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Massimo Bolognino, il re del Subbuteo (21 Mondiali): «È innanzitutto aggregazione»

Solo una belga ha vinto più Mondiali del napoletano. Ora ha cominciato a vincere pure il figlio. Oggi sarà al Mann con Giulierini e il Napolista.

Massimo Bolognino, il re del Subbuteo (21 Mondiali): «È innanzitutto aggregazione»
Massimo Bolognino in azione

Il Mann e il Subbuteo. Oggi alle 15 al Museo archeologico nazionale di Napoli ci sarà l’incontro voluto dal direttore Paolo Giulierini e organizzato con il Napolista e con il supporto dell’Old Subbuteo Club Rudy Krol (che fornirà i campi di gioco). Obiettivo: avvicinare questo gioco al maggior numero di persone possibili, soprattutto ai ragazzi, e confermare il Mann come vero centro di attrazione e sempre più punto di riferimento per la città.

Il modo migliore per trovare nuovi appassionati è far partecipare, e parlare, e spiegare di cosa si tratta a chi vive di questa passione. A Napoli siamo fortunati: da queste parti, infatti, è nato Massimo Bolognino. Che, semplicemente, ha vinto 21 titoli mondiali di specialità. Lo abbiamo intervistato, e una delle domande è stata: «Ci dici con precisione quanti titoli mondiali hai vinto? Così, giusto per avere un’idea». La risposta: «Precisamente? … … (qualche secondo di silenzio, ndr) Sì, sono 21. Scendendo nel dettaglio, sarebbero 4 individuali open, 2 veteran, 15 squadre. L’ultimo domenica». Definirlo il “Messi” o il “Maradona” del Subbuteo non ci pare blasfemo. Anzi.

In realtà, la domanda è presa da un punto a caso dell’intervista. Abbiamo parlato di tante cose prime e dopo, le curiosità per un mondo di nicchia come quello del Subbuteo possono essere tantissime. E sono state tantissime, a cominciare da quelle sulla costruzione del campione. Sulla trasformazione del gioco o del passatempo in qualcosa di più: «Ho conosciuto il Subbuteo grazie a un regalo di Epifania di mia sorella, 1980. Pensa che a quel tempo non esistevano console, pc, videogiochi. Se volevi riprodurre il gioco del calcio, quello era l’unico modo. C’era un tavolo in casa di tutti gli appassionati. Il Subbuteo era il gioco per eccellenza. Poi, piano piano, se sei bravo cresci. Come me, che ho giocato per la prima volta fuori la cerchia di amici, parenti e conoscenti grazie al Guerin Subbuteo, torneo organizzato tramite cartoline che uscivano in allegato al Guerin Sportivo. Alla prima partecipazione non è andata benissimo, poi siamo tornati con qualche trucchetto appreso in più. Nel 1991 ho iniziato con i tornei, due anni dopo ho vinto il mio primo titolo nazionale». Tredici anni per uno scudetto. Il Napoli di De Laurentiis esisterà da 13 anni ad agosto 2017. Vuoi vedere che…

L’esultanza di Massimo Bolognino

L’esultanza di Massimo Bolognino

Napoli a parte (ma Massimo Bolognino, da buon tifoso, sarebbe felice di questo augurio), c’è tanto oltre il gioco e i tornei. C’è, innanzitutto «un grande modello di aggregazione. Ai primi tempi ci si riuniva in gruppi di parenti e amici, condomini e quartieri organizzavano dei grandi tornei. Il Subbuteo metteva insieme le persone, così come cerchiamo noi di fare oggi con il nostro club». Il club, appunto. La storia di Bolognino con i club è in realtà la storia del Subbuteo napoletano, e lui è felice di raccontarcela: «Dopo il secondo tentativo ai tornei, ci hanno consigliato di iscriverci a un club. Allora c’era il Napoli Ferrovia, con Massimo Sparano come uno dei migliori giocatori italiani. Una buona scuola. Nel 1994 ho partecipato ai primi Mondiali, e per la prima volta sono venuto a contatto con materiali e strumentazioni dei professionisti. Quando poi avvenne lo scisma nel mondo del Subbuteo italiano, tra Aicat e Federazione Italiana Sportiva Calcio Tavolo, io rimasi dal lato della prima, per poi fare upgrade nel 1998. In quello stesso anno ci fu la fusione tra il Napoli Ferrovia e il club di Benevento. Nacquero gli Eagles Napoli che oggi rappresentano una vera e propria selezione regionale del gioco».

Da qui in poi è un’escalation e insieme una stabilizzazione: i titoli mondiali, 21, ma anche un club che mette radici. Oggi, c’è una sede stabile al centro polifunzionale di Soccavo. Dove, e Bolognino lo sottolinea più volte, «le attività sono aperte a tutti e sono molto seguite e pubblicizzate, anche su Radio Marte che è un po’ la nostra voce ufficiale. C’è una piccola quota da pagare per gli associati, ma non è necessario possedere la tessera per giocare. Ogni sabato, dalle 16 alle 18, c’è la scuola di Subbuteo, gratuita dagli 8 anni in poi. Ovvero, fin da quando un bambino arriva al tavolo». Che è il momento migliore per cominciare.

Bolognino junior, però, ha iniziato a dodici anni. Sì, il campione del mondo ha già un erede in casa. Andrea, che ha 15 anni, gioca quindi da tre, è arrivato terzo all’individuale e ha vinto il titolo a squadre. Proprio domenica scorsa. Mentre il padre si prendeva il suo numero ventuno. «Non è stato mai forzato a giocare – conclude Massimo -, all’inizio veniva al club poi ha smesso. Da un po’, invece, ha avuto un ritorno di fiamma. Che l’ha portato fino al Mondiale in cui si è ben comportato. Ha perso in semifinale contro il campione del mondo in carica, un italiano con cui ha giocato per il titolo a squadre. Austria battuta 3-0 e un altro mondiale in casa. Non è male, anche perché l’Italia ha una grande tradizione che deve continuare. Solo la nazionale femminile del Belgio ha una giocatrice che ha vinto più Mondiali di me. Credo basti a identificare la forza del movimento». E della famiglia Bolognino, che nella figura di papà Massimo domani al Mann proverà a spiegare come una passione può portarti in cima al mondo. Non c’è miglior modo per parlarne, dopotutto.

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