L’analisi tattica: Spalletti ha ripercorso, pur in chiave meno difensiva, le scelte di Gasperini e Juric e ha bloccato il Napoli. Gli errori individuali e il momento difficile hanno fatto il resto.
Tante curiosità prima di iniziare un’analisi tattica di Napoli-Roma: tipo la difesa della Roma, il fatto che fosse veramente a 3 o a 4 come ha detto Spalletti in conferenza; quanti passaggi ha sbagliato il Napoli, quanti la Roma; quante conclusioni verso la porta, che tipo di conclusioni sono state. Insomma, il solito: queste domande sono quelle che ci portano, ogni volta, a cercare di capire cosa sia successo al di là della retorica del commento a caldo, della “squadra stanca”, del “gioco senza idee” o del “Gabbiadini che non serve”.
Intanto, rispondiamo subito: la difesa della Roma era effettivamente a tre (sotto, i due campetti posizionali medi delle squadre, Napoli a sinistra e Roma a destra), l’accuratezza nei passaggi è stata 87% a 83% in favore della banda di Sarri, le conclusioni verso la porta dicono 21 a 14 e dicono pure che, di queste 21, solo 5 sono arrivate alla fine della propria traiettoria senza incontrare una deviazione. Da quest’ultimo dato, si evince una primissima spiegazione: il Napoli ha costruito tante occasioni potenziali, ma ha sempre avuto di fronte una Roma schierata, difensivamente organizzata. Chiusa, ci viene da dire. A doppia mandata, aggiungeremmo. Non faremmo un torto a Spalletti, che in pratica ha riscritto il concetto italiano di difesa e contropiede.
Non è una critica alla Roma, una giustificazione per il Napoli o una spiegazione pretestuosa. È stato semplicemente il piano partita migliore per venirsi a prendere i tre punti al San Paolo: giocare sul Napoli, cercare di bloccare il Napoli, riuscirci per una buona parte del tempo di gioco e chiudersi velocemente (e con molti uomini) nei momenti in cui gli azzurri riuscivano a superare la linea dei centrocampisti. Ci sono i dati a spiegare questa dinamica: la Roma ha messo insieme un totale di 93 (!) eventi difensivi contro i 28 del Napoli. Per eventi difensivi, intendiamo palle intercettate, ribattute e bloccate. Vuol dire che in 93 occasioni, la squadra di Spalletti ha fermato un’azione potenziale del Napoli. Sotto, da destra a sinistra, vediamo i campetti posizionali di questi tre tipi di interventi: sono quasi tutti nella metà campo se non in area giallorossa.
Del resto, uno schieramento come quello scelto ieri da Spalletti era l’unico possibile per poter fermare il Napoli: concedere la superiorità numerica sulla fascia ma aumentare il numero di calciatori nella propria area in modo da rendere difficilmente giocabili i cross, a maggior ragione quando manca il centravanti titolare (37 cross a 12); giocare uno contro uno a centrocampo, con De Rossi più libero da compiti di marcatura perché schierato nella zona di Allan (una sola palla recuperata per il centrocampista giallorosso) e Paredes e Nainggolan a scambiarsi la custodia di Jorginho; Dzeko in avanti a fare sportellate con i difensori (5 duelli aerei tentati, primato tra i 28 giocatori in campo tra titolari e subentrati, e il fallo subito decisivo sul secondo gol giallorosso), Salah a tenere basso Ghoulam sulla destra e Perotti schierato a sinistra in modo da sfruttare il pessimo stato di forma di Hysaj (2 dribbling riusciti, 2 key passes e 4 cross tentati per l’argentino, strepitoso nell’uno contro uno) ma pure per invitare il Napoli ad attaccare sulla fascia meno creativa, quella dell’albanese e di (uno spento) Callejon.
La Roma sulla prima costruzione del Napoli: coppie a tutto campo (Dzeko-Maksimovic, De Rossi-Hamsik, Nainggolan-Jorginho, Paredes-Allan) e chiusura immediata dell’eventuale passaggio sugli uomini più liberi (Salah su Koulibaly e Perotti su Hysaj). Non è un pressing asfissiante, quanto un controllo a vidsta. Florenzi, fuori inquadratura, è pronto a salire su Ghoulam. Si vede, in questo frame, anche quanto descritto nel corpo del testo: Ghoulam o Hysaj hanno un uomo in più in avanti, l’esterno offensivo. Quindi, teoricamente il Napoli ha la superiorità numerica sulla fascia. Ma la difesa aspetta dietro, in modo da rendere difficile il cross anche dopo un possibile gioco a due. Nel caso in cui venisse superata la linea di pressione con una giocata centrale, i tre attaccanti del Napoli sarebbero comunque in parità numerica con i tre difensori della Roma.
