La storia del club modenese comincia con le fusioni e prosegue con la proprietà Mapei, che firma la scalata al grande calcio con uno logo che ricorda quello del Barcellona.
In attesa di entrare nel salotto buono della Serie A, il piccolo Sassuolo vide la luce il 17 luglio 1920 per merito di un gruppo di appassionati e adottò il giallo e il rosso presenti nello stemma del Comune. Si iscrisse alla Figc e fu ammesso ai campionati interprovinciali che offrivano poco più di gite fuori porta: Carpi, Vignola, Mirandola, Baracca Lugo.
Dopo quasi mezzo secolo di dignitosa attività tra i dilettanti senza risultati di particolare rilievo, il 10 giugno 1966 il club si fuse con la Sassuolo Sportiva dando vita alla Sassuolo Sportiva Football Club. L’industriale Antonio Cuoghi assunse la presidenza e probabilmente fu lui a imporre l’adozione del nero e del verde come nuovi colori, che la squadra ufficialmente indossò a partire dalla stagione 1970/71. La maglia presentò un abbinamento cromatico palato (strisce verticali), ma non mancarono negli anni sperimentazioni stilistiche come, per esempio, casacche solo verdi, solo nere bordate di verde o con fasce oblique. Nel 1974 avvenne la seconda fusione: la Sassuolo sportiva si unì all’Ac Sassuolese, altra realtà calcistica della cittadina, costituendo l’attuale Unione Sportiva Sassuolo Calcio.
Lo stemma del Sassuolo apparve sulle maglie sul finire degli anni ’90. Era (ed è) uno scudo molto simile per sagoma e divisioni dei campi a quello del Barcellona. È decorato nella parte inferiore da strisce nere e verdi e da un pallone da calcio; nella zona superiore è diviso in due aree: quella a sinistra presenta i tre colli dello stemma cittadino, quella a destra ripropone strisce neroverdi. La fascia orizzontale che divide i due settori riporta il nome del club.
Dopo essere approdato per la prima volta in Serie D nel 1968, il Sassuolo rimase tra i dilettanti fino alla stagione 1997/1998, quando, arrivando secondo, venne ammesso in C2 grazie a un ripescaggio per inadempienze finanziarie di altre società. Da allora non lasciò più i campionati professionistici. La svolta, quella vera, avvenne all’inizio degli anni 2000 quando Giorgio Squinzi, patron della Mapei, tornò (dopo dopo una breve apparizione negli anni ’80) a Sassuolo come sponsor ufficiale nel 2002 diventando proprietario nel 2003.
La sua presenza nel tempo assicurò al club investimenti mirati, lavoro sul territorio e management di valore: un’azienda di qualità capace di porre le fondamentale per la scalata al verso l’élite del calcio italiano. L’attesa terminò sabato 18 maggio 2013: grazie alla rete di Simone Missiroli il Sassuolo vinse in casa al 96′ contro il Livorno, conquistando per la prima volta nella storia del club la promozione, dopo tre tentativi falliti, in Serie A. Il 5 dicembre dello stesso anno la Mapei, società di proprietà del patron Squinzi, si aggiudicò lo stadio di Reggio Emilia (ex Giglio) per 3,75 milioni di euro. Il Sassuolo divenne così il secondo club in Italia a dotarsi di un impianto di proprietà. Tutto in dieci anni, durante i quali il giocattolo di Squinzi è diventato una società modello. Ammirata da tutti.
Ma non solo. Il 15 settembre 2016 ha segnato l’ultimo primato dei neroverdi. E’ il giorno in cui i ragazzi di Eusebio Di Francesco esordiscono in Europa League contro l’Athletic Bilbao. Baschi battuti per 3-0, che notte.