Un’analisi dell’Economist e di Calcio&Finanza sull’incidenza del nuovo faraonico contratto sul rapporto di forza tra i club ricchi (del Sud) e quelli provenienti dalle zone in crisi economica.
Luciano De Crescenzo sosteneva che «si è sempre meridionali di qualcuno». In questo caso, però, il rapporto è invertito. Siamo in Inghilterra, e qui lo scarto socio-economico si ribalta: da una parte il ricco e opulento sud, dall’altra il Nord, una zona in forte crisi economica. E pure sportiva, basta leggere i nomi delle squadre: il Newcastle retrocesso lo scorso anno, oppure il Leeds, ad esempio, che manca in Premier League dal 2004. Solo due club su venti provengono dalla zona settentrionale del Paese: Sunderland e Middlesbrough, mentre bisogna scendere fin sotto Manchester e Liverpool per trovare altre espressioni di zone in crisi economica.
Il divario è stato analizzato dall’Economist in edicola questa settimana, l’ha ripreso e ampliato Calcio&Finanza: «Nella stagione 2014-2015 il Sunderland aveva la sesta media spettatori più alta della Premier, ma la squadra era solo quindicesima per quanto riguarda il fatturato. Il Chelsea, con una media più bassa, è riuscito a fatturare per sei volte l’incasso del matchday dei Black Cats». Questa disuguaglianza, però, potrà essere in qualche modo superata o comunque appianata grazie al nuovo contratto riferito ai diritti televisivi, che da quest’anno distribuirà circa 7 miliardi di euro ai club di Premier. «Il nuovo accordo sui diritti televisivi – si legge – che entrerà in vigore in questa stagione è così remunerativo che l’incidenza del match day nel fatturato delle squadre diminuirà significativamente, aiutando i team che giocano nelle zone più povere dell’Inghilterra a riprendersi. Anche e soprattutto dal punto di vista sportivo». Una simulazione di Calcio&Finanza basata sul nuovo accordo e sulla proiezione dei risultati dello scorso anno ci dice che il Sunderland avrebbe guadagnato 126 milioni di euro. Così, appunto, il gap diminuisce. A favore della competitività.