Cronaca dell’ultima amichevole del Napoli: inizio negativo, poi il Napoli si ritrova. Ed è uno spettacolo.
C’è un sole intermittente a Berlino, forse agosto e l’estate ci sono anche qui. Esistono, pure in un luogo da cui non te l’aspetteresti mai. C’è il Napoli, e c’è anche un campo verde e un pallone. Che sollievo. Manca la maglia azzurra, però: l’Hertha Berlino indossa un kit a strisce bianche e blu, sia la prima che la seconda divisa del club partenopeo farebbero contrasto. C’è l’esordio del total black. Ci ricorda che il calciomercato è ancora in corso, forse.
Per capire come comincia la partita, basta pensare a un Napoli classico, consueto, per atteggiamento e schieramento. Con i tempi dilatati, però. Anzi, raddoppiati. La squadra rispetta i soliti schemi e le solite distanze, ma la ripartenza e l’impostazione non sono veloci. I ritmi della squadra di Sarri non sono quelli della squadra di Sarri: la manovra non riesce a ripartire, l’avvio con buona velocità dei tedeschi contribuisce a derubricare come “nera” la prima parte di gara. Al di là del colore della maglia.
Le prime due-tre azioni sono tutte degli uomini di Dardai, che praticano un gioco veloce con baricentro alto. Spesso, finisce quindi che le due squadre siano racchiuse in una porzione di campo molto ristretta. Un po’ come nelle partitelle di Dimaro, quando Sarri chiudeva il campo. Solo che questa volta il Napoli non riesce a raggiungere quei ritmi. E allota finisce che l’Hertha mette insieme due o tre occasioni potenziali nei primi dieci minuti, Reina controlla male un cross e regala un angolo. Finisce che dal corner, colpo di testa pericoloso e risposta del portiere spagnolo, poi passano pochi secondi e un tiro dal limite sibila alla destra di Reina. Finisce poi che i tedeschi vadano in vantaggio, pure meritatamente. Errore di concentrazione di Ghoulam su una palla filtrante, Ibisevic se la ritrova davanti che nemmeno se l’aspetta e batte Reina in diagonale. No, non è il solito Napoli.
Primo gol subito in questa preseason, e la sensazione netta che qualcosa non vada. Che non funzioni la testa, e che quindi l’unico responso (finora) sempre positivo da questa stagione stia per tradirti, anche e addirittura lui. Poi, il lampo che cambia la storia: a dieci dalla fine del primo tempo, calcio d’angolo. Il fatto che sia il primo della partita azzurra dice tanto, forse tutto. Palla giocata corta, cross di Hysaj e deviazione di mezzo tacco di Hamsik. Non entrerà nella storia come Mancini a Parma (Roberto) o nel derby di Roma (Amantino), ma è il miglior modo possibile per riscrivere un’amichevole estiva in un periodo di feroci polemiche. Di portare di nuovo l’attenzione sul fatto che il Napoli sia una squadra che, al di là dell’organico e dei giocatori che lo compongono, ha una sola certezza: gioca bene. Non te ne sei accorto in un primo tempo interlocutorio, molle, moscio. Tutto cambia da questo gol in poi, e alla fine della ripresa ti ritroverai a chiederti cosa sia successo.
Intanto, prima cosa: entrano Milik e Zielinski. Più Sepe, che subentra a Reina. Interessante l’esperimento della coppia di mezzali “offensive”, Hamsik-Zielinski ai lati di Valdifiori. Un trio di piedi buoni, per cercare di far ripartire l’azione attraverso tre teste offensive. Il Napoli si trasforma: è subito diverso, più verticale. Gran palla di Insigne, nello spazio, per il solito, splendido taglio di Callejon. La prima volta, il controllo con dribbling incorporato sul portiere è sbagliato. Poco dopo, altro taglio. Il secondo. La palla viene lanciata da Valdifiori, ed è uno spettacolo. Callejon è in posizione regolare, alle spalle della difesa. E ha già sbagliato prima, quindi ora non può andare così. Quindi segna. Il Napoli è questo.
Anzi, è diverso. Perché i movimenti a tergicristallo di Milik, che scende molto a giocare palla, sono team-oriented. Sono un lavoro perché la squadra segni, non per crearsi in autonomia i migliori presupposti per segnare da solo. Non è una critica a chi è andato via, che così ne ha fatti 36 e ha e avrà sempre ragione. È una cosa diversa, ma neanche tanto. Perché il gol subito dopo è proprio di Milik: il tocco in verticale, l’assist, è di Mertens. Il sostituto di un Insigne prima evanescente, poi più presente. Male, invece, Gabbiadini. Giusto il suo cambio. Perdonateci la digressione, vero, c’è il gol di Milik: il tiro, dopo il movimento, è quello che è. Sporco e fortunato. Ma il concetto che sta dietro questo gol è bellissimo, perché c’è lo studio e l’applicazione di uno schema. C’è un movimento che l’asseconda, dal punto di vista mentale e fisico. Milik corre veloce, si fa trovare pronto. Il gol è solo una bellissima conseguenza di tutto questo. Sarri, a occhio, dovrebbe essere felice di tutto questo.
La partita è finita, in realtà. L’Hertha ha tirato i remi in barca, il Napoli non subisce se non su errori tecnici, controlli o appoggi. I ritmi difensivi e di pressing sono tornati quelli soliti, alti ed ossessivi. Nel secondo tempo, abbiamo visto la solita squadra dominante. Possiamo dirlo, anche perché il risultato diventa rotondo: 1-4, con Milik che restituisce il favore a Mertens e il belga che onora questo appoggio con un bellissimo pallonetto a scavalcare il portiere tedesco.
Il triplice fischio è una sentenza. Il Napoli è una grande squadra, capace di vincere una partita iniziata malissimo. Capace di rientrare nella ripresa completamente trasformato, di stracciare un avversario che è arrivato sesto in Bundesliga e giocherà l’Europa League. Con la forza della manovra e della condizione fisica, con la capacità di comandare e orientare il gioco. E di farlo bene dopo un inizio difficile, soprattutto dal punto di vista del ritmo. Tra i calciatori, oltre ai goleador, da segnalare l’ottimo inserimento di Zielinski e il buon lavoro di Valdifiori nella ripresa. Hamsik molto presente nel primo tempo.
Capisci che bisogna essere fiduciosi nel Napoli quando al 91esimo senti Maurizio Sarri urlare forte “Cinque! Cinque!”. C’era un calcio di punizione o un calcio d’angolo per l’Hertha, chi scrive nemmeno si ricorda. La partita era già finita. Forse era uno schema, forse era il numero dei calciatori da piazzare in area per marcare, ovviamente a zona. In ogni caso, è attenzione. È lavoro. È campo. Quello che serve a questa squadra, il luogo in cui questa squadra sta meglio. E in cui ha messo insieme 31 gol fatti e uno solo subito in sei partite. Vedremo se basteranno queste ottime premesse per presentare una squadra che riesca a fare bene.