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Romanzo napolista / Attila Sallustro disse: «Senza pazienza, nessuna gloria»

Proseguono le avventure del portiere Orson tra il presidente Onassis e una fronda interna alla Dinamis.

Romanzo napolista / Attila Sallustro disse: «Senza pazienza, nessuna gloria»
Attila Sallustro in una foto d’epoca con la mitica Balilla

Ormai quello lì si è fottuto il cervello! – urlò il portiere in seconda Kostas quando, dopo aver perso per sei a due, la maggior parte dei calciatori del Dinamis, compresa la roccia Castano, era già fuggita dal campo di gioco, senza neanche passare dagli spogliatoi assediati da tifosi e nullafacenti inferociti.

Kostas da sette anni era il vice di Castano e in quell’eternità aveva messo insieme solo tredici presenze da titolare, di cui ben dodici nella malfamata coppa intersociale. In campionato Kostas aveva esordito da titolare solamente nella prima partita di quella stagione fatale, in una domenica di settembre in cui Orson, che ormai i dirigenti additavano ad esempio per le nuove leve, era stato mandato da Onassis a Patrasso per controllare in sua vece lo scarico di una bagnarola con quattrocento casse di Jack Daniel’s contraffatto, che il presidente aveva ordinato a degli amici italiani. Quest’anno esordirai con una settimana di ritardo! – gli fece il presidente – Domenica inizia il campionato, ma tu andrai per me a Patrasso per un affare. Devono arrivare degli amici dall’Italia e se le cose non vanno per il verso giusto, qui per almeno un mese nessuno vedrà una dracma, te compreso. Mi servi tu, col tuo cognome straniero, i miei amici saranno più gentili quando vedranno che Onassis ha mandato un bastardo mezzo italiano! E tu raccontaglielo che sei un gran portiere, magari sfidali, portati i guantoni, un pallone loro ce l’avranno di sicuro, gli italiani un pallone ce l’hanno sempre appresso, perdono sempre la testa per queste stronzate!

Quel giorno Castano partì con una macchina messa a disposizione da Onassis e nel cruscotto ripose i guantoni e due bottiglie di ouzo. Tutto filò liscio, il whiskey fu trasbordato e avviato verso qualche deposito del presidente, ma Castano, su un molo sudicio, aveva delimitato una porta quasi regolamentare con degli stracci sfidando apertamente gli italiani e si fece infilare dieci rigori consecutivi da quei contrabbandieri ubriachi che tiravano di punta o a piedi nudi. Quando i diportisti si ritennero soddisfatti, quello che tra di loro sembrava il capo andò da Orson e gli disse: “Sarà che sei mezzo greco, ma in porta sei più lento di un bufalo!” Poi recuperarono il pallone e offrirono al portiere del whiskey. Orson disse che quella roba gli faceva schifo e andò a prendere l’ouzo. Quando videro cosa beveva, uno degli italiani esclamò: “Onassis ha fatto la scena, se quello beve ouzo vuol dire che è greco fino al culo!” Poi se ne andarono, incuranti del poverino che, rientrando in porta, urlava di essere il portiere del Football Dinamis e che quel pallone italiano era più fuorilegge del loro whiskey.

In quelle stesse ore il suo vice Kostas, con il numero uno di Orson sulla schiena, fece la migliore partita della sua oscura carriera. Quel giorno il Dinamis ospitava la temuta compagine del Neaniai Faros e Kostas all’ottantesimo, a reti ancora inviolate, parò un rigore calciato lento a mezz’aria e diventò di diritto l’eroe della giornata. Benché avesse solo un anno meno di Orson, l’eterno numero dodici pensò che almeno per altri sette anni l’indiscusso titolare sarebbe stato lui.

