Udinese-Napoli, l’analisi tattica: i due grandi protagonisti sono il simbolo di una squadra che sta cambiando pelle, e che trova una vittoria meritata.
Lorenzo Insigne e Amadou Diawara. In questi due nomi, una condensazione sommaria ma efficace dell’analisi tattica di Udinese-Napoli, partita di quelle che è andata esattamente come tutti pensavano sarebbe andata: Napoli a fare gioco, Udinese ordinata e fisica per distruggere la manovra avversaria e cercare di ripartire. Persino la scelta apparentemente offensiva di Delneri – due attaccanti più Matos, uomo di spola tra la linea di centrocampo e la coppia Zapata-Thereau – era invece concepita per bloccare le fonti di gioco del Napoli: il brasiliano, ex di Fiorentina e Carpi, ha praticamente svolto la funzione di uomo aggiunto sulle fasce per bloccare il dispositivo di salita lungo i due out pensato da Sarri. Sotto, la sua heatmap fa capire il senso del nostro discorso. E dell’impostazione prettamente conservativa del tecnico friulano, che invece di un 4-3-3 solo nominale ha proposto un 4-5-1 con caratteristiche prettamente difensive, come da buona (?) abitudine contro il Napoli di Sarri.
Qualità, errori e tiri in porta
La distanza tra le due squadre, come detto dallo stesso Delneri nel postpartita, è stata tutta nella diversa qualità dei calciatori e nei gol segnati. Nel senso che, differentemente rispetto ad altre partite, il Napoli è riuscito a convertire in gol una buona quantità dei suoi tiri (2 su 10 totali), mostrando quindi una buona accuracy. Il dato è promettente anche al di là dei gol: 4 dei 10 tiri di cui sopra sono finiti nello specchio della porta di Karnezis, autore di un intervento miracoloso (per quanto impercettibile a velocità normale) sulla conclusione che Insigne ha stampato sulla traversa, subito dopo il gol del vantaggio. La vittoria del Napoli è dunque figlia di dinamiche improvvise, ma volute, in un match equilibratissimo, che l’Udinese aveva interpretato al meglio nella prima parte di gara: nei 45′ iniziali, la squadra di Delneri è riuscita a limitare la produzione offensiva del Napoli a due conclusioni appena, entrambe da fuori area ed entrambe con un esito decisamente negativo (palla fuori di Mertens e conclusione di Hamsik ribattuta). Per i bianconeri, inizio positivo (4 tentativi verso la porta nella prima mezz’ora di gara), ma una prestazione che ha acceso la spia rossa insieme al galleggiante della benzina. Tre soli tentativi nella ripresa: il gol, un tiraccio da fuori di Wague e una conclusione respinta di Thereau. Napoli in controllo assoluto dall’inizio del secondo tempo in poi.
Insigne, due volte
Proprio durante la fase di gioco e controllo, arrivano i due gol. Che nascono da situazioni – come già scritto – improvvise ma volute, cercate con insistenza nel corso della gara: la sovrapposizione sulla fascia, in entrambi i casi quella destra, che nasce da un contesto di superiorità numerica. Nel primo gol, un gioco a tre (poi addirittura a quattro) che ha liberato Callejon per il cross basso; nella seconda rete, uno strappo palla al piede di Hysaj lungo il suo out. La giocata pericolosa, in entrambe le azioni, nasce dall’assenza del terzo uomo – Matos – di cui sopra, che Delneri aveva inserito proprio per evitare questi scompensi sugli esterni: nella situazione del primo gol, il brasiliano viene “sostituito” malissimo da Thereau – maglia numero 77 -, che a un certo punto perde completamente l’orientamento difensivo e permette a Callejon un inserimento semplice sulla giocata in verticale di Mertens; nella situazione della seconda rete, Matos è stato sostituito da Perica, e il tridente dell’Udinese è diventato reale, non più solo un’ipotesi: Hysaj, infatti, corre indisturbato (Fofana, da mezzala, prova a sbarrargli la strada ma la distanza da coprire è eccessiva) fino a che non incontra la linea difensiva schierata, troppo schiacciata per impedirgli il cross basso. L’errore di Widmer, insieme all’opportunismo di Insigne, fanno il resto.
Il primo gol
Il secondo gol
Insigne, quindi, è il primo grande protagonista di giornata. Come detto in apertura. Per questa roba qui, che è frutto di un lavoro di sapiente applicazione tattica contestualizzata al momento del Napoli, che gioca ormai da un mese – e più – senza una prima punta di riferimento e ha quindi un bisogno assoluto di trovare gli inserimenti sul lato debole degli esterni offensivi. Una alternativa che diventa necessaria, che Callejon possiede nel bagaglio tecnico, ma che Insigne fa – spesso – fatica a leggere con la giusta rapidità. Ieri, invece, è andata benissimo. Nelle altre due occasioni dei dieci minuti di follia, altre due grandi letture tattiche, di spazio accorciato con la zona di tiro convergendo da sinistra. L’ideale per un destro come lui, anche se si è visto solo nell’occasione della traversa. Per il resto, ci viene da dire, abbiamo visto il solito Insigne: partita ordinaria, persino sottotono nel primo tempo, ma comunque caratterizzata da buoni numeri basic (pass accuracy dell’89% du 69 palloni giocati, cifra record nel tridente d’attacco, un key pass e un dribbling riuscito).
