I presidenti dei circoli sono chiari: «Giusto un aumento ma non fateci morire». Non è chiara l’altra posizione.
Questa storia del canone può essere utilizzata come cartina di tornasole per leggere più in chiaro lo psicodramma napoletano. Gli ingredienti ci sono tutti: la questione si trascina da anni, lo stile è quello abituale del palleggiamento delle responsabilità tra Comune e, in questo caso, i due Circoli “incriminati” – cioè il Posillipo e il Tennis Napoli – e il corollario che fa saltare il tappo è l’irresistibile desiderio dei media di sorprendere il lettore con effetti stupefacenti. Proviamo ad anticipare la conclusione, anche questo è abbastanza facile: tra qualche giorno l’interesse di questi giorni si spegnerà come un fuoco fatuo, della storia non si parlerà più, salvo tornarci sopra di qui a qualche anno, in media due o tre o giù. Se questo è lo scenario, il Napolista prova a dare una svolta alla discussione. Partendo da una premessa articolata su due obiettivi: il primo è la verifica della esistenza o meno di denunce per abusivismo di cui pure si è fatto cenno in questi giorni; il secondo riguarda la richiesta di adeguamento del canone versato dai due sodalizi che è corretta rispetto ai valori di mercato degli immobili, ma va formulata tenendo nel giusto conto il ruolo che Tennis Napoli e Posillipo – il secondo più del primo in tutta onestà – svolgono per la promozione del nuoto, della pallanuoto, della vela, del canottaggio, della scherma e del tennis in una città che ha un parco di impianti sportivi non in grado di coprire le richieste del territorio e, soprattutto, ridotto quasi in macerie.
Come si esce dall’impasse? Innanzitutto dimostrando con i fatti di avere davvero intenzione di voler risolvere il problema, non di ridurlo a spot. Questo significa dare una risposta finalmente definitiva al quesito che ci trasciniamo da anni: l’amministrazione comunale intende confermare il rapporto di fitto o accede all’ipotesi di vendere le strutture perché anche di questo si parla e poi si tace? Eliminati gli equivoci di fondo, ma solo allora, si può passare alla determinazione economica che comporta inevitabilmente una valutazione del canone che si faccia carico della quotazione di mercato ma anche della ricaduta sociale del lavoro che i Circoli svolgono. Ed è diventata di gran lunga prevalente – almeno per il Posillipo – rispetto al cotè mondano che, ormai, si è ridotto al torneo di burraco e di “peppa”.
Rispetto a questo quadro i due Circoli ci sembrano più avanti del Comune nel senso che hanno riconfermato, per bocca dei due presidenti Caiazzo e Serra, la volontà di risolvere il problema; a differenza della giunta che, come dichiarato dall’assessore allo sport Borriello, ha fatto sapere di non essere a conoscenza «di una questione legata ad alcune realizzazioni non autorizzate». A questo punto la domanda è spontanea: di cosa parliamo? La situazione è imbarazzante perché, oltre il burocratese, la dichiarazione sembra confermare che ai piani alti di Palazzo San Giacomo, nonostante la tempesta quotidiana, si naviga a vista senza disporre di una strumentazione adeguata.
La posizione dei due Circoli, invece, è chiara: «Adeguate il canone, ma non fateci morire». E sulla ipotesi di vendere non si tirano indietro: «Con un affitto da 70mila euro al mese, non dureremmo una settimana», ha detto fuori dai denti il presidente del Posillipo Bruno Caiazzo, «a quel punto tentiamo di comprarcelo il Circolo facendo un mutuo e chiedendo ai soci un altro piccolo sacrificio». Che è una posizione interessante, ma da prendere con le molle perché ognuna delle due parti tende a tirare l’acqua al proprio mulino. Ecco, all’interno di questi parametri la discussione ha un senso a meno che non si scelga di non scegliere. Come si è fatto finora.