Domani sera, ore 20.45. Il Napoli ricomincia la sua avventura in Champions League. L’inevitabile sorpresa e l’aria sognante di essere di nuovo lì.
Il rapporto con la Champions League è una cosa strana. Non importa di quale club tu sia tifoso. O, per dirla meglio: non importa a quale gruppo appartenga la tua squadra del cuore, quello delle “abbonate” al torneo o quello delle wild. Ovvero quelle che, invece, non vi partecipano sempre. In ogni caso, è un’ossessione. Basta riavvolgere la videocassetta della storia, con il Real Madrid e l’incubo della Decima come immagine madre di tutti i chiodi fissi.
Per il Napoli, la Champions si è trasformata in un’ansia terribile appena dopo la prima qualificazione. Quella palpitazione di cui, una volta provata, non puoi fare a meno. Della stagione successiva al terzo posto di Cavani e Lavezzi – nonostante la Coppa Italia vinta contro la Juventus e il gran cammino proprio in Europa, fino al Chelsea – in molti ricordano la sconfitta di Bologna. Che costò a Mazzarri e i suoi il terzo posto e il preliminare dell’estate 2012. Quello raggiunto due anni dopo con Benitez, e perso malamente contro l’Athletic Bilbao. Lo stesso preliminare smarrito nella notte balorda di Napoli-Lazio 2-4, scontro diretto che forse è meglio dimenticare. In mezzo, la seconda partecipazione dell’era De Laurentiis: i 12 punti, le vittorie casalinghe, l’Arsenal, Higuain che piange.
Ecco, come avete visto è tutto riconducibile alla Champions League. Vuoi o non vuoi, la narrazione recente del Napoli è legata alla massima competizione europea: la qualificazione alla Champions, i ricavi della Champions, la voglia di giocare la Champions (intesa come volontà dei tifosi o necessità dei giocatori al momento di rinnovare, accettare o ridiscutere un contratto), la Champions come unico obiettivo di questa proprietà. Non si può (s)fuggire.
Certo, è una novità figlia dei nostri tempi. Dell’evoluzione del torneo, trasformato dal bombardamento mediatico in una fantastica Nba del calcio europeo. Una metamorfosi che ci insegue fin dalla metà degli anni Novanta, quelli in cui si consumò il passaggio da una dimensione ancora prettamente sportiva a una fatta di calcio, sì, ma anche (se non soprattutto) di sponsor, marketing, top club e top player. Definizioni gergali che sono recenti, che appartengono al mondo della Champions League 2.0.
Un mondo cui, da domani, apparterrà anche il Napoli. Per la terza volta. Con l’inevitabile sorpresa e l’aria stralunata e sognante di chi negli anni del cambiamento del calcio delle stelle vedeva Lazio e Fiorentina andare in giro per l’Europa mentre gli azzurri vivacchiavano in Serie B. “Inevitabile sorpresa” per la generazione del fallimento (chi scrive aveva 14 anni nel giorno dell’insediamento di De Laurentiis) che prova innanzitutto stupore e gratitudine. Perché le emozioni che sembravano poter essere appannaggio solo degli altri, ora, sono anche le nostre. Non possiamo fare i conti col passato, non c’eravamo. Non potete obbligarci a pensare a Maradona, non possiamo farlo che attraverso i video. Le emozioni di quei giorni ci arrivano filtrate, non possono essere totalmente nostre. Noi abbiamo Hamsik e Cavani che segnano in due minuti col Villarreal, il Bayern che non riesce a vincere al San Paolo e il Manchester City dello sceicco che perde a Napoli e viene eliminato da Campagnaro e Aronica.
Viviamo una sensazione diversa perché più matura due anni dopo, con tre vittorie pure “tranquille” in casa e due sconfitte fuori contro gli squadroni veri, Arsenal e Borussia Dortmund. Abbiamo il rammarico per com’è andata a Bilbao, e ora abbiamo la squadra più bella d’Italia (per il gioco espresso) che va a giocarsi le sue carte a Kiev. Da favorita. I nostri ricordi di un Napoli grande sono questi qui, europei e bellissimi. Anche le sconfitte: quella a Stamford Bridge, ad esempio, come fai a non essergli in qualche modo affezionato?
Il Napoli ha sempre dato e mostrato una parte del miglior repertorio in Europa. Lo stesso gironcino di Europa League dello scorso anno, roba da record, sta lì a dimostrarlo. Un mio amico, durante Napoli-Bruges, esultò sul 5-0 come se gli azzurri avessero appena segnato l’1-0 alla Juventus, però a Torino. Io lo guardai, gli chiesi se fosse matto. La risposta mi fece capire tante cose: «Per anni ho visto partitacce contro Ternana e Ancona, mi vuoi far godere di ogni singolo secondo di calcio europeo o no?». Ed era solo Europa League. Pensate cosa potrebbe succedere da domani sera, quando ricomincerà la nostra storia in Champions. Quando proveremo ad aggiungere altre perle alla nostra collana, quella composta dalle vittorie contro Borussia Dortmund, Arsenal, Chelsea, Manchester City. Quando Milik e Jorginho e Allan e Hysaj e Koulibaly si uniranno ai loro predecessori, a Higuain, Inler, Maggio, Cavani, Lavezzi, De Sanctis e Paolo Cannavaro.
La Champions, per quelli come noi, è un teatro dei sogni che diventa realtà. Cui il Napoli, adesso, può aspirare con velleità da protagonista. Siamo emozionatissimi, increduli, felici. “Inevitabile sorpresa” di vederci ancora e di nuovo lì, dove non immaginavamo di poter mai arrivare. Spalla a spalla con le migliori squadre d’Europa. Non vediamo l’ora, davvero.