Insomma, Spalletti ha ripercorso in maniera meno ossessivamente difensiva la scelta di Gasperini e Juric, che avevano bloccato le fonti del Napoli nello stesso modo: se a Bergamo il regista della squadra era stato Ghoulam, ieri è toccato addirittura a Maksimovic prendere in mano l’impostazione del gioco (77 passaggi), con un numero di appoggi superiore di una sola unità rispetto a quello di Jorginho. Ecco, appunto: il “meno ossessivamente difensiva” di cui sopra sta proprio qui: la Roma, bravissima nelle ripartenze, ha deciso di non giocare a rincorrere i calciatori del Napoli, se non in casi limite (il primo gol di Dzeko nasce da una pressione sul portatore, che però commette un errore di presunzione e non serve compagni che effettivamente sono liberi), ma di aspettarli e chiuderli in modo da poter ripartire (come descritto nel frame di sopra). E in modo da poter sfruttare la tecnica dei suoi calciatori di fascia: una ripartenza su quattro apriva il gioco su Perotti, altre due sulla catena di destra Florenzi-Salah.
Il Napoli, dal canto suo, non è riuscito a rispondere bene alle contromosse preparate dal tecnico della Roma: più che nelle difficoltà di costruzione offensiva (i 21 tiri in porta in una partita, al di là delle poche occasioni limpide, dicono che la squadra di Sarri ha avuto e ha gestito male le sue occasioni), la difficoltà di ieri si è avuta nel contenimento dei due esterni e dalle pessime letture del gioco di imbucate del trio di centrocampo giallorosso. Analizzando la partita vera, quella fino al terzo gol di Salah, le 12 conclusioni in porta concesse alla Roma, troppe, nascono da iniziative dei due esterni o da una palla centrale delle due mezzali giallorosse, che a fine partita risulteranno i calciatori di Spalletti con il maggior numero di palloni toccati (57 Paredes, 53 De Rossi). Uno dei problemi di ieri è stato il trio di mediani in maglia azzurra, Allan-Jorginho-Hamsik: in tre calciatori, gli eventi difensivi di lettura situazionale (sempre gli stessi: palle intercettate, spazzate o bloccate) sono stati in tutto 9. Troppo pochi per poter parlare di un reale filtro a centrocampo.
Il resto è tutto nel campetto posizionale che vedete qui in alto: è quello dei cross dal Napoli, 37 tentativi. I rossi sono quelli sbagliati, e sono 32. Ed è qui che bisogna ragionare, sul dove sono andati a finire quei cross. Non sulla prestazione di Gabbiadini, quanto sulla sua predisposizione tecnico-tattica a giocare in questa squadra. Ieri ho descritto le mie sensazioni in un pezzo scritto di pancia, di getto, ma la cosa non cambia se leggo le stats: 10 palloni toccati in 55 minuti di gioco, uno ogni 5 minuti; un solo tiro e un solo cross tentato. Gabbiadini non partecipa alla manovra, si fa vedere poco e non può essere pericoloso quando deve vedersela con un centrale più un altro difensore in appoggio. Non a caso, l’unica azione realmente positiva dell’ex doriano è stata quella dei primissimi minuti, che ha generato il calcio di punizione di Insigne. Uno scambio al limite dell’area, dopo aver lavorato come perno in appoggio.
Per interrogarsi davvero, basta leggere i dati di Mertens in una posizione non sua: 3 tiri verso la porta, un key pass, 5 cross. È una questione di adattabilità mentale e tattica, che il Napoli ha pagato tantissimo nella prima fase di gioco. Un periodo della partita in cui, semplicemente, si è trovato con un uomo in meno in una zona del campo discretamente importante: quella in cui si devono costruire le azioni che servono a vincere le partite.
In conclusione: la Roma ha giocato benissimo sui problemi del Napoli, il Napoli non ha saputo rinnovare la propria proposta di gioco con il campionario modificato dalla sorte. Con Milik, forse, sarebbe finita allo stesso modo. Come a Bergamo, direte tutti. Sì, ma il Napoli a Bergamo non ha avuto 21 volte la possibilità di tirare in porta. C’è differenza, ed è quello che Sarri ha cercato di far capire nel dopopartita. La squadra azzurra non ci è sembrata in debito d’ossigeno, ma di idee negli ultimi venti metri. Ovvero, nel luogo in cui la Roma faceva maggior densità. In più, si sono messi gli episodi, con due gol su tre letteralmente regalati da errori individuali. Forse, riguardandoli a posteriori, è addirittura più imperdonabile quello di Hysaj in marcatura che il pallone in uscita giocato in maniera presuntuosa da Koulibaly. L’errore del senegalese è il possibile risvolto negativo dell’identità di gioco di Sarri. Quello di Hysaj nasce da sé. Riflettiamoci.