogni volta che c’è da tornare indietro, c’è qualcuno che urla “Scappa!”. Ed è bello veder correre tutti e quattro verso la porta, all’unisono. Ci si scambia il fratino quando è il momento di cambiare i componenti delle linee. Ci sono Celiento e Maggio, Luperto e Koulibaly, Lasicki e Ghoulam. Napoli due e Napoli uno. Sarri urla uguale, non fa differenze di ceto. La prima parte si è concentrata sul lavoro di sinistra, la seconda invece sposta l’attenzione dall’altro lato. Cambia poco, anzi nulla: distanze minime, portiere sempre alto a lavorare da ultimo difensore che può usare pure le mani. Se e quando il pallone arriva a premiare l’inserimento dell’attaccante, lo scalo immediato è del secondo centrale.

Pochi secondi dopo, l’intero gruppo si ricompone a centrocampo. Nel frattempo, gli altri calciatori di movimento hanno lavorato di fronte alla tribuna stampa, dal lato lungo della pista d’atletica. Hanno corso un bel po’, vengono richiamati per la “solita” esercitazione su pressing e ripartenze mentre i difensori prendono il loro posto sul tartan rosso a righe bianche: palla giocata bassa dal portiere sui preparatori, che la “buttano” consegnandola ai mediani di chi offende. Il gioco, a questo punto, è carta conosciuta per chi legge i nostri report: dal centromediano all’attaccante che fa perno, palla appoggiata sull’inserimento dei mediani e poi attacco alla porta. Di gruppo, come al solito. A un certo punto, succede una cosa bella, bellissima, un orgasmo tattico: i due esterni si incrociano alla prima punta, creano un tourbillon di movimenti. Callejon, Dumitru, Gabbiadini. Oggi, la fase conclusiva è soprattutto loro, meno inserimenti da dietro. La palla viaggia veloce, e il bello è che non si sa dove finisce. Non si sa chi tira in porta. Forse è l’unica cosa incerta che si è vista finora nelle tattiche di Sarri provate e riprovate in Trentino. Un errore di misura nel passaggio permette alla squadra di rispolverare gli inserimenti da dietro, che oggi sono diventati improvvisamente anacronistici. Sarri urla spesso, diciamo sempre. Soprattutto due cose: “Ora!”, per dare il tempo; “Velocità!”, per far capire che tempo bisogna dare.

L’allenamento continua con un bel gruppetto di uomini che tirano appena da fuori area. In porta c’è Sepe. Dezi indovina il sette, poi ci riprova subito dopo e quasi colpisce il drone che riprende dall’alto anche questa fase oggettivamente poco interessante della seduta. Una via di mezzo non sarebbe male. Poi, si continua ancora. Sono le 11.28, il Napoli lavora in pratica da due ore. Niente di clamorosamente sfiancante, ma l’orario è indicativo. Dice tanto. Un torello a centrocampo, i difensori che si allenano in un must del gioco di Sarri: il cambio di gioco in uscita dal pressing avversario. Le sventagliate, secondo il gergo dei telecronisti d’antan. Ghoulam ne prova qualcuna di destro. Come dire: passi in avanti.

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