Il lavoro (e il dietrofront) di Sarri sulle variazioni nella formazione titolare. Allo spagnolo non fu perdonata, oggi è quasi necessaria. Almeno finché si vince.
Stadio Marassi, 28 settembre 2013. Il Napoli di Benitez, quattro vittorie su quattro partite di campionato prima del turno infrasettimanale del 25, sale a Genova per giocare contro i rossoblù. E lo fa tra le polemiche, toh: tre giorni prima ha pareggiato in casa 1-1 con il Sassuolo. Il primo punto dei neroverdi in Serie A, i primi due persi dal Napoli (che nel frattempo ha pure battuto il Borussia Dortmund, finalista dell’ultima Champions League, nell’esordio europeo del San Paolo). Eppure, Napoli è in subbuglio: contro gli emiliani, in casa, tre giorni prima di una trasferta a Genova e una settimana prima di Arsenal-Napoli, fu un ardire non schierare tutti i titolari. In un pezzo pubblicato 12 giorni fa, in piena querelle sulla situazione-turnover, Massimiliano Gallo ha ripercorso così quei giorni: «Per quella partita (gol di Dzemaili e Zaza), Benitez schierò Reina; Mesto, Fernandez, Cannavaro, Armero; Inler, Dzemaili; Pandev, Hamsik, Mertens; Higuain (entrarono nella ripresa Callejon e Insigne). Scoppiò l’inferno, al punto che il Napoli andò a giocare a Genova contro il Genoa in un clima da ultima spiaggia. E lui, lo spagnolo, si presentò a Marassi con Pandev e Zapata (Higuain era malconcio) e vinse. Il suo turnover scientifico e secondo alcuni eccessivo fece letteralmente impazzire l’ambiente Napoli. Benitez a Napoli ha toccato corde che pochi hanno avuto il coraggio di pizzicare e la reazione furiosa di quella che definimmo “una certa Napoli” fu da cinema».
Tre anni dopo quella partita, 12 giorni dopo quel pezzo, il mondo si è ribaltato. E Napoli, il suo corpo ambientale e di critica, ha incredibilmente e improvvisamente rivalutato i concetti cari a Benitez. O, almeno, ha invocato e in qualche modo sottolineato positivamente la rilettura del turnover scientifico dello spagnolo secondo Sarri. Tra Palermo-Napoli, Dinamo Kiev-Napoli e Napoli-Bologna, Sarri ha fatto ruotare i terzini (due partite per Hysaj, una per Maggio; due partite per Ghoulam, una per Strinic), i centrocampisti (due match da titolare per Zielinski) e gli attaccanti (Gabbiadini titolare contro il Bologna, alternanza perfetta Mertens-Insigne). Applausi di tutti. Per il tecnico, soprattutto. Che, bisogna riconoscerglielo (lo facciamo con piacere), è tornato sulla sua versione iniziale, quella dei «18 uomini per fare una rivoluzione», denotando la giusta adattabilità mentale per il doppio impegno e per la rosa ampia confezionatagli al e dal calciomercato. Quasi, maliziosamente, viene da chiederci se tre anni fa sarebbe bastato avere Sarri, in panchina al posto di Benitez, per far digerire questa dinamica al Napoli e a Napoli.
La verità, invece, è più semplice. Meno cattiva, anzi estremamente positiva. Molto spesso, i più severi critici del Napolista ci accusano di “infangare” il pubblico di Napoli, di individuarlo e riconoscerlo come uno dei problemi di questa squadra e di questa città. Semplicemente, ci sono dei casi in cui è limitante per le ambizioni di questo club. Lo fu tre anni fa con Benitez, quando voltò la faccia al primo risultato negativo perché “era colpa del turnover”. Oggi, invece, lo stesso pubblico sta dimostrando una certa maturità nella sua richiesta delle rotazioni. Certo, i risultati positivi aiutano (in caso domani sera si perdesse con Gabbiadini, Rog e Maksimovic titolari, cosa accadrebbe?), ma il parallelo storico con la trasferta di Genova del 28 settembre 2013 denota la crescita dell’ambiente in questo senso. Sottolinea come si possa supportare – anche se magari qualcuno lo fa e intanto si tura il naso per partito preso (contro la società), oppure lo fa senza accorgersene – la scelta di mercato fatta quest’estate. Una scelta lungimirante, progettuale, precisa e definita. Rischiosa, certo. Orientata ai giovani, altrettanto certo. Ma che permette al tecnico di valorizzare qualcosa attraverso la turnazione. Quello che Benitez voleva fare due anni fa, e non gli fu perdonato. Siamo cresciuti, nel frattempo. Perdonaci, Rafa, ma questo è soprattutto merito tuo. Nonostante il ritardo.
La stessa gestione di Gabbiadini, insieme alla “narrazione del sostegno” dei tifosi, è sintomatica di come lo “spalla a spalla”, almeno (forse solo) per quanto riguarda le questioni di campo, sia stato metabolizzato da tutti. Manolo, nonostante un Milik devastante, continua ad avere un partito importante di supporto. Lo vogliamo in campo, lo incitiamo a riprendersi. Non sappiamo se Sarri lo schiererà domani, se lo facesse nessuno inizierebbe la caccia all’allenatore. Finalmente, ci viene da dire. Il Genoa tre anni fa, il Genoa oggi: come segnare un cambiamento di prospettive. Almeno fino alla prossima sconfitta, Napoli continuerà ad apprezzare il turnover. Anzi, a reclamarlo come una cosa buona e giusta. Tre anni fa, di questi tempi, Rafa Benitez inziò a diventare zimbello di tutti perché voleva fare la stessa cosa. Intanto, però, si permise di pareggiare contro il Sassuolo. Che cattivone.
Il mezzo di comunicazione è il messaggio
Marshall McLuhan