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Ora i tifosi del Napoli sono tutti avvocati d’affari ed esperti di moda

Il papponismo 2.0: le critiche dei tifosi del Napoli alla gestione De Laurentiis non si limitano più al calciomercato, riguardano anche maglia e bilanci.

Ora i tifosi del Napoli sono tutti avvocati d’affari ed esperti di moda
Maglia del Napoli

Ogni anno, durante i circa tre mesi che separano la fine del campionato dall’inizio di quello successivo, la Napoli che parla di calcio (quasi tutta, a dire il vero) si cimenta con le tematiche estive. Il calciomercato, innanzitutto. Sui giornali fioccano trattative vere e presunte, idee, ipotesi e provocazioni. Nei bar (e nei bar 2.0 che sono i social network) nessuno si fa trovare impreparato. Che si parli di un centrocampista dell’Udinese, di un terzino che ha giocato in Russia o di una giovane promessa paraguaiana, il giudizio è sempre pronto e quasi mai positivo. Di solito non fa per noi, costa troppo, costa troppo poco, non è adatto al modulo di Sarri, è lo scarto di qualche altra squadra, etc. etc. Fin qui, tutto normale. Siamo una tifoseria esigente e competente. Poco importa se l’esperienza dovrebbe averci insegnato che quasi mai chi non è arrivato era davvero indispensabile (a solo titolo di esempio cito le tragedie che vennero inscenate quando la Roma prese Bastos al posto nostro. Bastos!), durante la campagna acquisti l’imperativo e comprare.

Da quando alla presidenza del Napoli c’è De Laurentiis le estati si sono fatte più difficili. Prima ci dovevamo preoccupare solo di tecnica e tattica, ma da quando è arrivato il capo della Filmauro, le conoscenze strettamente calcistiche non sono state più sufficienti.
Poco male, in men che non si dica abbiamo acquisito un know how degno dei migliori studi legali europei. Così, tra un caffè in tazza fredda e un latte macchiato, tra un like e una condivisione, snoccioliamo complesse analisi finanziarie sui bilanci degli ultimi 5 anni, disquisiamo di plusvalenze come se non avessimo mai fatto altro in vita nostra, siamo diventati esperti di diritti di immagine, di contrattualistica e di fund raising. Il fil rouge è, di fondo, che il presidente non vuole vincere, ma non ci accontentiamo di affermazioni apodittiche, siamo disposti a scendere sul campo scelto da De Laurentiis e lo sfidiamo sui suoi argomenti. La stampa ci dà una mano, per fortuna. Da un mese a questa parte non passa giorno senza che ci vengano riportati i rifiuti di chiunque, da Lapadula in su, senza dimenticare le esternazioni dei procuratori e dei familiari dei nostri giocatori. Non è mancato il servizio sui soli 11 tifosi che hanno accolto il raduno della squadra a Castelvolturno (meno rilievo ai 30.000 presenti a Dimaro, ma vabbè).
La realtà è che sinora il Napoli ha acquistato Tonelli e non ha venduto nessuno, ma nell’immaginario collettivo si profila una stagione disastrosa, come se non partissimo dalla squadra che l’anno scorso è arrivata seconda stracciando molti dei record storici dei Napoli (per tacere del record assoluto di Higuain).
Il livello della polemica tra tifosi e società è dunque altissimo e nello scorso fine settimana si è nutrito di un nuovo e, almeno per me, inaspettato elemento: la maglia. Forse è venuto meno l’ultimo baluardo del tifoso doc, quel “solo la maglia” che impera negli striscioni e nei cori ultras da qualche anno a questa parte.
Solo la maglia, sì, ma la maglia che piace a noi, come la disegneremmo noi.
Complice, forse, la improvvisa vocazione modaiola della città, folgorata dalla venuta di Dolce & Gabbana, dopo la presentazione della divisa 2016/2017 si è scatenato il putiferio.
“Troppo aderente.”
“Cafonissimo il nuovo sponsor Kimbo.”
“Troppi loghi della “Kappa” sul modello a maniche lunghe.”
“Sembra una maglia della salute con lo stemma appiccicato.”
“Acqua, pasta e caffè (con riferimento agli sponsor), forse il presidente parlava di un supermercato, non del calciomercato.”
Nel papponismo generale nasce così la corrente “moda & design”. E siamo solo agli inizi di luglio.
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