Considerazioni sui tre mediani: Allan e Hamsik non sono ancora al top, Jorginho è fondamentale pur se poco appariscente. Zielinski è un’alternativa irrinunciabile.
Premessa numero uno: ad avercene, di problemi così. Nel senso: che bello aver vinto una partita, tra l’altro in Champions e in trasferta e tre giorni dopo un altro successo esterno in campionato, e dover andare a cercare il pelo nell’uovo. Quella cosa che è un po’ mancata, proprio quella lì che poteva andare meglio. Il classico pelo nell’uovo, per usare proverbi stantii, triti e ritriti, vecchi di secoli.
Premessa numero due: è stato anche merito dell’avversario, se c’è stato questo famoso “pelo nell’uovo”. Sapete quella situazione nel calcio per cui quando una cosa non è proprio perfetta potrebbe essere anche giusto, intelligente, non addossare tutta la colpa sui propri calciatori, su sé stessi, e riconoscere qualità e pregi e prestazioni positive dell’altra squadra.
Detto questo, torniamo al centrocampo del Napoli. Che a Kiev non ci è parso sempre all’altezza della propria fama, che non vuol dire non aver compiuto la propria missione. Quella è un’altra cosa, che si può fare anche attraverso alcuni momenti, alcuni gesti, attimi di grandi cose. Come l’apertura panoramica di Hamsik (per Callejon) sull’azione che poi diventerà il secondo gol di Milik. Ce l’ha segnalata anche Nicola Lo Conte nella hit parade dei cinque gesti tecnici del match. Il senso, se vogliamo, è proprio questo: bravissimo Marek a estrarre il meglio da una situazione, da un momento di gioco. Meno brillante, o almeno non sempre così brillante, negli altri momenti della partita.
Come lo slovacco, gli altri due centrocampisti. I titolarissimi, Allan e Jorginho. Lo ripetiamo, per carità: il Napoli ha vinto, lode al Napoli e quindi a tutti i suoi calciatori. È solo che c’è quella storia del chi più chi meno, che ci sono stati momenti in cui ci sono parsi un po’ al di sotto dei loro standard.
Le due mezzali, per esempio: Allan è ancora ingolfato, poco reattivo fisicamente e non prontissimo nelle letture tattiche, suo punto di forza nel momento in cui è in forma e indossa i panni dello sradicatore di palloni. Per il brasiliano, dati sintomatici: 4 tackle, ma zero palle intercettate. Dall’altra parte, Hamsik è invece apparso spesso alla ricerca della miglior porzione di campo in cui agire, un po’ spaesato. In questo c’entra molto il dispositivo di pressing dei calciatori della Dinamo, molto aggressivi in zona centrale quanto in difficoltà nel momento in cui il Napoli riusciva ad allargare velocemente il gioco. Per lo slovacco, quindi, “problemi” di posizione ma anche di precisione: un solo passaggio chiave, questo qui sopra, e un’accuratezza relativamente bassa (78%).
Il terzo uomo, Jorginho, è stato un caso limite. È sempre un caso limite, in ogni partita. Nel senso che riesce ad essere fondamentale, nel gioco del Napoli, pur non riuscendo a disegnare nulla di memorabile. L’importanza dell’italobrasiliano la leggi nella quarta di copertina, nei dati (sempre positivi) e nel fatto che quando viene schermato il Napoli perde di continuità nella costruzione dell’azione. Ci sarebbe un discorso da fare anche sulla fisicità necessaria in Champions, ma quando poi il tuo centromediano mette insieme il 93% di pass accuracy su 123 palloni giocati (record in campo), e pure 5 tackle e 4 palle intercettate, allora vuol dire che la testa e l’idea sono bastati, e che la sostanza vince sull’appariscenza.
Risolvere questi piccoli dubbi e puntare alla perfezione. Possibile, fattibile. Soprattutto quando la condizione fisica sarà di nuovo ottimale. Non sorprenda come Zielinski sia ormai sempre praticamente pronto a subentrare. Anche in Champions, competizione che finora aveva visto al massimo in tribuna, però solo i preliminari (Udinese 2012/2013). Al posto di Allan contro il Milan, di Hamsik l’altro ieri sera. Anche Sarri, forse, si è reso conto che la squadra ha bisogno di uno sprint e di un aiuto in più, lì in mezzo. E Zielinski, lode al mercato, è in grado e pronto a recitare questo ruolo di alternativa prestigiosa. Di un reparto che tiene botta, ma che non è ancora arrivato all’eccellenza. Ormai, il luogo definitivo delle prestazioni a cui questa squadra deve aspirare. Per fortuna.