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Sarri, ovvero a remare dalla stessa parte non ci si riesce proprio

Davanti ai microfoni, il grande allenatore si trasforma. Non serve dire le cose giuste, solo quelle opportune. E una sana ipocrisia.

Sarri, ovvero a remare dalla stessa parte non ci si riesce proprio

Non era facile trasformare, al termine di una buona prestazione in trasferta, un credito arbitrale e giornalistico nei nostri confronti in un voucher gratuito regalato alla stampa per ricamo e controricamo libero e anti-Napoli valido per qualche settimana. Ma con buona dedizione, simile a quella ottima mostrata dalla sua squadra nella rognosa partita di Genova, Sarri riesce nell’impresa. I giornalisti Sky ascoltano increduli e controllano il calendario, per capire se è già la vigilia di Natale, mentre si fregano le mani ringraziando con pelosa cortesia.

A remare tutti dalla stessa parte non ci si riesce proprio. Abbiamo una idiosincrasia che andrebbe studiata. Ci aveva provato invero Reina nel post partita, scegliendo le virtù necessarie nelle inutili interviste sul campo: brevità e vaghezza. Non serve dire le cose giuste, serve solo dire quelle opportune. Serve riscoprire l’antica arte dell’ipocrisia, esercitata storicamente dai vincenti. Invece pare che Sarri davanti al microfono non possa fare a meno di sognare di trovarsi in un luogo a metà strada tra un confessionale e un ufficio reclami, per cui la D’Amico diviene magicamente la Madonna che intercederà presso la presidenza onde venire incontro alle richieste dell’allenatore – che, come moltissimi in questo strano mondo chiamato calcio, scopre falle societarie così fondamentali solo qualche settimana dopo l’adeguamento contrattuale. È un mondo di distratti a tempo.

Per chi scrive, Maurizio Sarri ha competenza tecnica e tattica tra le prime in Europa. È una persona intelligente ed un grande uomo di campo che fa dell’attacco collettivo in partita la propria cifra stilistica nella stessa misura in cui sceglie la intimorita difesa isolata fuori dal rettangolo di gioco. Lo si è visto anche nella surreale vicenda dell’allenatore preso di mira perché indossa la tuta e non il doppiopetto, a commento dell’ennesima espulsione: se questo è l’andazzo e lo si è capito, basta comprarsi la sciammeria. Punto.

Siamo alla quinta stagionale. Il Napoli sta bene ed ha margini enormi di crescita, specie in vista dei numerosi innesti da utilizzare in partita. Ed ha uno stile, grazie soprattutto al lavoro dell’allenatore. Ora però è tempo di essere chiari e dire una volta per tutte che i tempi della Faellese, del Sansovino, dell’Antella sono finiti. Prendendo a prestito una frase di Umberto Contarello: “L’essere neofita non è un pregio e non è una qualità. L’elegia del neofita invece è una porcheria intellettuale”. Il resto lo lasciamo volentieri alla noiosa retorica dei campi polverosi di provincia.

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