Attaccante danese classe 1997, Dolberg è l’erede di Milik: la conferma di una politica di scouting di altissimo profilo, che però in Italia sarebbe bollata subito come modello-Udinese.
L’erede di Milik?
Da qualche giorno a questa parte, sui vari siti d’informazione sportiva, non si fa altro che parlare (molto bene!) di colui che è stato definito l’erede di Arkadiusz Milik. No, non mi riferisco a nessuno dei tantissimi nomi (Pavoletti, Zaza, Muriel, Destro, Defrel, Duvan Zapata, Mitrovic, Babacar, Nestorovski, etc) accostati al Napoli e tra i quali, salvo sorprese, dovrebbe uscire colui che dovrà sostituire il polacco al centro dell’attacco da gennaio fino al suo rientro effettivo dall’infortunio, tantomeno a chi dovrebbe essere l’ipotetico nuovo centravanti del Napoli nel caso di una sua eventuale cessione la prossima estate, bensì a chi ha preso -a suon di gol- il suo posto tra le fila (e nel cuore dei tifosi) dell’Ajax, ossia tale Kasper Dolberg.
Un gol ogni 100 minuti
L’attaccante danese, classe 1997, quanto pare è destinato ad allungare la già cospicua lista di grandi attaccanti che hanno vestito la prestigiosa maglia dei lancieri (oltre al già citato Milik, si ricordano i vari Suarez, Huntelaar, Ibrahimovic, Kluivert, Litmanen, Van Basten, Cruijff, etc). Effettivamente il biondissimo ragazzino ha davvero dei numeri impressionanti (8 gol in 12 partite di Eredivise, uno ogni 100 minuti), ma ciò che deve far riflettere è la capacità degli olandesi di sapere individuare e scegliere sempre bene e sempre prima di tutti gli altri (non a caso lo scouting e il settore giovanile dell’Ajax è, da sempre, considerato il migliore al mondo).
La dimensione del Napoli
A tal riguardo, quindi, è d’obbligo fare qualche considerazione: si è già visto/detto che il Napoli per bacino d’utenza, blasone, fatturato, palmares e quanto altro non è, e – tranne nella testa di qualcuno che vive nel mondo dei sogni- non sarà mai, come il Real Madrid, il Bayern Monaco, il Barcellona, il Manchester United, etc e, se andiamo a leggere i bilanci, finanche quel Borussia Dortmund, più volte e da più parte indicato come modello da seguire, produce, al momento, fatturati ancora molto distanti da quelli della società partenopea – negli ultimi due esercizi utili, ossia 2013/14 e 2014/2015, i tedeschi hanno fatturato, rispettivamente, 261,50 e 280,60 milioni di euro a fronte dei 164,80 e 125,50 milioni del Napoli, con una differenza complessiva di ben 251,20 milioni in più da parte del Borussia in due soli anni –, per cui, a mio avviso, il modello che il Napoli dovrebbe concretamente prendere ad esempio è proprio quello degli olandesi, ossia quello di una società prestigiosa e con una bacheca molto più ricca di quella degli azzurri, ma con un fatturato alla portata, anzi inferiore. Ovviamente il modello-Ajax non si improvvisa dalla sera alla mattina e servono strutture e investimenti ad hoc, ma se non si inizia…
Modello-Ajax, altro che Modello-Udinese
Certo, qualcuno potrebbe storcere la bocca e far notare che il campionato olandese non è nemmeno minimamente paragonabile a quello italiano, che l’Ajax in Europa non vince da oltre 20 anni e, soprattutto, che puntando principalmente sui giovani, come fanno appunto i lancieri, non si va da nessuna parte; eppure proprio l’Ajax, nell’ormai lontano 1995, vinceva la Coppa dei Campioni/Champions League – battendo in finale il Milan di Capello, ribattezzato dai più “degli Invincibili”- con una rosa in cui, se si escludono il capitano Blind, il “figliol prodigo” Rijkaard (tornato all’Ajax dopo aver tutto proprio col Milan) e il portiere di riserva Grim, il più “vecchio” aveva 25 anni (si ricordano di quella squadra gli allora 19enni Seedorf, Kluivert e Kanu e i 22enni Davids, Reiziger e Overmars), a dimostrazione che con i giovani si può vincere anche qualcosa di davvero importante.
Del resto oggi, in giro per il mondo, ci sono tantissimi calciatori del ‘96, ‘97, ‘98 e addirittura ‘99 già pronti e che, assortiti per bene, potrebbero costituire un’ipotetica rosa composta da soli Under 21 da paura: penso, oltre al già citato Dolberg (1997), ai vari Rashford (1997), Iheanacho (1996), Bentancur (1997), Mammana (1996), i milanisti Donnarumma (1999), Locatelli (1998) e Calabria (1996), Coman (1996), Bazoer (1996), Tielemans (1997), Asensio (1996), Embolo (1997), Dembelè (1997), Isak (1999), Bailey (1997), Sanabria (1996), al quasi certo futuro napoletano Leandrinho (1998) e, per tornare in casa nostra, a Diawara (1997), Kessié (1996), Gabigol (1996), Mandragora (1997), Pol Lirola (1997), Manaj (1997), Pellegrini (1996), Dioussè (1997), Cerri (1996) e tanti altri (tra cui, si spera, il napoletano Luperto, classe 1996). Insomma, come visto, di “materiale umano” su cui poter lavorare ce n’è in abbondanza, basta solo volerlo e decidere, con convinzione, in quale direzione andare e su che progetto lavorare.
Peccato solo che in quello che ormai sta diventando sempre di più un Paese per vecchi come l’Italia, e ancor di più Napoli, dove se non si spendono dai 40 milioni in su per un calciatore che ha già giocato in un top-club e ha già vinto almeno un paio di campionati, si dirà sempre “nunn’è ‘bbuono”, un modello siffatto – ossia basato, come fanno appunto gli olandesi, sull’andare a scovare e individuare in giro per il mondo i miglior talenti da prelevare e condurre direttamente nelle proprie giovanili – anziché essere giustamente definito (in modo positivo) “modello-Ajax” e venire auspicato/incoraggiato, purtroppo verrebbe immediatamente bocciato/rifiutato dai più e bollato (in modo dispregiativo) come “modello-Udinese”.