Era un algerino, della provincia di Tipasa, fu condannato a morte dai romani. Non è ancora patrono di alcun borgo.
Abitiamo in terre di confine, che non si accontentano di un’intervista su un quotidiano o di descrizioni di luoghi remoti e documenti cartacei per conoscere l’identità del nuovo amore. Sono terre che in ogni straniero che sbarca riconoscono gli occhi di una passione che sboccia, un sentimento che ha bisogno di conoscere la storia para-normale del proprio oggetto di venerazione, perché ad ogni santino appiccicato sul lunotto dell’auto corrisponde sempre la necessaria conoscenza del santo.
Dunque, Sant’Arcadio era un algerino, della provincia di Tipasa. Era uno che badava, grosso modo, ai fatti suoi. Flessioni, allenamenti sui duecento e quattrocento metri, una ventina di vasche di olimpionica al giorno. Ma dalle sue parti le teste rotolavano come palloni e lui era un cittadino eccellente – forse per le sue doti atletiche fuori dal comune – per cui, pur rimanendo nell’ombra, dovette scappare. I soldati romani pensarono bene, già all’epoca, di fissare una clausola rescissoria, sequestrando un suo parente onde ricattare Arcadio. E all’epoca non c’erano scaltri Raiola che potessero contrattare contropartite tecniche: le clausole rescindevano tutto, capo e collo, a colpi di ascia. Per una così vistosa questione d’onore, il nostro nobile eroe algerino fece ritorno a casa. Il giudice romano, di sicuro un uomo della federazione, gli intimò di abiurare e fare un sacrificio agli dei pagani e, ricevuto un secco rifiuto, non ci andò per il sottile e lo condannò a morte.
A canonizzare Arcadio e renderlo il vero crack di mercato fu Zenone che, a furor di popolo e con una dissertazione monstre, ne costruì l’apologia insignendo l’africano di Tipasa della ambitissima palma di martire, riconosciuto da tutte le chiese e tutte le società del mondo, e festeggiato il 12 gennaio dalla Uefa di quei tempi. Zenone fu vescovo di Verona, e quella è la città in cui il nostro 99 della santità viene spesso raffigurato nelle diocesi.
In ultimo – ma non è roba di poco conto – Sant’Arcadio fu coevo di San Gennaro. E a differenza di quest’ultimo non è patrono di alcun borgo. Direi che non lo è ancora. San Gennaro è generoso e, di sicuro, un po’ di patronato glielo lascia, quest’anno. Vedrete. Ci divertiremo.