Giocherà quasi sicuramente Gabbiadini ma la partita per lui rischia di essere già decisiva. L’altro ballottaggio è tra Mertens e Insigne.
Parliamo di calcio. Di quello giocato col pallone, non con le parole. Di Pescara-Napoli che si approssima, che vale tre punti e che nel caso venisse fallita significherebbe rincorrere, da subito, chi invece vincerà. Quindi, match e tre punti da portare a casa. Con due dubbi di formazione grossi, eppure molto diversi. Il Napoli dello scorso anno, per il momento, è confermato per un’oscillazione che va dai dieci agli undici undicesimi: le lotte per una maglia all’Adriatico sono e saranno tra Insigne e Mertens e tra Gabbiadini e Milik. Spieghiamo perché si tratta di ballottaggi diversi: il primo è tra due certezze assolute, e nasce da una sana concorrenza interna che siamo abituati a considerare e che per questo match si nutre di dinamiche di campo ma anche “umane” e di mercato, con il rinnovo di Lorenzo in stallo e l’offerta (sempre che sia vera) di 55 milioni proveniente dall’Inter. Insomma, una sfida per una maglia da titolare che non è circoscritta e significa poco.
Gabbiadini-Milik, invece, è un’altra cosa. Si comincerà a decidere già dai 90 minuti dell’Adriatico chi sarà “il centravanti del Napoli” e come verrà gestito il dualismo tra il calciatore bergamasco e il suo concorrente polacco. Per estensione, ma qui stiamo esagerando, si deciderà anche come saranno affrontati gli ultimi dieci giorni di mercato.
Lo scenario più probabile, ad oggi e a sensazione, è che Gabbiadini sarà in campo. Da titolare. Erediterà lui, per ora, ruolo e compiti di Gonzalo Higuain. E la scelta pare inevitabile, più che altro per capire dove vanno il Napoli e Manolo, insieme. È una questione di adattamento già compiuto, presumibilmente, agli schemi di Sarri. È la necessità di non bruciare ulteriormente un calciatore che è sempre sul punto di iniziare il miglio verde della bocciatura. È la volontà di capire se davvero Manolo può rappresentare una risposta reale, seppur in tono inizialmente minore, all’addio a Higuain e al problema della sua sostituzione. Le indicazioni, finora, sono state contrastanti. Stante il gioco spettacolare ed offensivamente proficuo del Napoli, Gabbiadini ha giocato alla grande il match contro il Monaco e ha mostrato difficoltà palesi nelle sfide contro il Nizza e a Berlino contro l’Hertha. Certo, parliamo di amichevoli e di calcio d’agosto, ma il contesto è lo stesso per chi ha giocato insieme a lui. E non è apparso così avulso dal gioco, dagli schemi. Lo stesso Milik, entrato a Berlino per la ripresa, ha giocato nelle stesse identiche condizioni del compagno di cui ha preso il posto. E ha dato molto di più, in termini di partecipazione alla manovra e di contributo realizzativo.