A tarda notte Castano, appena rientrato, andò a bussare alla porta del vice per sapere com’era andata la partita. Kostas stava ancora cantando e bevendo con alcuni compagni di squadra e, quando vide l’indiscusso numero uno, iniziò a raccontargli la partita accompagnando le parole con orgogliosi volteggi delle braccia. Lungo disteso su un divano, ronfando duramente, c’era addirittura il vecchio Tetrakis, che aveva voluto congratularsi personalmente con Kostas per la parata che aveva salvato il Dinamis. Ad Orson bastò vedere il corpo flaccido di Tetrakis per sentire una gran puzza di fronda. Puntò il dito su Kostas ed esclamò: “Oggi ci hai dato un punto, ma da queste parti c’è un solo numero uno e non sei tu!” Poi, voltandosi verso Tetrakis, che aveva una forchetta in mano e russava con la faccia affondata in un cuscino, aggiunse: “Quanto a questo lavativo, ha approfittato del mio primo giorno di assenza per tornare a cacciare il naso negli affari del Dinamis! Questo mollaccione mi tolse il saluto per un ridicolo incidente in cui ebbi la sola colpa di inventarmi a freddo un modo per rimetterlo in piedi, e allora molti di voi erano ancora dei mocciosi. Se sta tramando qualcosa contro di me, parlerò con Onassis delle contromisure da prendere”. Bastarono queste parole perché l’euforia di Kostas evaporasse alla stessa velocità con cui era montata, nell’attimo seguito alla memorabile parata. Orson lesse negli occhi del numero dodici una spontanea subordinazione e in silenzio fece per uscire. Ehi Castano! – gli urlò dietro il numero nove Dinatos – Com’è andata a Patrasso con gli italiani? Tutto liscio – rispose Orson con la voce seccata – gli stipendi sono arrivati. Quando il numero uno era già in strada, Kostas affondò lo sguardo nel suo bicchiere di acquavite e biascicò: “Questa domenica è finita”.

Kyros Kostas era un portierino alto almeno una spanna meno di Orson, ma in fondo nello spogliatoio tutti sapevano che tra i due portieri le differenze erano tutt’altro che abissali. Se negli ultimi sette anni la numero uno aveva continuato a stare sulle spalle di Castano era perché a lui, e non a Kostas, era stata affidata al momento giusto una maggiore responsabilità, era semplicemente andata così, e col passare degli anni Orson si era sempre più consolidato nella certezza di essere il migliore, come il suo vice in quella di essere sabotato. Ma dopo quel vergognoso sei a due casalingo contro i presuntuosissimi neopromossi della Palestra Roda, mandato giù a freddo dopo la pausa natalizia, Kostas decise che la misura era colma.

Mister! – andò a lamentarsi a casa dell’allenatore dopo una notte di insonnia – Castano non può essere tollerato oltre per il solo fatto che da dieci stagioni difende la nostra porta, che inoltre è rimasta lo stesso colabrodo di sempre. Le chiedo ufficialmente di essere promosso titolare a stagione in corso, occorre darsi una mossa, siamo ancora nel girone d’andata e già rischiamo di retrocedere. Cosa ti fa pensare che con te la nostra porta diventerebbe una colata di cemento? – chiese serafico La Cruz, stropicciandosi gli angoli interni degli occhi. Non dico che con me il Dinamis non subirebbe più gol, ma sicuramente penso di poter garantire alla mia squadra più pareggi campali che sconfitte vergognose come quella di oggi! – affermò Kostas con grande alterigia. Pareggi campali? – ribatté il mister – E perché non vittorie, quand’anche risicate? Per le vittorie – aggiunse Kostas, molto serio – bisogna che lei parli con Dinatos, mister! Si sarà accorto che il nostro centravanti ha fatto il suo ultimo gol più di due mesi fa, guarda caso il giorno prima di sposare la figlia del pasticciere! Effettivamente Dinatos è molto lento e involuto da un po’… – ragionò il mister – …ma io predico pazienza. Il Dinamis – insisté Kostas – ha bisogno di un buon portiere e di un buon goleador, io le propongo di allertare Onassis per cacciare Castano e far chiudere la pasticceria! Via di qui, Kostas! – lo liquidò l’allenatore – La squadra la faccio io e se continui a parlare in questo modo Onassis lo allerto solo per te e poi bada bene: senza pazienza, nessuna gloria. Queste parole me le disse Attila Sallustro, mica uno stronzo qualsiasi.

E Kostas se ne andò via, masticando la netta, desolante sensazione che la sua carriera sarebbe finita molto prima della pazienza del mister. (3-continua)

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