I rossoneri arrivano al San Paolo in un momento difficilissimo, in cui cercano una nuova identità. In società, ma anche nel gioco.

E allora, Napoli-Milan. Una partita per cui e di cui Sarri si è detto, anche se non apertamente, preoccupato. Lo capisci dai suoi continui rimandi all’identità di gioco dei rossoneri, una cosa che per lui conta molto. E che ha riscontrato in queste prime uscite della nuova avventura di Vincenzo Montella, approdato a Milanello dopo una carriera anomala: prima il grande lancio alla Roma, da novello aspirante Guardiola; ecco Catania e dopo Firenze, in un’escalation promettente di gioco e risultati senza però l’affermazione definitiva. Poi Genova sponda Samp, un apparente passo indietro. E infine la grande occasione, anche se in un Milan in transizione. In società, soprattutto, ma anche sul campo.
Perché se l’anno scorso si è provato a dare una svolta attraverso l’arrivo di Sinisa Mihajlovic, uno che fa dell’intensità e del controllo degli spazi il suo credo, scegliere Montella vuol dire prendere esattamente la strada opposta. Quella della gestione del pallone e della partita attraverso il possesso. Tutta roba che si è vista bene, anzi benissimo, nelle esperienze precedenti dell’ex Aeroplanino: a Catania e soprattutto a Firenze, in un contesto che ama il bel calcio e che con Montella aveva trovato un feeling apparentemente perfetto. Poi, qualcosa si è rotto. Nonostante tre ottime stagioni, nonostante la semifinale di Europa League e la finale di Coppa Italia (persa proprio con il Napoli, il 3 maggio del 2014).
Il down del tecnico di Pomigliano è durato solo un anno, in una Samp che non era palesemente costruita per giocare così. Anche il Milan, almeno in questa sua prima versione, sembra lontanissimo dalle idee di Montella: nella prima uscita ufficiale, un tecnico che ama il palleggio è stato costretto a schierare a centrocampo, Bonaventura, Kucka e Montolivo. Cioè, nell’ordine: un cursore, un mezzo incontrista e un solo calciatore veramente in grado di gestire il pallone con eleganza. Per questo, forse, il Milan ha cercato per tutto il tempo del calciomercato un centrocampista in grado di riempire questo vuoto tecnico. Si era parlato, non a caso quindi, di Rog e Diawara. Per questo, alla fine, sono arrivati José Sosa Mario Pasalic. Ovvero, due centrocampisti di possesso. Ma anche due classici giocatori alla Milan degli ultimi anni: il primo è un centrocampista che si adatterebbe pure al gioco di Montella, ma che non ha lasciato bei ricordi né in Italia (proprio al Napoli), né tantomeno in Germania o Spagna; il secondo è invece il solito giovane con qualità riconosciute, in prestito da una grande squadra (Chelsea, in questo caso) ma reduce da esperienze non esaltanti. E preso per sperare in un inserimento graduale all’interno dei meccanismi.
Non è un buon momento storico, per il Milan, e lo capisci dal resto della sua campagna acquisti: Lapadula, Gomez, oltre ai rientri dai prestiti. Il primo lo conosciamo bene anche se non l’abbiamo mai visto, è stato nel mirino del Napoli e poi ha scelto il club rossonero. Con cui, a scanso di equivoci, non ha giocato neanche un minuto (9 milioni di euro al Pescara, si parla già di un suo addio). Il secondo, invece, dovrebbe fare il suo esordio proprio a Napoli vista la contemporanea assenza di Zapata e Paletta, gli altri due centrali in organico. Paraguaiano, proveniente dal Lanus, è stato definito da Montella come «un calciatore sempre attento, veloce e concentrato». Fosse vero, un perfetto complemento per l’altro centrale Romagnoli, colpo di mercato dello scorso anno finito nel tritacarne di una stagione negativa per tutto l’ambiente rossonero, che ha vissuto l’inspiegabile cacciata di Mihajlovic con il Milan a ridosso dell’Europa League e ha finito per perdere (con Brocchi), come si dice, Filippo e ‘o panaro. Ovvero, la qualificazione alla seconda competizione europea e pure la finale di Coppa Italia.
Il resto sono Gigio Donnarumma e Carlos Bacca. Ovvero, i due migliori calciatori a disposizione di Montella per valore assoluto. E fa specie che un club come il Milan debba rifugiarsi in un portiere diciassettenne, sia a livello di carisma e importanza nell’organico che di valore sul campo. Senza il portiere di Castellammare, infatti, la tripletta del colombiano contro il Torino avrebbe fruttato solo un pareggio. E invece il Milan ha aperto con un successo la sua stagione, e Bacca ha ribadito di essere attaccante vero. Si era parlato di Napoli, per lui, ma alla fine non se n’è fatto nulla: qualcuno sussurra sia stata “colpa” di Sarri, che ne ha bocciato le caratteristiche da finalizzatore e basta. Il Napoli, secondo i rumors, avrebbe in qualche modo adescato il colombiano e il club rossonero con un’offerta da 30 milioni, ma si è poi tirato indietro. Per Icardi, chissà. Anche perché il Milan avrebbe voluto cederlo, il calciatore, e lo leggi nelle cronache di inizio estate e in un passaggio al West Ham dato per fatto e poi saltato all’improvviso. In ogni caso, al momento l’ex Siviglia è un mezzo rimpianto del Napoli. Poteva essere un acquisto fatto e sicuro, e invece siamo ancora con un Gabbiadini fuori contesto. Certo, noi avremmo preferito Icardi e Cavani, forse preferiremmo Kalinic. Mancando i primi tre, manca pure il quarto nome: Bacca, appunto. Forse, è un peccato. Vedremo al 31 agosto, e pure domani sera. Dal vivo, al San Paolo.
Lo stadio in cui, vuoi o non vuoi, arriverà uno degli ultimi Milan di Berlusconi. Una squadra rattoppata, in attesa di passare nelle mani del gruppo cinese che ne ha rilevato le quote. Che proverà a giocarsela con un’identità ben definita, almeno quella. Una roba diversa da quella di Mihajlovic, più confacente alle esigenze della vecchia proprietà: possesso, gioco a viso (quasi) aperto e sulle fasce, soprattutto la sinistra. Di converso, però, anche un’attenzione difensiva non proprio altissima e quindi una propensione all’errore che potrebbe fare al caso del Napoli. Di cui Montella, allenatore che ha sottolineato come «l’obiettivo di quest’anno è la qualificazione all’Europa League», è consapevole. Il Milan è in transizione, da qualsiasi punto lo si guardi. Viene a Fuorigrotta senza molto da perdere, un peso che è tutto sulle spalle del Napoli. Che però, è semplicemente più forte. E deve far valere questo. Anche se non sarà facile. Sarri lo sa, l’ha detto. Ci pare un buon punto di partenza, dopo l’inizio horror di Pescara.