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La svolta politica del Napoli: vince al centro

Il Napoli è cambiato, è una squadra imprevedibile perché varia nella sua proposta offensiva, di schemi e uomini. Le fasce non sono più un dogma assoluto.

La svolta politica del Napoli: vince al centro

La partita è il primo tempo

Sinisa Mihajlovic, nell’immediato postpartita di Napoli-Torino, ha detto che la partita è finita nel primo tempo. Dunque Napoli-Torino si è giocata nel primo tempo. È una considerazione abbastanza condivisibile, oltreché difficile da smentire. Nella ripresa, il Torino si è schierato da un certo punto in poi con quattro attaccanti, stravolgendo qualsiasi tipo di equilibrio tattico. Il gol di Chiriches, un difensore che prende palla nella sua metà campo e chiude il contropiede a due metri della porta avversaria, è la perfetta descrizione di questa situazione di totale assenza di strategia preordinata.

Quindi, per fare un’analisi concreta dal punto di vista tattico di Napoli-Torino, è bene soffermarsi sui primi 45′. La prima cosa che si nota, dopo aver visto la partita e aver dato uno sguardo ai dati, è quella del “centro”. Ovvero, del Napoli che utilizza la fascia centrale del campo per giocare a calcio. Era già successo contro l’Inter, e quella volta attribuimmo questa scelta alle (pessime) scelte di Pioli. Stavolta, più che i demeriti degli avversari, sono stati superiori i meriti del Napoli. Che ha utilizzato gli attacchi centrali e frontali addirittura in maggioranza rispetto a entrambe le fasce. Sotto, nella prima immagine, la distribuzione orizzontale del gioco. La tanto – e giustamente, almeno finora – decantata fascia sinistra è stata quella meno battuta dai calciatori del Napoli.

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Napoli-Torino

Questo discorso è verificabile soprattutto nell’azione del terzo gol del Napoli, l’unica “lineare” del primo tempo che ha portato al gol. L’abbiamo scomposta in quattro frammenti consecutivi, ordinati ovviamente in ordine temporale

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1)

In costruzione bassa, Insigne viene a giocare al di qua del centrocampo, ma soprattutto in zona centrale. Hamsik, a questo punto, ha tempo e spazio per giocare il pallone nella posizione che dovrebbe essere del numero 24, se non fosse che la sua posizione da mezzala lo costringe a portare il pallone in posizione più arretrata. Ghoulam, per tutta risposta, si sovrappone immediatamente a creare il secondo corridoio di passaggio sulla sinistra.

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2)

Per aggirare il primo pressing, lo slovacco appoggia a Insigne e poi si sovrappone sulla fascia. A quel punto, Ghoulam va a coprire la posizione di Insigne e al tempo stesso lascia spazio alla sovrapposizione dello slovacco, che in questa situazione agisce come un vero terzino sinistro. Il Napoli, come prevede il 4-3-3 giocato in maniera armonica, sposta quasi tutti i calciatori sul lato forte: Zielinski agisce da centromediano, Mertens è in posizione di centravanti arretrato in modo da costringere la difesa del Torino a uscire. Piuttosto che attaccare il portatore di palla e chiudere le linee di passaggio, i calciatori di Mihajlovic restano piatti e anzi si abbassano sull’avanzata di gruppo degli azzurri. La postura del corpo dei cinque calciatori in questa immagine ci dice che tutti corrono all’indietro.

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3)

Ulteriore scambio di posizione: Ghoulam si è riallargato in posizione di ala sinistra, Hamsik si ferma per appoggiare l’azione e offrire un altro corridoio di passaggio a Insigne. Che, però, sceglie la giocata più efficace. Mertens è in appoggio, e chiama il passaggio in verticale. Il movimento decisivo è quello di Zielinski – segnato con la linea bianca. Costringe il suo marcatore a seguirlo e apre lo spazio alla giocata successiva. Insigne appoggerà a Mertens, che poi aprirà dall’altra parte del campo. Nel quadrato e nei cerchi gialli, ci sono otto calciatori del Torino. Ovvero, tutti i calciatori di movimento meno due. Li abbiamo contrassegnati per far capire il “senso” di questi movimenti del Napoli: portare tutta la squadra avversaria da un lato del campo per poi cambiare gioco all’improvviso. È quello che succede.

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4)

Callejon arriva da destra, non era mai stato presente nelle precedenti inquadrature. Riceve il pallone da Mertens, non è pressato e ha tutto il tempo per provare la conclusione. Non è pressato proprio perché il Napoli è riuscito nella classica manovra di riempimento dello spazio e poi spostamento di gioco. La conclusione è forte, Hart respinge alla meglio e Mertens è veloce, freddo e tecnico nel tap-in vincente. Non sfugga il fatto che Mertens non sia in fuorigioco: la sua partenza arretrata, da regista offensivo più che da centravanti classico, gli ha permesso di attaccare la porta avendo molto più campo da coprire. Non sempre è un bene, ma in questo caso è un dettaglio che fa la differenza. Oltre alla sua bravura nel saltare Hart e concludere due volte.