Diawara, nel posto giusto e nel modo giusto
L’altro grande nome, l’abbiamo detto all’inizio, è quello di Amadou Diawara. Di cui, in questo pezzo, proviamo a dare un’interpretazione formale, ma che è stato descritto al meglio da Raffaello Corona Mendozza nella sua (sempre divertente, ma mai banale) cronaca del tifoso riferita al match di ieri: «dentro a questo mezzo cucchiaio [minuto 86′, ndr] ci sta tutto Diawara: giovane, folle e tecnicamente fortissimo». A questi aggettivi pertinenti, vanno aggiunti “ordinato” ed “efficace”: difficile definire con altri termini una partita da 109 palloni toccati (siamo quasi in quota-Jorginho dello scorso anno), pass accuracy dell’88% e due palloni intercettati in fase difensiva. Isolare quest’ultimo dato vuol dire sottolineare non solo il lavoro di recupero del guineano, ma anche la sua “qualità” in queste situazioni: intercettare un pallone, secondo le definizioni dei big data, vuol dire entrarne in possesso senza contrasti fisici con gli avversari, solo attraverso la lettura della traiettoria. Una dote che è migliorabile, ma che è soprattutto parte del corredo genetico di un calciatore: basti pensare che Diawara è il secondo calciatore del Napoli in questa speciale graduatoria riferita alla partita di ieri. Facile indovinare chi sia il primo: Kalidou Koulibaly, anche ieri autore di una prestazione eccellente (con una macchia sul gol di Perica) in fase di anticipo.
Riferendoci alla partita di ieri, possiamo capire il percorso tracciato e seguito da Sarri nella “rieducazione” di Amadou Diawara come regista del Napoli, del Napoli costruito dall’allenatore toscano. In queste due heatmap, due partite del giovane guineano: a sinistra, Bologna-Juventus della passata stagione (per acclamazione popolare, la sua miglior partita in rossoblù), e a destra Udinese-Napoli. La differenza, al di là del numero di palloni giocati (in alto: 49 vs 109), sta nella posizione in campo e nell’area di movimento concessa: stante il diverso contesto tattico, Diawara si è trasformato da mediano di movimento a pivot classico, regista davanti alla difesa con compiti di prima impostazione e di filtro del pallone. Una metamorfosi che ha necessitato del suo tempo di gestazione, ma che ha consegnato al Napoli (ed auto-consegnato a Sarri) la perfetta alternativa a Jorginho nel momento in cui l’italobrasiliano ha iniziato a patire una crisi di prestazioni e di aderenza al contesto tattico (più volte, Sarri ha spiegato come la mancanza di un riferimento centrale come Higuain o Milik comprometta anche le geometrie dell’ex Verona).
Sarri ha portato avanti questo lavoro di costruzione del calciatore fino a che lo stesso Diawara fosse pronto a interagire con la sua nuova squadra, con i suoi nuovi compagni, con i meccanismi che caratterizzano il gioco del Napoli. Ieri, a Udine, la dimostrazione di come, in questo momento, il Napoli non possa prescindere da Amadou. Lo stesso Hamsik, pure se attraverso una prestazione non brillantissima, ha messo insieme statistiche importanti: 88 palloni toccati, 88% di pass accuracy e 5 palloni lunghi giocati in maniera positiva. Una regia occulta e diversa accanto a quella elementare di Diawara, una serie di soluzioni offensive che permettono al Napoli di assicurare sbocchi diversi alla manovra: una cosa necessaria, e importante, quando l’assenza di un terminale offensivo tende a far ristagnare la manovra.
Variabili
Ultima curiosità tattica, ancora riferita a questo tema della molteplicità di soluzioni: sopra, nel campetto, i 13 cross arrivati dai calciatori della catena di destra, 9 di Callejon e 4 di Hysaj, contro i 7 tentati dai calciatori che stazionano sull’altro out, di solito quello da cui nascono la maggior parte delle occasioni pericolose (5 di Ghoulam, 2 di Insigne). Una situazione che Sarri ha evidentemente preparato, memore della lezione di dinamismo inflittagli da Widmer nello scorso campionato: Ghoulam e Insigne attentissimi in fase di non possesso, Hysaj e Callejon a imperversare dal lato su cui Delneri ha schierato un calciatore adattato (Felipe). E due gol che arrivano proprio da lì. Non è un caso, evidentemente.