Però, Milik non è inserito e Gabbiadini lavora da un anno con questa squadra e questo allenatore. Ha un diritto di precedenza e anzianità tattiche che nasce da questa sua esperienza pregressa; ha il dovere di dimostrare quanto vale ora che, come ha detto il suo procuratore qualche giorno fa, «il mostro sacro non c’è più». Eppure, giocando a Pescara, Manolo Gabbiadini ha tutto da perdere. In un senso estremo, stiamo esagerando. Ma pensate se il match dell’Adriatico dovesse essere la continuazione di quello in casa contro il Nizza o di quello di Berlino. Gabbiadini, in soli 90 minuti, brucerebbe una buona parte della sua stagione. E non perché non potremmo più aspettarlo, ci mancherebbe. Noi cerchiamo di fare analisi e di andare oltre gli umori (pure giustamente) momentanei, fumantini e facilmente influenzabili dei tifosi. Ma perché a quel punto, a mercato ancora aperto e con un Milik che subentra e ti cambia la partita, magari con un gol, Manolo finirebbe di nuovo al centro delle polemiche, le stesse che ad esempio lo colpirono dopo partite giocate malissimo l’anno scorso (le due con l’Inter, quella col Villarreal). Si troverebbe pure, di nuovo, al centro dei rumors per una possibile cessione. Sarebbe inevitabile
Chi scrive pensa che non sia colpa sua, che sia un problema di adattabilità tattica, che però potrebbe rivelarsi fatale. Anche in una partita apparentemente facile come quella di Pescara. Dove però entra in gioco quello che, sempre a parere di chi scrive, è il secondo grande problema dell’ex doriano: la tenuta mentale, la consistenza emotiva. Dopo Napoli-Nizza, scrivemmo cose così: «Manolo, tu stai vivendo un’occasione irripetibile pure se sei messo al centro di molte voci di mercato. Puoi diventare il centravanti titolare di una squadra che l’anno prossimo, anche se a sentire in giro non sembra, giocherà la Champions League. Puoi cercare di sostituire, perché giocava nel tuo ruolo, uno dei migliori calciatori del mondo trasformatosi all’improvviso in un traditore della patria azzurra. Rispondi a questa occasione, fai vedere qualcosa che trascini il pubblico dalla tua parte più di quanto non lo sia già. […] Gabbiadini c’entra poco nel contesto che si è venuto a creare, ed è un po’ colpa sua (che pare non ci metta la giusta garra, che non sembra propenso ad adattarsi a nuovi ruoli o a nuovi compiti) e un po’ colpa di chi, l’anno scorso, ha trovato una quadratura che sembra non voler scalfire». Ci autocitiamo per far capire che la paura, per Pescara, è che si debba per forza scrivere di nuovo roba così.
Dopo quella partita venne Napoli-Monaco, e tutto tornò sereno. I gol furono la risposta, così come potrebbero esserlo a Pescara. Noi lo speriamo, per il Napoli e per lui. Che se lo meriterebbe, è un ragazzo d’oro e non è un cattivo professionista, anzi. Potrebbe solo essere emotivamente inadatto a un contesto come quello napoletano, che sarebbe pronto a eleggerlo idolo assoluto per poi scaricarlo dopo un Napoli-Milan abulico, senza il gol decisivo. Se il match contro la squadra di Oddo è l’andata del doppio confronto, quello contro i rossoneri di Montella è il ritorno. Lì, a tre giorni dalla chiusura del mercato, ci si gioca l’all-in. Un Gabbiadini determinante (attenzione: non per forza con i gol) a Pescara e con il Milan schiarirebbe tutti i dubbi, pure e persino i nostri, sul suo conto. Il Gabbiadini visto nella parte cattiva di questo pre-season, di converso, non farebbe che alimentare il rimpianto per chi se n’è andato e per chi pare che non arriverà. Che a quel punto potrebbe arrivare ancora, ma che sarebbe impensabile da prendere a poche ore dal termine delle trattative. E con un Milik che ti spinge alle spalle, forte di una dimensione di “buon acquisto” conquistata attraverso un paio di buone giocate in un match affrontato col piglio giusto. La situazione peggiore possibile per un ragazzo sensibile e silenzioso, che gioca bene a calcio ma che finora è entrato solo a sprazzi nel meccanismo di questo Napoli che non è mai stato davvero suo. Ora ha la possibilità di farlo definitivamente, dia ragione a tutti i suoi numerosi sostenitori. Chi scrive, lo ammette, ci crede un po’ meno di questo gruppo di supporter. Ma è pronto a dargli fiducia. E, nel caso, a riconoscere di aver sbagliato, a scusarsi e congratularsi con il nuovo centravanti del Napoli. Quello pronto a raccogliere, anche solo in parte e inizialmente, l’eredità di Higuain. Dovesse essere Gabbiadini, un Gabbiadini emotivamente pronto e tatticamente inserito nel contesto, tanto meglio.