Differenze

Il Napoli di Sarri versione 2.0, dunque, utilizza in maniera differente e più continua la fascia centrale del campo. Il gol che abbiamo descritto minuziosamente, ma anche l’intero corpo di occasioni create. È una scelta che ha spiegato più volte lo stesso tecnico azzurro («I nostri nuovi attaccanti hanno bisogno che gli esterni vengano a giocare di più nel mezzo del campo»), che è diventata ancor più obbligata e necessaria dopo l’infortunio a Milik. La differenza con la stagione scorsa è tutta nella doppia immagine che vi proponiamo sotto. A sinistra, la heatmap del primo tempo di Napoli-Genoa 3-1, 20 marzo 2016. A destra, quella dei primi 45′ di Napoli-Torino. Al di là del cambio di spazi e colori, basta riportare il numero dei cross riferito a questi due match: 25 a 6. Il Napoli è cambiato.

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Mertens e Jorginho

Parlare di Mertens è facile, e non sono solo i gol. È una questione di movimenti, di aderenza, di partecipazione. I palloni giocati sono 42, i tiri sono 7 (di cui 5 in porta). C’è anche un’occasione creata, c’è il 91% di passaggi riusciti, ci sono due lanci lunghi ben eseguiti. C’è un inserimento perfetto negli schemi di una squadra che effettua 754 passaggi corti e 63 lunghi. Il numero di passaggi lunghi è lo stesso del Torino, solo che i giocatori di Mihajlovic hanno messo insieme giusto 369 passaggi corti. In questa enorme differenza, rientra perfettamente la partita magistrale di Jorginho. Il regista italobrasiliano, di nuovo a suo agio perché la squadra è di nuovo a suo agio nelle distanza (il concetto chiave del gioco di Sarri), ha giocato 102 palloni. Il dato dell’accuracy è spaventoso: 96%. Sotto, tutti i passaggi effettuati dall’ex Verona.

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Hamsik e Callejon

L’ultimo elogio va fatto a due calciatori che ieri, a a differenza del solito, hanno avuto un ruolo da attori non protagonisti. Eppure, proprio come al solito, sono stati decisivi. Parliamo di Marek Hamsik e José Callejon. Lo slovacco ha giocato una partita di sostanza e sovrapposizioni, come abbiamo visto nei frame riferiti al terzo gol. È stato più utile che bello a vedersi, e questa aggettivazione la capisci leggendo i dati: 4 eventi difensivi, un solo tiro, nessun passaggio chiave. Il dato, di per sé negativo, va ovviamente contestualizzato: un Napoli che si muove per vie centrali e attraverso i suoi esterni alti, non necessita (più) che la giocata risolutiva arrivi da una mezzala. Anche perché la differenza di baricentro (a 54 metri il Napoli, a 46 il Toro) non consentiva ripartenze in campo aperto o comunque giocate in ampi spazi come contro l’Inter.

Qui, proprio qui, si innesta la perfetta partita di Callejon. Una partita di assistenza, ci viene da dire, e non solo per assonanza con i suoi 2 assist (e mezzo) vincenti. Lo spagnolo, con una sola conclusione in tutta la partita (tra l’altro da fuori area) e un totale del 7,32% dei tocchi di palla in area avversaria, ha adattato i suoi movimenti a quelli di una squadra che ieri, ma va avanti da un po’, sta giocando in maniera diversa. L’ex Real Madrid è stato cercato poche volte in profondità (complice anche la difesa bassa del Torino), ed è stato molto più utile in appoggio dal suo lato come un esterno puro. Non è un caso, come visto sopra, che il 35% delle azioni del Napoli siano nate dalla destra.

Napoli diverso o Napoli migliore?

Sono tutte conseguenze di un certo cambio di esplicazione dei principi di gioco. Una necessità che pare abbia portato i suoi frutti. Il Napoli di oggi, quando gioca con la giusta intensità, è una squadra imprevedibile. Anche senza un centravanti. Anzi, diciamola meglio: con un centravanti che non ha mai pensato di poter essere tale. Il periodo negativo era solo un adattamento a queste nuove criticità. A nuove necessità. Ora è alle spalle, e il Napoli è tornato a giocare alla grande.  Dire “diversamente da prima” è questione di oggettività. Dire anche “meglio di prima” è questione di gusti. Ma non è un azzardo.

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