Il Napoli è in crescita dopo il Sassuolo ma ogni tanto ha delle ricadute. Nel secondo tempo di ieri ha trovato una signora Fiorentina.
Il giorno della presa di coscienza
The day after. Il giorno dopo è quello del risveglio, della presa di coscienza, di un’analisi più equilibrata. È quello dei giornali, dei giornalisti, dei giornalai. E soprattutto, del capro espiatorio. Chi se la prende con Reina fino ad auspicare lo sbarco di un nuovo portiere, chi con Sarri incapace di cambiare qualcosa, chi addirittura con l’arbitro reo d’aver risparmiato almeno un paio di gialli ai viola e conseguentemente dei rossi (gli stessi però che criticano Tagliavento non citano neppure di striscio il fuorigioco di Insigne da cui scaturisce il vantaggio partenopeo e il coraggio dimostrato nell’assegnare un rigore, giusto per carità, ma comunque al quarto minuto di recupero), senza dimenticare la folta schiera dei vittimisti i quali si sentono perseguitati dalla sfortuna: secondo quest’ultimi una sorta di nuvola fantozziana quest’anno inseguirebbe il Napoli ostaggio a quanto pare di un vero e proprio sortilegio visto che gli avversari al primo tiro fanno gol.
Troppi sbalzi d’umore
Cari signori, esaltarsi nelle sia pur belle vittorie (fino a paragonarsi al Barcellona) senza riuscire a vedere in cosa la squadra deve migliorare o senza riconoscere eventuali limiti dell’avversario e prendersela con chiunque quando si perde o, come successo con la Fiorentina, si pareggia al cospetto di un avversario che ha fatto una signora partita, è sintomo di depressione. Up and down. Alti e bassi. Sbalzi d’umore. Diventa difficile per chi si relaziona con voi farvi comprendere la realtà. La partita con la Fiorentina ha detto molte cose importanti.
La crescita dopo il Sassuolo
– Dopo Sassuolo, dopo il famoso “adolescenti” con cui Sarri definì i suoi, i ragazzi hanno cominciato un processo di crescita costante che è passato attraverso belle dimostrazioni circa il cambio di mentalità. Ma, si sa, un adolescente non può completare la crescita in così breve tempo. Avrà delle ricadute. Con la Fiorentina a tal proposito c’è stata una ricaduta. C’è stata soprattutto nel secondo tempo quando gli “adolescenti” hann truat o’ tuost come dicono a Bolzano e si sono ammosciati.
Ci saranno altre ricadute
Il secondo e il terzo goal viola sono due capolavori agevolati da due cali di concentrazione: nel primo approfittando dell’euforia generale Bernardeschi si fa 30 metri palla al piede senza incontrare anima viva prima di sganciare il missile che sottolinea i deficit di attenzione del Reina di stagione; nel secondo Maksimovic si fa attrarre dal pallone e Ghoulam non chiude la diagonale (errori di attenzione, errori di chi ancora non è posseduto dallo spirito di Bonucci o Chiellini o Barzagli che darebbero una costola pur di non farti segnare). Ma ci sta: il processo sarà lungo e ci saranno altre ricadute.
La natura del Napoli
– Per vincere il Napoli deve giocare sempre a mille. È nella sua natura. Ci sono squadre che per vincere devono giocare sottoritmo, devono addormentarti, devono invischiarti in una guerra di logoramento. E ci sono squadre, come il Napoli, che se non pressano alto e non fanno circolare la palla a cento all’ora alla fine pagano dazio. Se hai i limoni devi farti la limonata, non puoi pretendere di produrre whisky. È nella natura delle cose.
Perse le distanze tra i reparti
– Il Napoli è andato in difficoltà nella ripresa quando non è stato più compatto e corto, quando ha perso le distanze tra i reparti e all’interno dello stesso reparto. Diverse volte in mezzo al campo Diawara s’è trovato a dover fronteggiare ripartenze viola in situazione di inferiorità numerica. E non c’entra nulla Tagliavento…
Complimenti a Paulo Sousa
– La Fiorentina è una buonissima squadra che oltre ad avere talenti giovani e puri ha alcune grandi qualità: equilibrio, palleggio e variabili tattiche. E soprattutto un grandissimo allenatore. Come lo è Sarri. Ma agli antipodi. Sarri è un integralista, a metà strada tra Zeman e Guardiola con i pregi e i difetti che questo comporta. Paulo Sousa è camaleontico. La sua Fiorentina può indossare abiti diversi a seconda degli obiettivi e della serata a cui è invitata. Non c’è uno più bravo. Non c’è chi ha ragione. Si possono ottenere grandi risultati e essere belli seguendo entrambe le strade. Sono due modi diversi di intendere il calcio. E forse la vita.
Il problema attaccante era folklore
– Il problema attaccante su cui grandi esperti di calcio hanno consumato fiumi di inchiostro cimentandosi in analisi tattiche fantasiose e folkloristiche, nonché campate in aria e fondate su una buona dose di pressappochismo, credo sia ormai definitivamente archiviato: il Napoli ha segnato altri tre gol (a una delle migliori difese del campionato) e ha il miglior attacco del torneo. Non era dunque un problema di gente, di caratteristiche morfologiche, di qualità individuali, ma un problema di mentalità. Uno che gioca davanti non deve tirare in porta per tirare. Deve tirare in porta per fare goal. Questione di cattiveria. Tutto qui.
– Alcuni calciatori del Napoli, non faccio nomi nel rispetto della privacy, vengono meno quando l’avversario alza l’asticella della propria prestazione.
Il fegato di Gabbiadini
– Manolo avrà anche la faccia triste e determinati limiti calcistici ma ci vuole fegato per andare a calciare, nelle sue condizioni, un rigore così pesante al 94′ dopo essere entrato in campo da soli 10′. Date a Cesare quel che è di Cesare. E a Manolo quel che è di Manolo.
– Il pareggio è il risultato più giusto per tutti. Per quello che s’è visto in campo, per la Fiorentina, per il Napoli, per Tagliavento, per il Natale, e soprattutto per il divano di casa mia, per il quale a un certo punto ho temuto il peggio perché vi si agitava come un indemoniato zio Vincenzo, decisamente alticcio, prima del rigore di Gabbiadini.