Il Napoli di Sarri è il più bello della storia ma leggere la partita è una cosa e attuare i cambiamenti è un’altra. L’intervallo è poco per lui, serve un’innovazione del regolamento.
Lettera a Maurizio Sarri
È indubbio che il Napoli di Sarri sia il più bello mai visto nella storia. Più del Napoli di Vinicio, storicamente rivoluzionario ma non ancora organizzato per vincere. Più del Napoli scudettato di Bianchi e Bigon che si serviva di grandi campioni e del Dio del calcio. Più del Napoli di Lippi ancora troppo immaturo e figlio di una stagione che già lasciava intravedere brutti presagi sul futuro societario. Il Napoli di Sarri piace, diverte ed è il risultato di una programmazione attenta e vincente (dalla serie C alla consolidata Champions passando per 2 Coppe Italia e una Supercoppa Italiana). Manca ancora qualcosa per arrivare al nostro sogno: lo scudetto.
Cosa manca per lo scudetto
Cosa? 50 milioni (ma di questo parleremo prossimamente nella rubrica Partita Doppia) e… l’introduzione di una novità nel regolamento del gioco del calcio, tra ‘altro già sperimentata nel corso dell’ultimo mondiale brasiliano. Il time-out, una sospensione temporanea del gioco (4-5 minuti), richiesta dall’allenatore di una squadra per dare istruzioni tattiche oppure sostituire gli atleti in campo. Sarri con un time-out a disposizione per tempo diventa il più grande allenatore della storia del calcio. Quel time-out serve soprattutto al mister per gestire con più efficacia il suo integralismo.
Il mister sicuramente più preparato (e anche più simpatico) della nostra storia è dotato di fortissima leadership e capacità di creare consenso all’interno dello spogliatoio. Pur non avendo un passato glorioso, è riuscito immediatamente a farsi seguire da campioni affermati e pluridecorati (come Reina, Albiol e Higuain), così come da calciatori promettenti (Insigne, Callejon e Mertens) che, sappiamo, possono essere facilmente distratti dalla eccessiva (e talvolta effimera) consapevolezza delle proprie capacità e potenzialità. Però la nostra sensazione, tra l’altro già manifestata da Pesaola nell’immaginifico colloquio di “ritorno al passato”, è che debba ancora migliorare a gestire le sue convinzioni e i suoi integralismi.
Osservo Sarri durante la partita
Il mister è una persona intelligente, capirà il consiglio di questo suo affezionato tifoso che, da sempre, lavora su questi temi. Lo guardo durante le partite e osservo i suoi muscoli maxillo-facciali, la sua sudorazione (anche con temperature sotto zero), la sua gestualità nei momenti, fortunatamente pochi e talvolta inevitabili, di difficoltà della squadra. Quei segnali del corpo (e della mente) sembrano far trasparire un messaggio coerente con i suoi massimalismi: per lui non esiste la squadra avversaria!
Non si tratta di “capacità di leggere la partita in corso”, perché Maurizio Sarri è bravo anche in questo. Si tratta purtroppo di attitudine ad “accettare” e mettere in atto cambiamenti comunque individuati (i suoi appunti durante la partita lo confermano), tipica reazione di uomini con una forte consapevolezza del sé.
Un concetto che può essere così sintetizzato: “cari ragazzi vi ho spiegato per filo e per segno tutti i movimenti tattici per vincere questa partita e non mi interessa un c….. di ciò che fa la squadra avversaria. Se non li seguite, non sarò certo io a cambiare dimostrando di non aver intercettato la contromossa dell’avversario”.
L’intervallo non gli basta
L’intervallo (tra primo e secondo tempo) non è sufficiente per l’ego di mister Sarri. Se c’è una fase della gara che nessuno prende in considerazione è quella della pausa. Sono 15 minuti delicati perché la partita è ancora dentro la storia di ognuno, è ancora un discorso aperto, di nessun equilibrio in cui bisogna essere umili e sopportarsi. Ma il tempo “effettivo” per ricostruire assetti mentali e ammettere eventuali errori si riduce a 5-6 minuti. Il primo problema è la distanza dallo spogliatoio: tra campo, zona mista, scale, porte antipanico, corridoi e disturbi vari ci vogliono mediamente tre minuti per entrare nello stanzone. Sei, considerando il ritorno. Poi quasi tutti vanno a fare pipì (anche due volte di seguito), un po’ per bisogno e un po’ per la tensione.
Poi c’è una regola non scritta: i primi 3-4 minuti non si parla, non ci sono gerarchie, ciascuno rispetta il silenzio dell’altro mentre i giocatori si cambiano, bevono, parlano con il medico. Occorre lasciarli soli con la “loro” partita, devono parlarsi tra di loro in un momento di autoanalisi collettiva. Ecco che rimangono 3-4 minuti per l’allenatore che deve quindi avere una grande capacità di sintesi ma soprattutto deve fare un percorso mentale molto difficile, duro per individui dotati di “eccessiva” leadership: deve eliminare i concetti (o pre-concetti) che non sono più efficaci per lo sviluppo della gara.
Eugenio Fascetti in una intervista ha una volta dichiarato che «quei minuti rappresentano il momento in cui un allenatore si sente davvero solo. Devi ripassare in fretta la partita e mettere a fuoco 3-4 punti al massimo che non sono andati così come programmati (anche perché esistono gli avversari ndr) e soprattutto spiegare tutto in due-tre minuti».
Ho la sensazione che per lui quei minuti siano pochi.
Tutto questo a Coverciano lo insegnano. La formazione sicuramente aiuta ma non modifica l’essere umano che fa fatica ad accettare in tempi rapidi il riconoscimento dei propri eventuali errori.
Maurizio Sarri avrebbe bisogno di almeno un time-out per tempo perché è una persona intelligente e la più alta espressione dell’intelligenza umana è l’ammissione dei propri limiti. La sua eterodossia ha bisogno di più tempo per essere metabolizzata. Il presidente De Laurentiis, sempre aperto alle innovazioni, lo ha capito e ha richiesto al presidente della Fifa Gianni Infantino l’introduzione sistematica della sospensione temporanea. Nel frattempo il mister rifletta se vuole entrare nella storia.
Gli voglio bene.