Il momento è arrivato. Già a Dimaro, Sarri lavorava a un attacco più dialogante e veloce, con diverse soluzioni. Con Gabbiadini o Milik.
Avevamo iniziato già a Dimaro a vedere qualcosa di diverso. Pensavamo, con grande ottimismo, che si trattasse di prove alternative a un Napoli con Higuain. Siamo stati ingenui, la realtà è che quelle erano prove e basta, perché il Napoli si sarebbe ritrovato senza Higuain al momento di iniziare la stagione. Quindi, tutto il lavoro fatto a Dimaro è stato non solo un abbozzo, ma addirittura propedeutico e fondamentale alla costruzione della nuova squadra.
Ora che mancano 24 ore all’esordio del Napoli di Sarri versione 2.0, è importante capire come funzionerà, in campo, il nuovo attacco del Napoli. Un tridente particolare, diverso. Con Gabbiadini, al centro tra due esterni, a fare un lavoro differente da quello di regista offensivo classico cucito(si) addosso (d)al Pipita. Oppure con Milik, che abbiamo visto poco o quasi niente ma che sembra già adatto al ruolo. Ce lo ha detto Hertha Berlino-Napoli, in questo momento qui (più che nel gol del polacco).
Parliamo, ovviamente, di un’amichevole e del calcio d’agosto. Quindi non proprio indicativo, o comunque in una misura minima. Eppure, questa è Dimaro. Questo è il lavoro che Sarri ha impostato dal primo giorno senza Higuain, che ha insegnato prima a Gabbiadini e che (presumiamo, non abbiamo più seguito esercitazioni tattiche dopo la fine del ritiro) abbia iniziato a mostrare anche al polacco ex Ajax. Questa azione, in realtà, non differisce molto dall’idea primordiale di Sarri, quella di un Napoli non “schiavo” della forza realizzativa di Higuain. Figuriamoci, non stiamo rimpiangendo né stigmatizzando nulla. La “schiavitù” era condivisa, accettata, felice. Ad un Pipita in grado di segnare 36 gol è quasi giusto lasciare l’intero proscenio della conclusione. Però l’ultimo gol “così” realizzato dal Napoli è quello di Insigne a Milano, proprio su assist del nueve argentino. Una rete simile, diciamo pure identica: centravanti a fare da perno, inserimento dell’esterno sinistro dietro la linea difensiva e palla in profondità.
Il Napoli ha lavorato così, fin dai primissimi giorni in Trentino. Ha fatto entrare molti calciatori in area, ha immaginato sé stesso in maniera diversa. Meno esclusività offensiva (la storia del “mostro sacro” del procuratore di Gabbiadini è abbondantemente condivisibile), un’apertura a un ventaglio di soluzioni più ampio. Le scelte, ovviamente, sono state influenzate dalle caratteristiche dei giocatori a disposizione, di due attaccanti diversi tra loro: sopra, abbiamo visto uno dei possibili sfruttamenti di Arek Milik, bravo a fare da perno e a lavorare il pallone in duetto con i compagni del tridente. Gabbiadini, invece, esprime in maniera diversa il suo ruolo da attaccante: più bravo nella profondità, nello spazio aperto, nella ricerca della conclusione più che nello scambio stretto. Gli stessi motivi che ci fanno dubitare di lui in questo Napoli diventano punti di forza quando la squadra di Sarri cambia impostazione offensiva, modo di cercare il gol. Quando la manovra si sviluppa per vie verticali, veloci, in spazi ampi. Napoli-Monaco, da questo punto di vista, è piena di esempi simili.
Insomma, ci viene da dire una frase retorica ma comunque fondata, verificata su quello che abbiamo visto, sulle prove che sono state fatte: prepariamoci a un Napoli diverso. Forse più veloce e meno ragionato in attacco, quindi con maggiori probabilità di giocare male un’azione offensiva. Prepariamoci a un maggior numero di scambi, di movimenti, di uomini che si propongono per la conclusione. Questo è stato il mantra di Sarri per tutta la durata del ritiro: sulla palla in avanti, in area, ci vanno in tanti. Si aggrediscono gli spazi, da tutti i lati. Il nuovo centravanti del Napoli gioca e ragiona come realizzatore, ma anche come suggeritore e come perno offensivo, come esca per i centrali avversari. Un lavoro eseguito anche da Higuain, certo, ma che sempre su di lui doveva finire. Palla giocata dietro, aperta sulla fascia e inserimento centrale del Pipita. Una cosa vista e rivista, tentata e ritentata. Venuta fuori bene, certo, perché il Napoli è stato il secondo miglior attacco del campionato e Higuain ha vinto la classifica dei cannonieri con una messe di gol. Stavolta, però, vedremo anche altro: il centravanti che lavora per la squadra, che è altro e oltre dal suo gol. Quando il pallone veniva giocato sulle fasce, durante le esercitazioni di Dimaro, abbiamo visto sempre (almeno) tre uomini attaccare l’area: primo palo, zona centrale, secondo palo. In un esercizio, il centravanti aveva l’obbligo di fare velo e favorire la conclusione del terzo uomo del tridente, l’esterno offensivo o la mezzala saliti a riempire la sedici metri avversaria. L’anno scorso, spesso, in area trovavamo Higuain e l’esterno offensivo del lato opposto al cross. I mediani restavano a supporto, al limite dell’area.
Il Napoli, dunque, si è preparato a questo momento. È sembrato tatticamente pronto, anche nelle amichevoli, all’eventualità (poi divenuta realtà) di dover giocare senza il suo centravanti. Seguendo due spartiti diversi in base alla punta in campo, certo. Ma il lavoro teorico, almeno quello, è stato fatto. Ora c’è da capire se basterà a compensare anche la perdita in chiave di leadership, potenza, caratura offensiva. Che è un po’ il discorso-madre, perché tifo e addetti ai lavori si sono divisi in due partiti contrapposti: quello dei gol di Higuain e quello dei gol che Higuain ha segnato grazie al lavoro dei compagni, al loro gioco di supporto. Certo, non c’è verità incontrovertibile. Ognuno può pensarla e vederla come vuole. Però, ora l’importante è stabilire se un attaccante dal valore assoluto minore possa essere efficace come il suo predecessore. Non con la stessa cifra di gol, sarebbe stato impensabile chiederlo anche allo stesso Pipita.
Su questa frase, su questo punto si è concentrato il lavoro di Sarri: rendere il Napoli autosufficiente, performante in attacco nonostante la perdita del suo calciatore migliore, colmando il gap attraverso un gioco diverso e un (due) centravanti diverso. Il problema, ovviamente, è che non sappiamo se potrà essere abbastanza. Domani sera avremo la prima risposta. Il campo parlerà, finalmente. Vedremo cosa ci dirà.