Sarri bravissimo in panchina ma disastroso nella comunicazione. Il giornalismo allineato al papponismo e la borghesia è ferma a Ferlaino.
Lontano da Napoli, e nemmeno tanto, basta fermarsi a Roma per esempio, appare incomprensibile lo scontro, anzi la guerra che sta dilagando in uno scenario grottesco, se non lunare: il Napoli che lotta per il vertice, ancora una volta, ed è in testa nel proprio girone di Champions. Invece. Invece sui quotidiani di oggi, sportivi e generalisti, si legge di “tutti contro tutti” e di vittoria nel triste “deserto” del San Paolo. Ormai siamo oltre l’autolesionismo e per fortuna, come ha registrato Max Gallo, la squadra sembra fregarsene di questa assurda pugna esplosa, come è noto, all’indomani della maldestra picconata di Maurizio Sarri alla “società”, per via degli errori arbitrali di Genova.
Il giorno successivo, incrociandoci nel corridoio della redazione, il mio ex direttore, grande tifoso romanista ed esperto di cose di calcio, mi ha posto una domanda semplice semplice, che riassume alla perfezione l’inutile e dannoso reality che abbiamo vissuto: “Perché Sarri se l’è presa con De Laurentiis e non con gli arbitri?”. Ecco, per assistere a un sano dibattito dietrologico il tifoso emigrante ha potuto sfogare la propria frustrazione rabbiosa solamente con le trasmissioni tv della Capitale, dove si è a lungo discusso sulle congiure di Palazzo contro le principali avversarie della Juve, Napoli (i due rigori negati a Bologna) e Roma (il gol subìto in fuorigioco a Firenze). La partita con il Chievo, infine, ha fatto fare un ulteriore salto di qualità a questa guerra, simboleggiato da quel ridicolo e pretestuoso striscione in curva: “Sarri uno di noi”. Ma di chi? Di che cosa? Verrebbe voglia di dire con il tono di James Senese quando Lello Arena lo intervista in “No grazie il caffè mi rende nervoso”. Solo che la questione è più seria e mette in evidenza alcuni punti politici nel senso più largo del termine. Questi.
1) La minoranza papponista che contesta De Laurentiis manco fosse il mostruoso Lotito del Golfo adesso suona “Avanti popolo” con il mandolino e il putipù, arruolando il Sarri che chiede “dov’è la società?” come novello capopopolo. Populismo, appunto, storia antica di questa città e fenomeno più che mai attuale in Italia e in Europa. In questo caso, il peggiore populismo, fate voi se a cinque stelle o leghista-sudista, perché usa solo la pancia per ragionare: e così Pancho Sarri è diventato il loro idolo da mercoledì notte, uno di loro. Il nemico è la Casta del Pappone, che si prende i gettoni milionari per sé e i propri familiari, che aumenta i prezzi, che fa il calcio perché con il cinema ci perde, infine, colpa più grave, che compra per poi rivendere a suon di milioni. Il Male assoluto, il bersaglio ideale volete mettere?
2) A Napoli, il sonno della ragione è sempre stato il sonno della borghesia, incline a un rapporto ruffiano con il Potere, un po’ come quei pesciolini che vivono come parassiti addosso a squali e balene. Però la curva zittita dagli altri settori sabato sera fa ben sperare in un’inversione di tendenza. Forse esiste davvero una maggioranza silenziosa che mal sopporta questi urlatori populisti. Il problema è che a darle voce dovrebbero essere giornali, tv e radio di questa città e invece si assiste sgomenti all’allineamento papponista di quasi tutti i commentatori. Finanche un saggio ottuagenario come Carratelli l’altro giorno sul Mattino ha ribaltato i termini della questione e ha detto che “il lavoro di Sarri va protetto”. Ancora una volta viene voglia di fare il James Senese di cui sopra: ma protetto da che, se è stato lui, l’allenatore, a scatenare un’inutile guerra? Ecco, se il massimo della borghesia è rispolverare Ferlaino come una Madonna pellegrina buona per tutte le stagioni allora non c’è speranza. Quel Ferlaino che avrà sì preso Maradona, con l’appoggio dei dc dorotei di allora, ma poi ha lasciato solo guai. Il Napolista, è noto, sposò appieno il rafaelismo e lo fece soprattutto per i motivi che oggi sono sotto gli occhi di tutti: la necessità di un riformismo normale, un gradualismo che voleva internazionalizzare senza il dogma della diversità pecché simm ‘e Napule. Pochi minuti fa, Spalletti ha detto le stesse cose per spiegare la sconfitta a Torino: “C’è qualche mente geniale che pensa che solo perché si è della Roma questo basta per vincere”. Non a caso Roma e Napoli hanno vinto rispettivamente tre e due scudetti. Purtroppo lo spalla a spalla non è contemplato dal populismo, per chi contesta meglio il pancia contro pancia tra DeLa e Sarri. Solo che stavolta a provocare è stato quest’ultimo. Però, anche volendo aderire alla tesi papponista, un dubbio realista ci assale: dov’è, tra Napoli e provincia, quell’imprenditore capace di farci vincere sei scudetti di fila? Oppure ci accontenteremmo dei cinesi? Certo, tutto tranne De Laurentiis: il Male assoluto, volete mettere?
3) In questa assurda guerra un ruolo, consapevole o meno, l’ha giocato Maurizio Sarri. Senza dubbio. Bravissimo in panchina ma disastroso nella comunicazione, quantomeno nel pensiero. Che gli è successo? L’uomo cade in contraddizioni evidenti: da un lato ci affligge con la litania che non vuole occuparsi di mercato, dall’altro invocò pubblicamente Maksimovic mentre il presidente gli stava prendendo due signori centrocampisti, Rog e Diawara. L’esternazione sugli arbitri forse tradisce una paura. E qui tocca dare ragione, una volta tanto, a Massimo Mauro che ha detto, dopo Genoa-Napoli: “Sarri si caca sotto”. Forse il problema è questo. Lassù, Sarri soffre di vertigini e ha bisogno di alibi: la società, gli arbitri, il fatturato. Se gli si pronuncia la parola scudetto il massimo che sa fare è toccarsi le palle. Perfetto per la scaramanzia populista. A fronte di un Allegri che lo sfotte e annuncia: “Dobbiamo tornare da Palermo coi tre punti”. Oppure del già citato Spalletti che anche dopo Torino rivendica: “Qui è tutto da cambiare ma questa rosa l’ho voluta io”. Che animale è Sarri? Ancora non lo abbiamo capito. Mazzarri e Benitez ruppero con DeLa proprio sul concetto di crescita, di Sarri invece non si è capito nulla. Però, anziché risolvere l’enigma Sarri meglio prendersela con De Laurentiis: il Male assoluto, volete mettere?