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Da Ventura a Sarri, i rapporti tormentati di De Laurentiis con i suoi allenatori

Dodici anni di convivenze: il presidente del Napoli non è un mangia-allenatori, eppure non si è mai fatto mancare periodi di tensione con i suoi tecnici.

Da Ventura a Sarri, i rapporti tormentati di De Laurentiis con i suoi allenatori

In questi giorni un po’ così, diciamo di “freddezza” nel rapporto tra De Laurentiis e Sarri, abbiamo voluto tornare un po’ indietro nel tempo. Per capire come e quanto, negli ultimi dieci anni, la gestione De Laurentiis abbia in qualche (e in quale) modo fatto terra bruciata di allenatori. Niente di clamoroso, sia chiaro: due soli esoneri a stagione in corso, in dodici anni di gestione, sono roba da pochissimo per lo schizofrenico calcio italiano degli Zamparini & co. Nello stesso periodo, la Juventus ha dovuto cambiare tecnico in corsa per tre volte. Però, mai una serenità totale: liti dal vivo, punzecchiature a distanza, momenti di tensione. Una cronistoria dettagliata di tutti i rapporti tra il patron del Napoli e i suoi allenatori, da Ventura fino a Sarri. Un bel viaggio nel passato, da cui sono venute fuori cose davvero simpatiche.

Ventura

È un rapporto particolare, che si potrebbe definire attraverso la locuzione “litigi retroattivi”: l’esonero del tecnico genovese, nel gennaio 2015, non si lascia alle spalle grandissimi strascichi polemici. In un vecchio articolo di Repubblica, anzi, ritroviamo il racconto di una separazione tranquilla, addirittura consensuale, che si arricchisce anche di una promessa di continuare a lavorare insieme, con Ventura in un ruolo manageriale nello staff tecnico. «Da oggi – queste le parole di Ventura in una nota scritta pubblicata subito dopo l’esonero – non sono più il tecnico del Napoli. Mi faccio da parte per il bene della squadra. Ventura per un attimo esce di scena e finalmente si parlerà di quello che è necessario fare per centrare l’obiettivo. Il presidente Aurelio De Laurentiis mi ha proposto di lavorare per i prossimi tre anni all’interno della gestione tecnica. Sono nato con voi e faccio parte di questo progetto. Si è parlato di questa squadra come se fosse una squadra normale, ma così non è. Non sono dimissioni anzi esattamente il contrario. Si dimette chi scappa o chi non è in grado. Qui la situazione è opposta. Il mio rappresenta un ulteriore contributo che diventerà ancor più grande quando si raggiungerà un obiettivo».

Ovviamente, non andrà così. Anzi, giusto due mesi fa, durante il ritiro a Dimaro, il presidente del Napoli ha definito il suo ex tecnico come «Ultracentenario», insieme al presidente federale Carlo Tavecchio. Eccoli qui, dopo più di dieci anni, i “litigi retroattivi”.

Reja

Un rapporto lungo, quattro anni esatti di alti e bassi. Com’è giusto che sia, verrebbe da dire se non conoscessimo i personaggi. Che poi, però, hanno sempre avuto forza e modo di riconciliarsi, di parlare bene l’uno dell’altro. Reja, prima dello scontro diretto della scorsa stagione (era sulla panchina dell’Atalanta), confermò quanto, per lui, «De Laurentiis fosse un signore» e quanto, adesso, «capisca anche di calcio».

Oggi è così. Ieri, però, tante burrasche. Raccontate anche dagli stessi protagonisti molti anni dopo: il 21 gennaio 2008, ad esempio, nel postgara di Napoli-Lazio 2-2. Appena dopo la partita, a una domanda sulle sue eventuali dimissioni, il tecnico goriziano risponde così: «Sono tutte balle, non mi dimetto: abbiamo 24 punti, cosa volete di più da questi ragazzi?». Poi, subito dopo, è addirittura «contatto fisico negli spogliatoi». Questa, almeno, la versione di Repubblica. Che, in un articolo di allora, racconta così quel finale un po’ concitato: «Passano pochi minuti e dalla porta compare De Laurentiis: vorrebbe complimentarsi con la squadra, della quale ha apprezzato il carattere e la determinazione nel recuperare il risultato. Reja, però, non apprezza e lo fa capire subito: “Ti fai vedere solo quando le cose vanno bene, giovedì invece ci hai massacrato», dice senza usare mezzi termini il tecnico friulano, con il quale si schiera praticamente tutta la squadra, che applaude apertamente. Il riferimento è alle accuse lanciate da De Laurentiis dopo l’ eliminazione dalla Coppa Italia, ad opera proprio della Lazio. Il presidente non gradisce, replica a tono e si avvicina minaccioso al suo allenatore, che non si tira indietro: testa a testa come spesso fanno i calciatori, Reja e il suo datore di lavoro arrivano quasi alle mani. Il tecnico, tesissimo, rincara la dose: “Sono quattro anni che ti sopporto, ora mi hai stufato: trovati un altro allenatore”. Qualche giocatore prova a sedare gli animi, Marino assiste allibito da una panca a pochi metri. Infuriato, De Laurentiis sbatte la porta e se ne va». Alla fine, crisi rientrata e Reja per un altro anno sulla panchina azzurra.

