Le dichiarazioni di Sarri dopo Bergamo possono essere un segnale di stress oppure un’abile mossa tattica
La sconfitta del Napoli a Bergamo, e le dichiarazioni post-partita di Sarri, hanno alimentato non poche polemiche. Abbiamo chiesto un parere allo psicologo dello sport Aldo Zerbini.
Prima questione: la stanchezza mentale. Una valutazione che sottende un indebolimento per alcuni giocatori e forse anche di gruppo; sono venute a mancare, o non sono state ben recuperate, innanzitutto le energie psichiche spese in altre gare. Nella prestazione globale della squadra si è manifestata pertanto una serie di insufficienze che non ha risparmiato alcun aspetto. Nella parte “alta” della struttura psicologica (la testa) i calciatori non riescono a mantenere la concentrazione, l’apprendimento degli automatismi di gioco si offusca, il pensiero tattico si dirada, l’intelligenza calcistica svanisce, le comunicazioni in campo (e dintorni…) si frantumano, non si parla come si dovrebbe, si urla, ecc.
Nella parte “bassa” (il cuore: la passione, i sentimenti che spesso determinano i successi): l’ansia è stata più forte delle motivazioni, le emozioni ballano freneticamente, l’aggressività si ritira o esplode in rabbia, altri fattori secondari importanti collegati si sciolgono. Essendo il sistema ed i processi delle forze mentali strettamente interconnessi con quelli fisici, comporta ovviamente che anche la forza muscolare del calciatore decada.
Seconda questione: le cause. Innumerevoli: le troppe partite in tempi ravvicinati che sfiancano anche i più forti, gli orari di gioco che cambiano, calciatori inesperti, non maturi a sostenere alti e ripetuti livelli di tensione, desideri e aspettative poco realistiche, sia interne che dell’ambiente Napoli. E ancora, in forma ipotetica: un turnover poco scientifico, acquisti non azzeccati nel profilo psicologico, schemi di gioco inadatti a questi ritmi e a questi mutevoli condizioni di competizione. Poi, a “detta di Sarri”: Juve troppo forte, ha già vinto. Ora l’affermazione si può leggere come una resa prematura, come una sfiducia in se stessi (organico compreso) cosa che potrebbe far pensare che sia proprio lui lo stressato e stanco mentalmente. Ma la stessa può essere vista come una fine mossa psicologica che tende a inserire nell’inconscio bianconero la convinzione di avere già lo scudetto in mano minandogli così, senza che gli avversari ne siano consapevoli, le motivazioni. Nello sport è accaduto molte volte che un vincitore quasi sicuro si sia lasciato andare ed è poi stato battuto sul filo di lana.
Terza questione: i rimedi. Molti sono impliciti alle cause suddette e per quanto mi concerne tantissimo dipende dalla conoscenza della psicologica come scienza e dalla sua applicazione pratica in una organizzazione che si cimenta nel calcio ad alti livelli. Quel poco che c’è è inadeguato perché non specialistico, al massimo circola qualche buon concetto o si agisce per buon senso. Per cui primo rimedio, partendo dall’inizio, fare una valutazione integrale della personalità del calciatore e dell’uomo (test e colloqui, osservazioni sistematiche eseguiti da esperti veri), quando lo si vuole acquistare o trattasi di un giovane cresciuto nel settore giovanile. Secondo rimedio non fare mai mancare l’allenamento psicologico individuale e di gruppo (anche dei sotto gruppi, v. il mio libro “Allenare testa e cuore”) per le aree viste nelle cause, compreso il saper recuperare le energie. Terzo rimedio, da considerare come apice, è costituito dalla continua preparazione psicologica, relazionale e comunicazioni dell’allenatore e suo staff. Non è tutto ma già sarebbe un bel passo in avanti sulla via di un equilibrio dinamico psicofisico che può dare una forte identità ad una squadra che tende a raggiungere risultati di alto livello.