Maradona fu presentato al San Paolo il 5 luglio. Oggi sarebbe anacronistico, ma basterebbe ridurre il numero delle squadre per presentarsi a inizio anno con una squadra “scelta”, non suscettibile di modifiche.
Diego Armando Maradona fu presentato al pubblico del San Paolo il 5 luglio del 1984, e i dirigenti del Napoli dovettero inventarsi quel che sappiamo per poter chiudere in tempo il trasferimento dal Barcellona del calciatore argentino. No, non stiamo scrivendo né per dimostrare che Diego poteva tranquillamente essere un caso Soriano 32 anni fa, tantomeno che pure le grandissime trattative possono chiudersi sul filo del gong.
No, era solo per evidenziare la data. E per parlare di un problema temporale che c’è, che esiste: il calciomercato finisce troppo tardi. E finisce troppo tardi soprattutto rispetto alla data d’inizio del campionato, trasformando gli ultimi giorni di trattative in un vero e proprio regno corrotto dei giudizi affrettati. I casi che vogliamo portare alla vostra attenzione sono due, e riguardano proprio il Napoli: Mirko Valdifiori e Manolo Gabbiadini. Ovvero, due calciatori che sono stati schierati alla prima giornata nella formazione titolare e che sono stati in predicato di andare via fino alle ultimissime ore di mercato. Alla fine, uno dei due è stato effettivamente ceduto (Valdifiori, ovviamente), mentre l’altro è rimasto al Napoli pur non convincendo nel ruolo tattico che pare debba essergli assegnato, quello di prima punta. Quanto ha inciso la valutazione del match di Pescara perché ci si concentrasse su queste due operazioni?
Ognuno può dare il giudizio che vuole a questo tipo di dinamica, e infatti su queste pagine abbiamo sempre sostenuto che la miglior strada per i due calciatori fosse quella della cessione. Lo abbiamo scritto di Gabbiadini dopo Napoli-Nizza, prima del Monaco ma anche prima di Pescara; l’abbiamo scritto di Valdifiori nel resoconto della sua stagione, roba del 23 maggio scorso: «È proprio il contesto tecnico e tattico a non essere più adatto a Valdifiori. Quindi, lo scenario più prevedibile è a questo punto quello della cessione. Dispiace per il ragazzo, ma non si può pensare o fare altrimenti. È per il suo bene, ma anche per quello della squadra».
Insomma, noi abbiamo avuto e mantenuto e sostenuto le nostre posizioni sui due calciatori ben prima del ritiro di Dimaro e del match di Pescara in cui effettivamente (ma comunque al netto di una prestazione negativa generale) Valdifiori e Gabbiadini furono due tra i peggiori in campo. E non perché autori di una prestazione così negativa, ma proprio perché ancora fuori dal disegno tattico di Sarri. Eppure, hanno giocato e sono stati messi sotto esame e pure un po’ alla gogna quando il loro futuro era ancora in divenire. E questo, in un contesto professionale in cui il lavoro condiviso e il famoso “amalgama” sono fondamentali per garantire buoni risultati – soprattutto quando hai un allenatore così particolarmente attento e legato agli automatismi -, è sbagliato. È ingiusto. E lo diciamo anche a nostro discapito, anche se alla fine porta a decisioni che per noi sono giuste e sacrosante (l’addio di Valdifiori, appunto). Oppure quando crea la giusta chimica per portare a termine colpi importanti, anche in chiave futura.
Certo, detto questo non vogliamo rigirare la frittata o andare contro un sistema ormai radicato: il mercato chiude il 31 agosto perché è una cosa al passo coi tempi. Sarebbe anacronistico chiuderlo prima, in Italia e nel resto del mondo. E basta vedere come alcuni club, anche importanti (ci viene in mente il Chelsea di Conte, che nelle ultimissime ore ha chiuso Marcos Alonso e David Luiz), sfruttino il rush finale per completare (o almeno provare a farlo) l’organico. Il problema è l’inizio del campionato, e per estensione quello delle competizioni. Soprattutto quelle europee, che costringono due club del nostro campionato (i “terzi qualificati” di Champions ed Europa League) a preparazioni anticipate e a giocarsi buona parte della propria stagione quando i trasferimenti sono ancora ben lontani dalla chiusura. Dal 2018 dovrebbero cambiare un po’ di cose, almeno per la massima competizione europea. E quindi, questa situazione non si verificherà più e quindi mancherà la reale necessità di iniziare così presto a fare sul serio. Che è comunque dopo l’inizio delle campagne di qualificazioni europee, con il Sassuolo in campo già a luglio e la Roma che va a Oporto tre giorni prima e tre giorni dopo l’esordio in Serie A con l’Udinese.
Una volta bypassato il primo problema, sarebbe giusto fare altrettanto col secondo: il campionato che inizia troppo presto. Basterebbe un salutare (anche per altri motivi) ritorno alle 18 squadre, con 4 giornate in meno da disputare e un inizio posticipato alla fine del mercato. Com’era una volta, con la Coppa Italia d’agosto per fare i necessari test. Così da presentarsi all’inizio con una squadra scelta, programmata e preparata con i tempi di ogni società. Non con un organico ancora suscettibile di modifiche, “suggerite” magari da prestazioni negative che possono essere figlie di tanti altri fattori. Sarebbe giusto soprattutto per i calciatori, in modo da evitare casi come quello di Gabbiadini, in cui la fiducia è venuta a mancare e ha generato un polverone che poi è dovuto finire sotto il tappeto. E pure sotto un probabile rinnovo “riparatore”. Tutto, insomma, sarebbe deciso prima: questi siamo noi, non si torna indietro. Almeno fino a gennaio. Una roba anacronistica, siamo d’accordo. Ma non è un rigurgito di nostalgia, non per questo deve essere considerata come “ingiusta” a prescindere. A volte, tornare indietro può essere anche una buona idea.