Non è certo l’unico caso: una ricerca veloce in rete ci porta a un articolo di Tgcom del marzo 2006, in cui si racconta di «attacchi dal presidente all’allenatore per alcune sue scelte». L’esonero del 2009 arriva in un momento di forte crisi di risultati, viene accettato con serenità dal tecnico goriziano. Che, evidentemente, stima De Laurentiis al punto di averne perdonato le intemperanze con gli anni. Un bel rapporto, non c’è che dire.

Donadoni

Rapporto breve, eppure tormentato. In mezzo c’è il mercato dell’estate 2009, quello che costò a Marino il licenziamento. Nel giorno in cui annuncia l’addio al suo diggì, il presidente ne ha anche per il tecnico bergamasco: «Lasciamolo stare , il problema non è Donadoni che è un professionista serio ma capire se il suo gioco si sposa con i giocatori che abbiamo. Ora voglio parlare con lui, analizzare le gare, capire perché ha utilizzato Pià invece di qualche altro, perché ha mandato in tribuna Datolo. Il Napoli, prima del 6 ottobre quando tornerò a Los Angeles, ripartirà con Donadoni o con un altro allenatore». Anche il tecnico non si risparmiò qualche frecciata: «Capisce di calcio quanto io capisco di cinema», ebbe da dire poco dopo il divorzio.

Non solo: sempre poco dopo l’esonero, ci fu un piccato botta e risposta. De Laurentiis: «Chi c’era prima di Mazzarri non ha lavorato bene sulla preparazione». Risposta di Donadoni: «Un’ulteriore caduta di stile. A fine gara De Laurentiis tende a farsi prendere dall’emotività  e con queste dichiarazioni dimostra una volta in più di capire poco di calcio. Dubito che abbia seguito con attenzione gli allenamenti: dunque con quale cognizione parla? Se l’ho più sentito? No, ma gli metto a disposizione tutti i file memorizzati nei pc miei e dello staff: lì, giorno per giorno, c’è tutto il lavoro svolto con il Napoli. Chi capisce può valutare, senza tralasciare il dato dei test fisici da professori dell’Università  di Pisa, in possesso del club. Perchè io contro Napoli non ho nulla». Non male, per soli otto mesi di lavoro congiunto.

Mazzarri

Meravigliosi. Insieme, Walter e Aurelio hanno scritto pagine indelebili. Fin da subito, poi. È questo il bello: presentazione del nuovo tecnico, che subentra a Donadoni. Un, due tre e vai col tango: Adl si dice «dispiaciuto per gli amici Garrone e Marotta, che proprio per il nostro interesse gli hanno dovuto alzare lo stipendio lo scorso anno». Mazzarri, subito, in maniera piccata: «Non sono il tipo che fa questi giochi ed alla Samp sanno benissimo come sono andate le cose». Bevenuti, insomma.

I tre anni e mezzo successivi sono una continua rincorsa tra punzecchiature a distanza, dichiarazioni pungenti, siparietti simpatici. Tipo nell’estate del 2011, quando si parla di Juventus per il tecnico toscano. De Laurentiis, che vorrebbe trattenerlo in vista della prima partecipazione Champions, si sente tradito: «Visto che valore ha il clima intorno alla squadra? Un tecnico deve incidere su quest’aspetto. O no?». Replica di Mazzarri: «C’è un contratto, ma non si può ridurre tutto a una firma apposta in momenti diversi».

Altri momenti di tensione: dopo la vittoria di Villarreal e la qualificazione agli ottavi di Champions, ad esempio, quando Mazzarri dichiarò che il Napoli era da settimo posto perché quella era la dimensione del monte ingaggi. Massimiliano Gallo, sul Napolista, definì i due contendenti col paragone cinematografico Kramer contro Kramer. Un bello spettacolo, continuo e in loop. Impossibile risalire a tutti gli scontri tra i due. Anzi, chiediamo una mano a voi lettori. Rinfrescateci la memoria.

Benitez

Situazione strana, quella tra Adl e il tecnico spagnolo. Roba interna, da sottobosco. Diciamo pure liti sottili, sul filo del silenzio. Poche le dichiarazioni incrociate nei giorni del lavoro comune, molte di più dopo (soprattutto da parte del presidente). Un po’ una riedizione del caso Ventura, solo che questa volta le frecciate sono state dirette, precise, anche ripetute: quella sul mercato, con l’accusa allo spagnolo di «aver voluto Damiao invece che Higuain»; oppure quella durante l’estate 2015, in cui raccontava di aver visto una squadra «carica come non la vedevo dai tempi di Mazzarri, chi lavorava prima con noi era eccezionale nei rapporti interpersonali ma Sarri è un grande allenatore»; a De Laurentiis, sempre a lui, si fa risalire il mito della «maglia sudata», come da sua dichiarazione nel giorno della presentazione delle divise da gioco 2015/2016. A gennaio 2016, un’altra stoccata di quelle pesanti: «Chi lavorava con noi ha bloccato la crescita del progetto».

Durante il loro rapporto lavorativo, una sola vera crisi “mediatica”: il ritiro imposto dalla società nella primavera del 2015, una decisione alla quale Benitez si attenne pur senza condividerla. Per il resto, tutta roba post. Oggi, invece, è il momento di Sarri. Che iniziò così, ormai un anno e tre mesi fa, la sua avventura al Napoli. Il resto è storia recente.

 

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