La festa per uno sport povero in una città dalle mille contraddizioni (Castellammare) e la serata in chiaroscuro della Nazionale.
Domenica sera, al Circolo nautico di Castellammare, ho trascorso una piacevolissima serata organizzata per premiare i canottieri stabiesi che a Rio hanno portato a casa una medaglia, di bronzo ma pesante e nobile come fosse d’oro, rendendo ancora più pingue il palmares sociale che i “fratelloni” di Pompei, entrambi presenti e commossi, avevano già reso ricchissimo autorizzando un giudizio che in astratto potrebbe apparire velleitario ma che in concreto ci sta tutto: il rapporto tra abitanti e medaglie fa schizzare Castellammare nella hit delle capitali dello sport remiero. Lo dicono i numeri e lo conferma la stridente contraddizione che si vive ogni giorno. Oltre il cancello del sodalizio che tra quattro anni diventa centenario, la città regala scampoli continui da inferno metropolitano ma qui, in questa oasi, si respira un’aria pulita e i ragazzi vengono accuditi come in un piccolo campus americano e posti nelle condizioni ideali per fare sport e prepararsi alla vita.
«È così – conferma il vicepresidente Anna Lombardi Napolitano – questa è la nostra missione e siamo felici di portarla avanti». Il presidente Catello Perrucci annuisce mentre si batte per strappare al neo sindaco Antonio Pannullo l’impegno per una maggiore attenzione nei confronti del sodalizio. «Qui c’è bisogno di tutto – dice Carmine Abbagnale – soprattutto di barche, di remi e di pontili, ma le difficoltà ci esaltano come ci accadeva in gara». C’è da credergli visto di cosa sono stati capaci lui, i suoi fratelli e Davide Tizzano. Sfilano i protagonisti, sono tutti figli di Antonio La Padula e di Andrea Coppola i coach nati da una costola del mitico dottor La Mura che qui è di casa e non ha predicato a vuoto, e sgobbano da matti coltivando il sogno di seguire le orme di Giuseppe, Carmine, Agostino Abbagnale e Peppeniello Di Capua. Viste le premesse, riusciranno nell’impresa.
Conosciamoli meglio i protagonisti della serata: Giovannone Abagnale (una sola “b” ma il resto è conforme all’originale) , Antonio Cascone che ha messo insieme un triplete degno di Mourinho: campionato italiano, europei e mondiale in una sola stagione, Luca Parlato e il fine dicitore del gruppo Livio La Padula che dimostra un notevole talento anche come comunicatore: «Non fateci troppi complimenti, noi siamo canottieri di Castellammare che è un paese dove sei condannato a vincere».
Ventiquattr’ore dopo la scena cambia. E anche l’umore. La soffertissima vittoria su Israele mi ha lasciato l’amaro in bocca e induce a meditazioni molto meno positive sulle magnifiche sorti dello sport italiano marchiato dal business. Mi spiego meglio: la tensione sul viso del nostro ct e l’esplosione di gioia seguita al gol scacciaincubi di Ciruzzo Immobile da Torre Annunziata – l’unico lampo di vero calcio all’italiana impreziosito da una buona dose di cazzimma partenopea per il modo con cui l’attaccante ha superato il diretto avversario – mi sono sembrate francamente eccessive rispetto a quello che avveniva in campo anche al netto della importanza della posta in palio. La realtà era che noi arrancavamo contro Israele giocando più a calci che a calcio mentre la Spagna dilagava, divertendosi e facendo divertire, contro il Lichteinstein che vale più o meno i nostri avversari. Questi sono i fatti separati, come si diceva una volta, dalle opinioni. Non ci resta che piangere, quindi, e fare i complimenti al tifoso italiano che ha ormai (quasi)abbandonato gli spalti e preferisce il calcio in poltrona o, meglio ancora, qualche altro sport. E magari anche la milionesima puntata della combriccola di don Matteo.
Brutta Italia, insomma, con qualche eccezione: Verratti e Immobile; su Pellè, invece, mi taccio e gli rinnovo i complimenti per il contratto ultramiliardario che è riuscito a strappare ai cinesi. Che, però, mi è sembrato meno scandaloso da quando il bravo Antinelli, il Beppe Viola de noantri, ci ha informato che un attaccante israeliano che da noi non andrebbe oltre la Lega pro guadagna, sempre in Cina naturalmente, cinque milioni di euro l’anno, dieci e più miliardi di vecchie lire. Mi accorgo che sto divagando pericolosamente e in ordine del tutto scriteriato: quando mi viene così di solito è perché ho visto – e sentito – cose che noi umani non dovremmo né vedere né sentire. Come le parole di Marcello Lippi, il tecnico campione del mondo, che si dice rammaricato perché la Federcalcio ha di fatto strappato il precontratto che gli avrebbe consentito di risalire a bordo della sgangherata diligenza. A nostro avviso l’ex ct, del quale sono stato e resto grande estimatore, dovrebbe essere felice per il torto ricevuto: questo non è il suo calcio. E neanche il nostro e per questo ritorniamo al canottaggio, al nuoto e alla pallanuoto.