Il gol del fantasista argentino della Roma è un capolavoro, non importa se voluto o non voluto: la rabona è arte, nobilitata da grandi geni della storia del calcio.

Stadio Olimpico di Roma, 25 novembre 2016.
Si gioca Roma-Viktoria Plzen, i giallorossi sono avanti di un gol e siamo all’82esimo minuto. E, all’improvviso, Diego Perotti ferma il calcio. Nel senso che blocca il flusso del gioco, perché il cronometro viene impresso da una giocata che ruba gli occhi, scalda gli appassionati di calcio. Il giocatore argentino, infatti, segna così:
Noi, a Napoli, ne sappiamo qualcosa di colpi così.
La rabona è una delle giocate più importanti nel campionario di Diego Maradona, una delle più spettacolari. Su Youtube esiste un video da 5.11 minuti in cui Diego ripete solo ed esclusivamente questa trick, per dirla con lo slang anglofono. Cinque minuti e passa di rabona, vuol dire una trentina di episodi diversi. Certo, in alcune di queste situazioni si è trattato di un vezzo, di un puro e semplice preziosismo. O magari di un adattamento a una condizione particolare. Quella di un mancinismo calcistico bello ed esasperato, come può essere solo quello di un bairense di Villa Fiorito o quartiere simile.
L’Argentina patria degli artisti
Non è un caso che Diego Perotti sia nato a Moreno 47 km a nord della Villa, sempre nella provincia di Buenos Aires. No, non può essere un caso. Così come non può essere un caso che il primo grande artista internazionalmente riconosciuto per questa giocata sia Ricardo Infante, che nel 1948 segnò da 35 metri con questo colpo. Lui non era di Buenos Aires, ma di La Plata. Siamo lì. Argentino anche l’altro grande artista riconosciuto. Claudio Borghi. Sì, proprio l’uomo che fece innamorare Berlusconi. Che poi fu sbolognato da Sacchi prima al Como e poi al Neuchatel Xamax per avere Rijkaard. Arrighe è sempre stato un nemico della poesia individualista, comunque.
Tra gli italiani, ricordiamo Roberto Baggio e un’estemporanea invenzione, in un Milan-Roma, di Alberto Aquilani. Cercando su internet, si trova anche un colpo di Dries Mertens: era Napoli-Sampdoria, befana 2014.
Nel video sopra, ci sono tanti compagni di giochi di Diego Perotti, Maradona, Infante, Borghi. C’è Cristiano Ronaldo al primo posto, noblesse oblige. C’è un misconosciuto calciatore in maglia blu, è il gol numero 8 in questa top ten. La cosa più bella del breve frammento video che lo riguarda è il compagno con il numero 2. Si vede in basso nello schermo, che si mette le mani in testa perché conscio dell’assoluta bellezza e dell’irriverenza di questa rete.
La definizione
Cercando su internet, la definizione di rabona è la seguente: «È un movimento in cui si colpisce la palla spostando il piede calciante dietro quello di appoggio, incrociandolo, in un movimento che genera un tiro, un cross, o un piccolo tocco, usato perlopiù per il dribbling». In realtà, chiudere l’idea di rabona in una definizione tecnico-fisica è un esercizio inutile. Poche altre giocate, nel calcio, riescono a essere così poetiche pur rispondendo a un gesto fondamentalmente semplice, ma complicatissimo nel rapporto con il pallone.
Provate voi a far passare la palla sopra il metro e novanta di un difendente che può saltare colpendo con un piede che gira intorno all’altro piede. Equilibrio, forza, elasticità. La rabona è elementare ma complessa, e il risultato è altamente spettacolare. Quindi, fa niente che Perotti abbia segnato senza neanche volerlo (forse). In casi come questo, è bello immaginarsi che abbia voluto calciare così, proprio così, per metterla lì e battere il portiere (che un po’ dorme, per la verità) nel modo più geniale possibile. Un modo che ferma il calcio, letteralmente. E ti costringe ad ammirare, ad applaudire, senza chiederti per forza come diavolo abbia fatto o se davvero abbia voluto farla così. È uno di quei casi in cui la bellezza giustifica qualsiasi cosa.