Da oggi nelle sale il film di Francesco Patierno basato sul libro di Norman Lewis
Assistere alla proiezione di un film di cui conosci personalmente il regista è sempre difficile, ma anche affascinante. Come quando leggi un libro e ne conosci bene l’autore. Inevitabilmente sei portata a cercare nella pellicola – come nelle pagine – tracce di chi l’ha ideata, pezzetti infinitesimi della sua vita, del suo modo di parlare, dell’espressione che ha negli occhi quando gli si illuminano di passione.
Un regista napolista
Francesco Patierno, regista di Naples ’44, è un amico privilegiato del Napolista. Non solo perché ci segue da tanto tempo, ricambiato nella stima e nell’amicizia, ma perché suo padre, Antonio (che è l’ispiratore dell’idea di Patierno di girare il film) ha scoperto il Napolista prima di lui, viaggiando per caso in rete, dopo essere andato in pensione dalla professione di magistrato.
Questa premessa per dire, in sostanza, che alla prima napoletana del film di Francesco Patierno, Naples ’44, prodotto dalla Dazzle Communication di Davide Azzolini, sono andata senza aver letto una riga sull’evento e senza neppure aver letto, soprattutto, il libro di Norman Lewis che lo ha ispirato.
Il coraggio del produttore
Ad attendermi, allo spegnersi delle luci in sala, c’era una Napoli assolutamente sconosciuta, raccontata in un’opera meravigliosa, frutto di tre anni di ricerca, tra raccolta di prove documentali, filmati dell’epoca e strutturazione dell’idea originale che, come ha detto ieri sera Davide Azzolini, “è esattamente quello che volevamo fare”.
Un progetto ambizioso e coraggioso, Naples ’44, come ha riconosciuto lo stesso regista nel ringraziare il suo produttore: “È stato coraggioso e determinato. È molto raro per un regista trovare un produttore che gli lasci fare fedelmente ciò che vuole. Divideremo piaceri e anche dispiaceri, spero pochi”.
Francesco Patierno ha sempre desiderato girare un film sulla sua città, come ha dichiarato lui stesso “e sono contentissimo di fare questa proiezione proprio qui al Modernissimo, dove ho presentato per la prima volta Pater Familias (il primo film, pluri-premiato, del regista, ndr), una coincidenza spero favorevole”.
Un diario d’amore
Del film ha già raccontato bene, su queste pagine, Fabio Avallone: l’immagine che viene fuori della città è da gustare dal principio alla fine, per un viaggio nelle radici, nelle fondamenta, nella storia della nostra disgraziata e amatissima città.
Quando si spengono le luci e sul grande schermo appare il riconoscimento del film come di interesse culturale da parte del Ministero già si capisce che non si avrà di fronte una proiezione semplice. Quello che non si sa ancora è che sarà un vero e proprio viaggio nell’anima.
Un bosco fitto e sereno, un intrico di rami ed alberi, una sensazione di pace e quiete in cui passeggia il figliolo acquisito della città, Norman Lewis che torna a Napoli a rivivere i luoghi raccontati nel suo diario di guerra, quelli che hanno cambiato la sua vita (s)travolgendo prima di tutto il suo cuore. All’improvviso, tra alberi e rocce, il palmo di una mano segnato dalla vita: un’immagine che racchiude in sé tutta la potenza di un film che racconta un diario d’amore.
L’azzurro: il colore della verità
È così che ha inizio Naples ’44, e con una frase sull’azzurro in cui, se non sapessimo che si tratta delle parole dello scrittore, le attribuiremmo di certo al tifosissimo Francesco Patierno: “l’azzurro è il colore della verità”, dice il soldato Lewis, per questo ai soldati con gli occhi azzurri venivano sempre attribuiti incarichi di responsabilità, mentre agli altri, i cui occhi hanno altri colori, come i suoi, appunto, erano destinati veri e propri viaggi nell’inferno. Come quello a Napoli, passando per lo sbarco di Salerno, il grande pantano in cui si trovano invischiati gli Alleati che restano intrappolati in una città disperata che “odora di legno bruciato”, pervasa dai crateri creati dalle bombe, dove non c’è acqua. Dove, ovunque, ci sono solo fame e necessità.
Napoli: esperienza di vita
In mezzo a questa disperazione, Norman Lewis riceve l’illuminazione: i templi di Paestum “una delle più grandi esperienze della vita”. Come il palazzo dove oggi ha sede la storica azienda Marinella, dove i soldati alloggiano, con stanze sontuose ma con un piccolissimo bagno in uno sgabuzzino, racconta Lewis, eppure, dalle finestre, vi si gode una splendida vista sulle palme, sui palazzi e sul golfo di Napoli.
L’intelligenza degli scugnizzi
La città che viene descritta da Lewis è una città disperata ma composta, dove un terzo della popolazione femminile si prostituisce per fame, in cui i soldati alla fine sembrano quasi odiare i napoletani per averli intrappolati in un simile inferno, una città “poco europea e molto orientale” dove gli scugnizzi rubano tutto ciò che si può, gli scugnizzi “dall’intelligenza vivissima, con un tratto quasi intellettuale nella loro espressione”. La guerra, scrive Lewis, e recita Adriano Giannini, voce italiana narrante, ha ricacciato i napoletani nel Medioevo.
Vengono i brividi a guardare le scene del film che raccontano la povertà, il l’epidemia di tifo e vaiolo che decima la sua popolazione massacrata, come se non bastassero le bombe che tedeschi continuano a lanciare o quelle a rilascio successivo che continuano a mietere vittime e a creare il panico nella popolazione.
I simboli della città
Accanto a questa disperazione, alla tragedia, alle immagini in bianco e nero che la raccontano come vere e proprie cartoline dall’inferno, fanno da contraltare le bellissime immagini di Napoli (la fotografia, splendida, del film è curata da Giovanni Troilo) che raccontano il paradiso.
Ci sono tutti i simboli della città, in Naples ‘44, tutta la sua storia ma anche tutto il suo presente: Totò, gli spezzoni dei film più belli che hanno raccontato la città e che, tratto distintivo dei film di Patierno, da Pater Falimias a ‘La guerra dei vulcani’ spezzano la narrazione alleggerendola ed alternandola ad una visione del tutto personale.
C’è il Super Santos con cui palleggia un ragazzo in strada, immagine emblematica della passione tutta napoletana di Francesco Patierno per il pallone, il Vesuvio che si staglia nettissimo, prima, ieri, sulle macerie della guerra e poi, oggi, sul mare incantevole e azzurro illuminato dal sole.
Rinascere in Italia
Ci sono San Gennaro, le nostre strade, i vicoli dei Quartieri Spagnoli, la nostra vita, tutta in un film, un film ispirato ad un libro d’amore, come ha giustamente scritto Fabio Avallone, un amore reso ancora più grande dal fatto che, a provarlo, e ad esserne completamente stravolto, è un soldato straniero incastrato per caso nell’inferno.
Quando Norman Lewis, dopo un anno, lascia Napoli, le dona in cambio, attraverso il suo libro, l’eternità. Nelle parole finali della voce narrante c’è tutto l’amore del mondo. Un anno tra gli italiani, tra di noi, gli ha cambiato la vita. “Se potessi rinascere sceglierei l’Italia”, dice. L’Italia che in Naples ’44 è Napoli. La città c’è tutta.