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Zielinski entra ed è decisivo: è il quattordicesimo uomo, il capitano delle “alternative”

Maurizio Sarri, oggi, si gira in panchina e trova il polacco pronto a cambiare le partite. Tanto da pensare a lui come titolare a Palermo per un vero e proprio turnover.

Zielinski entra ed è decisivo: è il quattordicesimo uomo, il capitano delle “alternative”
Zielinski in un’illustrazione di Fubi

Era da un po’ che non capitava, a volerci ripensare: un entra e ti cambia la partita. Te la spacca e la indirizza verso di te. Sì, era successo a Pescara con Mertens. Ma Mertens-to-Insigne è un cambio ormai metabolizzato, sembra una cosa che esiste da sempre. E quindi, non ci fai più tanto caso: si giocasse in dodici, il dodicesimo sarebbe il belga. Lo è da tre anni, ormai, ha un diritto di prelazione.

È anche il ruolo ad incidere, e a sorprendere. Al di là di gol estemporanei, vi ricordate di un centrocampista che entra dalla panchina e ti ribalta completamente lo scenario? È difficile già solo pensarlo, immaginarlo: uno che gioca da mezzala, per corredo quasi genetico, è la possibilità, non la certezza, di cambiare le sorti di un match. Piotr Zielinski ci è riuscito. Alla sua prima volta al San Paolo, in un sol colpo, ha fatto tutte insieme moltissime cose: ha deciso la gara con il Milan, si è candidato per il posto da tredicesimo (remember Mertens), ha fatto rivalutare il mercato del Napoli ai tifosi meno idealisti (sì, quelli che volevano l’attaccante da grandeur e invece si sono ritrovati con Milik e Gabbiadini), ha mostrato le sue qualità e ha fatto vedere a Sarri quanto Sarri avesse ragione.

È bastato questo strappo affinché succedesse tutta questa bella roba. E ora che è passata una settimana e che il ragazzo ha pure parlato per la prima volta da calciatore del Napoli (a un sito polacco, ovviamente), ci rendiamo conto di quanto le cose che abbiamo scritto in tempi non sospetti per spiegare chi fosse Piotr Zielinski, e perché Sarri stava rompendo e rompendosi l’anima per il suoi acquisto. Zielinski, semplicemente, è dentro questa squadra. Ci è dentro a livello tecnico, fisico e tattico: dimensioni diverse di una stessa situazione, perché una cosa è saper giocare bene a calcio, un’altra è poter fare il mediano in doppia fase. E un’altra ancora è farla in questo Napoli, in cui tutti corrono sempre e tutti devono rendersi e sono utili in ogni momento.

Gli inglesi lo chiamano box-to-box, e noi in Italia l’abbiamo importato con Tardelli. Al di là di paragoni mirabolanti, Zielinski è uno così: contributo alle due fasi di gioco, qualche preziosismo sparso, tante cose semplici fatte bene. Del resto, sembrava davvero che Klopp stravedesse per lui. Sì, quel Jurgen Klopp che Napoli sogna ancora la notte appena dopo aver visualizzato Sarri mentre morde il suo mozzicone di plastica. Un po’ come quando c’erano le diapositive a muro, e comparivano e scomparivano con il flash bianco in mezzo. Ecco, probabilmente il tifoso napoletano vorrebbe che Klopp fosse il dopo-Sarri. Ma per quello c’è tempo, e Zielinski è un trait d’union. Jurgen il tedesco l’avrebbe portato a Liverpool di corsa, il Napoli ha fatto la guerra, poi si è acquietato e poi è tornato di nuovo sul calciatore. Per accontentare Sarri. Sicuro della sua resa, dell’investimento, del fatto che potesse essere un simbolo del nuovo corso inaugurato dal mercato: quella cosa che Maurizio Sarri si gira, guarda in panchina, e trova calciatori pronti e potenzialmente decisivi. Contro il Milan, Piotr è riuscito a fare così. Gli stava andando bene anche a Pescara, poi qualcosa si è messo di traverso.

Ora, per esempio, già si parla di Zielinski a Palermo. In campo, da subito, come titolare. L’anno scorso, quel posto nella narrazione del Napoli era (non) occupato da David Lopez, nel senso che lui era il primo ricambio. Ora, dietro a Zielinski che è il capostipite, ci sono Diawara e Rog. Che non sono ancora Zielinski (è una differenza importante, vi spieghiamo subito perché) ma comunque possono aspirare a quel livello. Di importanza, di peso, di presenza. Zielinski è già a uno step successivo: conosce Sarri e Sarri conosce lui, e il concetto è ampliabile anche al calcio italiano. In questo ambiente, lui ci è nato e cresciuto. Paradossalmente, con i suoi 22 anni, Piotr è già una chioccia. È già un esempio, grazie alle sue 17 presenze in Nazionale, al suo Europeo giocato e non giocato, alla sua “fama”. La stessa cosa che potremmo dire di Rog, solo che lo possiamo avvertire di meno: non l’abbiamo ancora visto davvero, non abbiamo avuto modo di conoscerlo se non per le descrizioni scritte, i video su Youtube e l’ottima impressione destata in Croazia-Spagna. Zielinski ha l’Italia dalla sua parte, e il Napoli gioca qui. Ecco perché è lui il quattordicesimo, ma è il capitano di una squadra di buon livello. Che potrà davvero insidiare i titolari, un giorno. Lui, per esempio, sembra volerlo fare già per Palermo. Con la forza di poter essere vice-Hamsik e pure vice-Allan, come nelle due versioni offensive che Sarri avrebbe voluto schierare a Pescara (maledetti i crampi di Marek) e che poi ha effettivamente messo in campo con il Milan quando la cosa si era fatta complicata.

Ha sorpreso anche questo, anche perché l’anno scorso la soluzione offensiva era El Kaddouri, che non è una mezzala “libera” (uno che gioca senza il supporto del quinto di centrocampo e del terzo centrale alle spalle, per capirsi) e che quindi c’entra fino a un certo punto con quello che Sarri chiede ai suoi uomini in quella posizione. Una roba che Zielinski sa già, conosce, perché con il tecnico ha avuto a che fare anche se meno di quanto si immagini: nella loro stagione insieme ad Empoli, per il polacco, appena 7 partite da titolare, più 21 da subentrato, per 1039 minuti di gioco. La maturazione è arrivata con Giampaolo, Sarri ha dovuto e potuto riaccogliere uno Zielinski cresciuto e forse anche migliorato. Gli ha fatto piacere, senza dubbio. Vedremo a Palermo fino a che punto, anche perché dopo tre giorni c’è Dinamo Kiev-Napoli. Zielinski serve, eccome. È il capitano di una task force di “riserve” che ormai sono diventate “alternative”. Ne è il capitano perché è l’esempio migliore. L’ha già dimostrato. Avrà tempo e modo per dimostrarlo ancora.

Nell’immagine in evidenza, Zielinski in un’illustrazione di Fubi
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