L’analisi tattica di Genoa-Napoli. Precisione del 65% nei passaggi, appena tre tiri in porta del tridente. E la panchina non ha fatto magie.
Genoa-Napoli è una partita che, insieme, riesce a essere facile e difficile da spiegare. Da comprendere, da individuare nei suoi punti chiave. Dire che il Genoa ha giocato con intensità, che il Napoli ha comunque disputato una buona partita ma che ha rischiato di perderla alla fine, è tanto vero quanto semplice (e semplicistico), e lo leggi nel dato della produzione offensiva legato al tempo, al momento della partita: delle 12 conclusioni del Genoa, 7 sono sono arrivate dal 65esimo in poi. Il Napoli, in tutto, ha tirato 14 volte verso la porta di Perin.
Andare oltre vuol dire analizzare e capire quanto successo tatticamente, gli accorgimenti utilizzati da Juric per limitare un Napoli fedele alla sua impostazione ma tradito dalla sfortuna (sulla traversa di Hamsik) e dalla scarsa vena del tridente: tra Milik, Mertens e Callejon 3 conclusioni appena nello specchio della porta e 6 occasioni create (4 key passes per Callejon, uno a testa per Milik e Callejon). Troppo poco per una partita che il Genoa ha portato subito dalla sua parte: l’intensità di cui sopra, appunto, ma soprattutto un’impostazione che non permetteva al Napoli di giocare velocemente la palla e un meccanismo di ripartenza basato sul gioco delle coppie esterne, sulla superiorità numerica sulle fasce. Sotto, la heatmap dei rossoblu e le posizioni medie in campo: si noti la sovrapposizione quasi perfetta di Laxalt e Ocampos sull’out sinistro e la solitudine di Lazovic dall’altra parte.
Una scelta, quella del 3-4-3 asimmetrico, che potrebbe sembrare spiccatamente offensiva. Ma che invece, nel caso del Genoa, rappresentava contenimento puro: quasi un pallone giocato su 3 (il 27,9%) è stato sfruttato con un lancio lungo, e molti di questi erano diretti sulle fasce, laddove stazionavano almeno (e sempre) due calciatori: Ocampos più Laxalt a sinistra e Lazovic più Izzo a destra, con il supporto degli interni. In questo modo, il Genoa superava il primo pressing bypassando la costruzione bassa (resa ancora più complicata da una voluta inferiorità a centrocampo, con Rigoni a uomo su Jorginho e Rincon e Ntcham a fare gli straordinari su Allan e Hamsik) e al tempo stesso costringeva le mezzali del Napoli a scalare subito sull’esterno, creando un due contro due in attesa del rientro in copertura di una delle due ali. Sotto, vediamo il campetto posizionale con tutti i lanci lunghi dei rossoblu. Sono tutti, o quasi, direzionati sulle fasce laterali.
L’utilizzo di molti uomini in zona palla, e in una porzione di campo “chiusa” come le fasce laterali, ha permesso al Genoa di subire poco e di essere pericoloso nei pochi momenti in cui il Napoli non riusciva a recuperare velocemente la superiorità numerica sugli esterni. La grande occasione costruita in una situazione “normale” di partita, nel primo tempo a parità di condizione fisica, nasce proprio da un cross lungo dalla destra diventato pericoloso dall’altra parte del campo. Per il resto, il dispositivo difensivo di Sarri è stato comunque protagonista di una buona prestazione, singolare e di reparto: 5 delle 6 conclusioni costruite dal Genoa su azione manovrata, non da calcio piazzato, sono arrivate nella ripresa. Di queste 5, una al 56esimo (con Lazovic); le altre, tutte a ridosso del finale di partita o comunque subito prima.
L’unica occasione su azione manovrata costruita dal Genoa nel primo tempo: cross di Lazovic dalla destra, difesa in linea perfettamente schierata contro Pavoletti e Ocampos, ma Laxlat arriverà dall’altra parte, in uno spazio che per forza di cose deve essere lasciato libero nello scivolamento. Una situazione che può avvenire poche volte, che si deve al grande lavoro fisico degli esterni del Genoa. La dimostrazione della bontà tattica nelle scelte di Sarri e Juric.
