Bollata come una carnevalata, la risposta di De Laurentiis produce il calcio che ci esalta. Una cialtroneria tra molte cialtronerie.
Il presidente scrive una lettera di risposta al clan del Gerardo argentino che tanti condannano come una autentica carnevalata. Per solleticare il pubblico – che accorre numeroso in questi giorni ai botteghini per gli abbonamenti, come di consueto – pare abbia scomodato addirittura la Resistenza napoletana ai nazisti, piegando la storia nobile della città alle proprie bieche necessità economiche.
Penso a quelle centinaia di scolaresche che gli insegnanti mandano in gita d’istruzione al Colosseo, a Roma, che oggi l’Unesco ritiene patrimonio dell’umanità e inarrivabile simbolo d’ingegno, costruito da stirpi di spietati ricchi imperatori politicizzati che vi lasciavano dilaniare uomini da bestie feroci ad ora di pranzo per dilettate i ceti abbienti; oppure a Dostojevski che scriveva i più straordinari romanzi della storia della letteratura solo per porre fine all’emorragia finanziaria causata dai suoi folli debiti contratti al gioco.
Ad immaginare l’arte figlia della pura virtù sono rimaste solo le candide educande delle città di provincia. L’arte ha origine nel sordido, da sempre. È la storia di mercenari che cercano ricchezza e mecenati che gliela concedono per gestire consenso. Nel mentre, quasi come un involontario effetto collaterale, questi uomini ci lasciano in affido l’arte, le squadre di Champions, trentasei reti, e tanta altra roba di cui noi fortunati paganti possiamo fruire e discutere quotidianamente. A noi questo compete: pagare, e molto, per goderne.
Quella di De Laurentiis è stata una cialtroneria tra molte cialtronerie. La sua non è priva di fini, però, perché produce il calcio che ci esalta. E nel calcio ciascuno difende la propria, di cialtroneria.