Entra dopo dieci minuti, per cominciare a “giustificare” l’investimento enorme fatto per lui. Maksimovic gioca bene, ed è la panchina lunga di Oronzo Canà.
Nikola Maksimovic è un grande tema di Napoli-Benfica. Saltiamo a pie’ pari la retorica, comunque corrispondente a verità, del calciatore che entra a freddo e gioca bene e si disimpegna perfettamente nonostante per lui si tratti dell’esordio. Cioè, non è che saltiamo nel senso che ignoriamo: lo abbiamo scritto, lo abbiamo sottolineato. Lo saltiamo perché non c’è bisogno di ritornarci. Un altro po’ di questa roba, anzi la spiegazione in cifre, la trovate nella nostra analisi tattica (qui).
Parliamo del calciatore, di quello che ha saputo dare in campo al di là delle cifre e di quello che rappresenta per il Napoli. E per analizzare criticamente proprio questi aspetti, partiamo dalla fine, anzi dalla postfazione: Sarri nel postpartita, che parla di Maksimovic e di Maksimovic attraverso Cristiano Giuntoli. A pensarci bene, è una cosa nuova e insieme immediata: nuova perché sentire il tecnico del Napoli complimentarsi così con un qualcuno che non sia un suo calciatore è una cosa mai vista su questi schermi. Tanto più che si parla di mercato, un argomento trattato poco e non sempre benissimo dall’uomo di Bagnoli/Figline. Allo stesso modo, però, è una cosa immediata perché l’associazione di idee Giuntoli-Maksimovic-Giuntoli ti viene naturale. Al momento dell’assunzione del diesse ex Carpi, inizio estate 2015, si parla di Nikola Maksimovic al Napoli. Il 31 agosto del 2016, quando mancano ventitré minuti alla mezzanotte, si sta ancora parlando di Nikola Maksimovic al Napoli. «Stasera Maksimovic ci ha fatto vedere perché Giuntoli ha insistito tanto per averlo». Mai frase fu più scontata. Mai verbo fu più eufemistico di insistere.
Da qui, discende tutto il resto. Discende che Giuntoli è uno che, a naso, era ed è in grado di fare una cosa semplice che però non riesce a tutti: mettere le cose giuste al posto giusto. Unire i puntini, colorare gli spazi, il calciomercato come se fosse una settimana enigmistica. Maksimovic, accanto a Koulibaly, ci sta come il 7 accanto all’8. Consequenziali, complementari, anche intercambiabili. Nikola non è Albiol, o meglio non lo è ancora. Però ha dimostrato di poterci stare, accanto a Kulì. L’ha fatto in una serata che era una prova doppia, tripla: un po’ le cose della retorica di cui sopra, un po’ (soprattutto) il fatto che si trattasse di Champions League. E che si trattasse di un match tra una squadra di prima fascia e una squadra di seconda. Cioè, il massimo possibile a questo punto della competizione e della stagione.
Nikola Maksimovic, oggi 29 settembre, ha fatto capire che forse i 25 milioni sono ancora troppi, ma che cominciano ad avere senso. Ha fatto intendere che, da qui a qualche tempo, quella cifra ipercriticata da giornalisti e pagellisti e tifosotti del mercato potrebbe avere un senso finito, totale. Qualcuno, probabilmente, continuerebbe ad obiettare che “sono uno sproposito”. Ma se questo ragazzo, la notte dell’esordio «anticipato, tre giorni prima» (Sarri cit.) con il Napoli e in Champions League, gioca con questa aderenza allo stile della sua squadra, vuol dire che siamo di fronte a un calciatore importante. Con prospettive di crescita indecifrabili, in senso positivo.
In ultimo, il senso di Nikola Maksimovic. Ovvero, 25 milioni (vuoi o non vuoi) che si alzano dalla panchina (dalla panchina!) e vanno in campo. Il senso di un progetto, il senso di un calciomercato che è stato di una qualità eccellente e che ci sta scoppiando tra le mani insieme a una squadra che gioca a memoria. La cosa più importante, poi, sta nel fatto che in Napoli-Benfica Maksimovic riesca a giocare così bene, a esser subito così importante. E se qualcuno obietterà ancora che i soldi “sono troppi”, noi non gli diamo torto. Però controbattiamo con una domanda: ma tu, un difensore centrale che gioca benissimo in una partita di Champions, quanto lo vuoi pagare?
Ah, un’ultima cosa: Maksimovic è solo la punta dell’iceberg. Dietro di lui ci sono Tonelli e Chiriches. Oronzo Canà/Lino Banfi voleva la panchina lunga. Beh, eccola qui.