Quindi, bravo Juric. Che ha ingabbiato il Napoli attraverso una perfetta organizzazione difensiva della partita ed è riuscito a presentare una squadra in condizioni fisiche smaglianti, in grado di reggere l’urto di tale dispendio di energie lungo tutti i 90′ (molto più brillanti i rossoblu nel finale) e pure con cambi molto ritardati: al di là dell’infortunio di Pavoletti nel primo tempo, e del conseguente ingresso di Simeone, Munoz ed Edenilson sono entrati, rispettivamente, al 77esimo e all’87esimo.
Per il Napoli, quindi, doppio problema: condizione fisica deficitaria (leggi alla voce stanchezza) e serata non proprio di grazia degli uomini offensivi, e questo l’abbiamo già detto. Eppure, non sono mancate le occasioni: pure in una partita giocata benissimo dagli avversari, la squadra azzurra è riuscita a mettere insieme 14 conclusioni verso la porta di Perin. In realtà, è mancata al Napoli una caratteristica fondamentale del suo gioco: la precisione dei passaggi. La accuracy di ieri sera non arriva al 65%, ed è un dato che per una squadra di possesso prolungato come quella disegnata da Sarri è abbastanza preoccupante. E decisivo, of course. Basti pensare che contro il Bologna, lo stesso parametro aveva detto 91% e che la media in campionato, nonostante Genova, resta comunque dell’89%.
Merito degli avversari, in primis. Che hanno limitato Jorginho (appena 78 passaggi), hanno costretto i due centrali difensivi a prendersi compiti e rischi dell’impostazione del gioco (Koulibaly 110 passaggi ed Albiol 102) e hanno coperto benissimo tutte le linee offensive: basti pensare che il tridente offensivo, 113 appoggi in tutto, ha un’accuratezza media del 75%. Ergo, un tocco su quattro sbagliato. Che in attacco ci sta pure, ma che nel 54% di Mertens denota una serata poco felice. Sotto, la heatmap del belga. Che conferma la sua “nuova” posizione accanto alla prima punta ma in ogni caso denota scarsa mobilità. Anche questo è un merito di Juric, che sceglie di rischiare l’uno contro uno tra i suoi difensori e gli attaccanti azzurri (pur con il supporto continuo degli esterni) e alla fine porta a casa 33 eventi difensivi, e 5 falli commessi.
Un altro dato importante riguarda l’incidenza della panchina. Finora, Sarri era riuscito ad attingere benissimo dalle sue riserve, con cinque punti sui dieci conquistati che sono arrivati grazie alle giocate dei calciatori entrati durante il match. Ieri sera, questa “magia” non è riuscita. Anche in questo caso, è “colpa” di prestazioni non all’altezza delle aspettative: Insigne è stato abbastanza vivace (2 tiri verso la porta e un passaggio chiave in poco più di 20 minuti), ma le scarse potenza e precisione nella grande occasione servitagli da Hamsik sono un macigno sulla sua coscienza; Zielinski e Gabbiadini, invece, hanno avuto poco tempo per mettersi in mostra (18 minuti per il polacco, giusto una decina per l’ex Samp) ma sono stati comunque poco incisivi; per la mezzala, appena 12 palloni giocati in 18 minuti. Tra l’altro anche non benissimo, con una percentuale di accuratezza del 66%.
In conclusione, ci viene da dire: risultato giusto, meritato dal Genoa ma comunque catalogabile come “non negativo” anche dal Napoli. Se la squadra di Juric dovesse riuscire ad affrontare nello stesso modo tutte le sue avversarie da qui a fine campionato, Marassi sarà un campo difficilmente espugnabile: ritmo, intensità e soprattutto una grande capacità di lettura tattica. Il tecnico croato, come detto da Sarri nel postpartita, ha un futuro certo. Sta iniziando a dimostrarlo.