Nuovo stadio e cambio dello stemma. Troppo anche per i tifosi della squadra di Doyen. I soldi dei cinesi spazzano la tradizione.
I soldi dei cinesi
La battuta è fin troppo semplice. Uno stadio di nome Wanda. Che il prossimo anno prenderà il posto del mitico Vicente Calderon uno degli impianti che ricordano ancora il calcio come lo abbiamo vissuto da bambini. È stato presentato oggi dal presidente dell’Atletico Madrid: Cerezo. E i tifosi, comprensibilmente, non sono granché contenti. Nel giro di poche ore, hanno dovuto ingoiare due rospi: il cambio dello stemma (escudo) del club e l’ufficializzazione del nome del nuovo stadio. Che si chiamerà Wanda Metropolitano. Wanda dal nome del gruppo cinese che ha acquistato il 20% del club. Metropolitano in onore dello stadio che ha ospitato i Colchoneros fino al 1966.
Troppo per i tifosi. Non a caso il risultato del sondaggio condotto sui social network dal giornale As ha avuto un risultato schiacciante: l’80% dei supporter dell’Atletico si è dichiarato contrario sia al nome del nuovo stadio che al cambio dello stemma ufficiale.
Il Vicente Calderon: lo stadio che venne inaugurato due volte. Nel 1966, col nome Manzanares. Sei anni dopo, quando prese il nome del presidente Vicente Calderon. Presidente che condusse l’Atletico a vincere quattro campionati spagnoli, quattro Coppe del Re e anche una Coppa Intercontinentale. Quella del 1974 che il Bayern Monaco rinunciò a disputare.
Aragones e il papà di Reina
Fu la possibilità di rivincita, per i colchoneros, dopo la bruciante sconfitta patita contro i tedeschi nella finale di Coppa dei Campioni. L’Atletico andò in vantaggio al decimo del secondo tempo supplementare col grande centravanti Luis Aragones (il più grande cannoniere della storia dell’Atletico con 170 gol). Ma venne raggiunto all’ultimo minuto da un tiro della disperazione da oltre trenta metri di Schwarzenbeck. In porta c’era il papà di Reina che venne accusato di essersi distratto. Nella ripetizione della partita, l’Atletico fu travolto dal Bayern. Al Calderon, pochi mesi dopo, guidati proprio da Aragones che nel frattempo era diventato allenatore, sconfissero 2-0 l’Independiente (all’andata era finita 0-1) e alzarono la Coppa Intercontinentale.
La sconfitta del Cagliari senza Riva
Al Calderon, tra i tanti, anche il Cagliari di Scopigno pagò pegno. Era la Coppa dei Campioni 1970-71. All’andata era finita 2-1 con gol di Riva e Gori. Al ritorno, però, Rombo di tuono non c’era. Si era infortunato in Nazionale, a Vienna. E Luis Aragones ne segnò tre (quattro, compreso quello dell’andata). Al Vicente Calderon un anno giocò anche Christian Vieri. Stagione 1997-98 e segnò un gol che in Spagna, e non solo, in pochi hanno dimenticato. L’anno dopo, in panchina al Vicente Calderon ci andò Arrigo Sacchi. Che, di fatto, lì terminò la sua carriera da allenatore. Tre anni dopo, ci fu una brevissima parentesi al Parma.
I materassai sono da anni tra i nababbi del calcio
Il Calderon ha conosciuto anni bui, la retrocessione. Prima del periodo d’oro del cholismo. Comprendiamo lo smarrimento dei tifosi di una squadra da sempre definita di materassai (i colchoneros) perché i colori bianco e rossi erano ricavabili dai materassi e quindi i più economici. L’Atletico nacque come succursale dell’Athletic Club di Bilbao. È passato un secolo e ora il nome dello stadio lo impongono i soldi cinesi. È un altro calcio. Lo stesso che in questi anni, grazie al fondo Doyen, ha consentito all’Atletico di aver fior di campioni. Da Falcao a Diego Costa. A Griezmann. In precedenza, anche Aguero e De Gea hanno giocato con l’Atletico. È il prezzo da pagare alla gioia di alzare trofei e rimanere in vetta. Pochi club riescono ancora a coniugare innovazione e tradizione. Ad esempio l’Athletic Club Bilbao che ha rinnovato il San Mames ma non ha venduto l’anima al diavolo.