La storia d’amore del club partenopeo con la località in provincia di Lucca: da Chiappella a Pesaola passando per Vinicio
Per ora il primato resiste ancora, Il Ciocco batte Dimaro 7 a 6. Certo, viste le premesse, l’anno prossimo ci sarà il pareggio e forse, se non subentreranno elementi legati alla scaramanzia, per il campionato 2018-9 l’eventuale sorpasso. Solo allora potremmo dire che la località scelta negli ultimi anni dal Napoli di De Laurentiis avrà superato un baluardo nella storia dei ritiri degli azzurri. Sette anni e tre allenatori, Chiappella, Vinicio e Pesaola scelsero la località vicino Lucca per la preparazione precampionato della squadra, a seicento chilometri dalla città. La storia del Ciocco e il suo sviluppo sono legati a quello del Napoli perchè all’inizio degli anni ’70 la struttura non offriva molto, un pò come la Castelvolturno di dodici anni fa, quando la sede degli azzurri era probabilmente solo un’idea della famiglia De Laurentiis.
Ferlaino scelse la località toscana dopo la non brillantissima esperienza fatta all’estero, a Coira in Svizzera, durante il suo primo anno da presidente. Nell’estate del 1970, con una squadra di vecchietti come Sormani, Altafini e Hamrin, Chiappella fece un sopralluogo nelle zone intorno a Barga e scelse questa tenuta chiamata Il Ciocco, 700 metri sul livello del mare. All’inizio la struttura non dava molte garanzie, ci si doveva arrangiare poichè il campo non era ancora finito e gli azzurri dovevano andare a Gallicano per gli allenamenti. Nonostante questo, l’esodo dei giornalisti al seguito si spostò fino a Castelvecchio Pascoli, una frazione del comune di Barga lì, dove “volava una rondine al tetto” e dove c’è la casa-museo del poeta “fanciullino”. La squadra era sempre accolta con un enorme striscione, all’inizio del paese, che recitava “Castelvecchio Pascoli saluta il Napoli”. Buona stagione, terzo posto, la scaramanzia dice di riprovarci. L’anno dopo le condizioni per allenarsi e per effettuare una efficace preparazione crescevano sempre di più mentre il Napoli, con gli acquisti di Macchi, Perego e Martella, non andò oltre l’ottavo posto. Beppe Chiappella era un uomo buono ma testardo, gli piaceva quel posto e per il terzo anno consecutivo, il 1972, scelse ancora Il Ciocco. In effetti i cinquecento ettari della tenuta, una delle più belle della Garfagnana, con il sapore rustico della natura, con il suo buon cibo, il clima ovattato della residenza dei calciatori ed i suoi dintorni, ne fanno un centro turistico-alberghiero ideale per un ritiro precampionato. Fu la sua ultima stagione alla guida degli azzurri ma il complesso alberghiero cresceva, le comodità erano aumentate, finalmente non ci si doveva più spostare e lasciare la tenuta per fare gli allenamenti. Il campionato purtroppo non fu esaltante ma quell’anno a sudare in Toscana c’erano quattro pilastri del futuro Napoli all’olandese, ovvero Bruscolotti, Vavassori, Carmignani ed Esposito.
Intanto in società si parla sempre meglio e bene di quel luogo, la riconferma appare scontata. C’era un “ma”, c’era la rigidità del sergente di ferro Vinicio che era subentrato a Beppone il “milanese” per costruire il Napoli delle meraviglie. Luis Vinicio firma il contratto e subito pretende di farsi accompagnare nella sede del ritiro, vuole constatare la struttura di persona. Detto fatto, il tecnico brasiliano dà il suo assenso, Napoli ancora al Ciocco, il ritiro è confermato. È qua che nasce la squadra che fece sognare i napoletani, grazie anche ai nuovi acquisti Clerici, Braglia ed Orlandini. Nel 1974 la situazione si capovolge e mentre Luis tiene in pugno la squadra e sa che i calciatori lo seguirebbero anche all’inferno, è la società che inizia ad avere delle perplessità sul Ciocco. Il perché è presto detto. Intorno alla struttura comincia una vita mondana, con la piscina ed un night club che fanno un pp’ il verso alla Bussola e a luoghi non distanti come Camaiore, Viareggio e Forte dei Marmi. Pare, infatti, che al mattino ci fosse un bel gruppo di persone che saliva su per fare il bagno in piscina mentre la sera, al ritmo della nascente disco-music, anche il night era aperto fino a tarda notte. Insomma, le tentazioni. Vinicio, però, vigila, non teme colpi di testa dei giocatori e dice papale papale a Ferlaino “Si torna allo stesso posto”. Evidentemente stava crescendo al consapevolezza che quel Napoli non l’avrebbe fermato nemmeno la vita da… night. La preparazione è eccezionale, Burgnich è letteralmente innamorato dei metodi di “O’ lione”, sarà una stagione straordinaria, il Napoli contenderà lo scudetto alla Juventus fino al fine. Sappiamo tutti poi come è andata. Alla metà della decade le speranze si mischiano alle convinzioni, la società crede di migliorare il piazzamento d’onore dell’anno precedente. Il Ciocco, dove andare altrimenti? Sì, ci sarà una vittoria stavolta, ma sarà quella della Coppa Italia. Rottura tra Vinicio e la squadra, qualcosa si incrina, la stagione la portano in fondo una strana coppia, Rivellino e Delfrati che alzano la Coppa a Roma.
E veniamo alla mesta chiusura di una storia d’amore che, come la legge dura del matrimonio,va in crisi al settimo anno. Il dopo Vinicio si chiama Pesaola. Il tecnico argentino stavolta non mette lingua, trova già confermato il romitaggio anche se avrebbe preferito Abbadia San Salvatore, la località ai piedi del Monte Amiata che tanto gli era piaciuta negli anni del boom. Alla fine il Napoli divorzierà dal Ciocco perché, come un marito ferito, vide la stagione falcidiata da infortuni, subì la grossa delusione della semifinale di Coppa delle Coppe con l’Anderlecht e perse le due ultime partite a tavolino. Qualcosa si era rotto, il feeling magico col Ciocco si spense all’improvviso, come una candela al vento. Fu sufficiente questo per dire ‘basta’ e ricominciare da Bressanone con Di Marzio l’anno successivo.
Foto archivio Morgera