ilNapolista

Ci vorranno decenni prima che i giovani immigrati preferiscano il divano al San Paolo

I venticinque ragazzi immigrati invitati ad assistere a Napoli-Lazio inducono a una riflessione sul tifo in città.

Ci vorranno decenni prima che i giovani immigrati preferiscano il divano al San Paolo
I giovani immigrati invitati al San Paolo per Napoli-Lazio

Tra tanta cattiva sorte, ieri sera, abbiamo forse avuto la fortuna di avvistare un po’ di futuro. Sono i venticinque ragazzi immigrati, giunti qualche settimana fa a Napoli ed accolti in città dal Centro polifunzionale di San Francesco a Marechiaro, ospiti al San Paolo in occasione della partita contro la Lazio, proprio nella serata in cui uno striscione in curva pone un interrogativo ironico sulla questione del fantomatico caro biglietti, il grande alibi psicologico utile a parlare di tutto fuorché di ciò che conta.

Nella questione tifo e calcio, in effetti, non si contempla l’esistenza di una qualche variabile impazzita che sparigli e rimescoli le carte, il quid che invertirebbe i riferimenti. Forse questo tocco d’inatteso può regalarcelo il gruppo di giovanissimi stranieri che hanno scritto Forza Napoli in varie lingue esotiche su un telo bianco rimediato alla buona, nella speranza di incontrare negli spogliatoi qualche idolo che ce l’ha fatta.

Il calcio si presta poco alla retorica dell’integrazione, quella per cui la diversità è una ricchezza a portata di mano ed il mondo multietnico è una istantanea di paradiso, un idillio di colori e sorrisi, come nelle brochure che i commilitoni delle sette religiose ti lasciano furtivi all’ingresso della metropolitana. L’integrazione è complicata, disseminata com’è di fraintendimenti, costellata di incomprensioni e forzati mutamenti. In natura non esiste niente che sfugga all’inerzia, persino il moto della palla ha una legge tutta disegnata al risparmio. Miscelarsi, ovvero interrompere questa requie per investire, calciare la sfera altrove, richiede un lavoro umano contro natura. E la cultura è la nostra lotta contro la natura. C’è bisogno di una curiosità fuori dal normale che ci guidi a sondare questi luoghi e l’incompletezza e l’imperfezione di una squadra di calcio, nella sua vasta varietà – tra le fasi difensive che brillano e poi ci gettano senza pietà nel baratro – ci indicano proprio questo: nessuna integrazione avviene a costo zero. Ma nessuna vittoria oggi può esistere senza integrazione.

Napoli è una città di senza dimora. Di zingari del tempo e del mondo. Bisogna esserne felici, dobbiamo sentire questo privilegio. Noi non accogliamo profughi, noi profughi lo siamo stati. Ed è una grande fortuna che nuovo sangue si mescoli al nostro, giovani tifosi che includono nell’agone nuove paure e prospettive. Ci vorranno decenni prima che questi ragazzi ed i loro figli possano lamentarsi dei cessi non funzionanti, dei gradoni scomodi, degli orari inopportuni, dei mezzi di trasposto inefficienti, delle linee societarie e degli integralismi tecnici. Prima che anche loro si tramutino in uomini e donne da divano letto, passeranno anni e anni. Facciamoci invadere e magari il San Paolo tornerà a ruggire.

ilnapolista © riproduzione riservata